«Più che di una nuova governance le Autorità di Sistema Portuale hanno bisogno di un Ministero forte che dica in modo perentorio quali infrastrutture debbano essere prioritariamente sviluppate e quali alleanze strategiche debbano essere promosse» lo ha dichiarato il docente universitario Maurizio Maresca, intervenendo a Genova, alla sesta edizione di Shipping 4.0, nel corso di un convegno moderato dall’avvocato Andrea La Mattina e che ha visto partecipare diversi esperti di settore.
Maresca è stato chiaro: «La riforma Delrio andava proprio in questa direzione, prevedendo che le AdSP non fossero soltanto controllate dal Ministero vigilante ma assoggettate ai suoi poteri di indirizzo e coordinamento. E’ una politica di accentramento che, però, il Governo Renzi non ha voluto o potuto potere avanti».
Secondo Maresca, nel Ministero delle Infrastrutture oggi manca figura chiave che svolga un ruolo non molto dissimile da quello che l’ENAC ricopre nell’ambito del trasporto aereo. E’ su questi temi che occorre riflettere: «Il MIMS ha avviato una indagine per capire che cosa potrebbe accadere se le Port Authority fossero trasformate in Società per azioni, ma una riforma in tema di Governance non è all’ordine del giorno, di sicuro non la vedremo in questa legislatura» ha continuato Maresca, sottolineando però come oggi non sia fondamentale per le Port Authority avere una natura giuridica diversa da quella attuale.
«Ci sono enti, come quello di Trieste, che pur essendo pubblici non economici, agiscono come vere e proprie imprese, stringendo una rete di partecipazioni con grande successo, altre come l’AdSP di Genova che fanno semplicemente pubblica amministrazione» è stata la sua chiosa.
Per Maresca, si dovrebbe oggi invece ragionare sulla possibilità di rafforzare il ruolo imprenditoriale dell’Autorità Portuale: «Più che parlare di Spa, avrebbe più senso che le Port Authority seguissero l’esempio della Cassa Depositi e Prestiti. Per farlo dovremmo conferire a ciascuna port authority il patrimonio demaniale, che rimarrebbe invendibile. Tale azione permetterebbe però di creare le imprese di Real Estate più grandi di Italia».
Intervenendo al dibattito, il presidente dell’AdSP di La Spezia, Mario Sommariva, ha espresso una posizione non molto dissimile: «La riforma Delrio – ha detto – è nata claudicante, perché non si è completato quel disegno di riforma costituzionale che il Governo Renzi avrebbe voluto portare avanti».
Sommariva si riferisce all’ipotesi di riforma dell’art.117 della Costituzione e al tentativo di porre in capo allo Stato la competenza esclusiva sul tema delle Infrastrutture. «Sappiamo com’è andata a finire. Senza quella modifica, i Sistemi portuali, così come concepiti dal dlgs 169/2016, sono rimasti di fatto zoppi».
Al netto della piega che prenderà il dibattito sulla governance delle AdSP, tema che è tornato in auge non tanto per effetto di una riflessione sulla politica trasportistica nazionale ma a causa della questione della tassazione delle AdSP, che è attualmente pendente in Corte di Giustizia europea, Sommariva ritiene che siano ben altre le priorità da definire.
In primo luogo, «servirebbe un’azione incisiva sul Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica (legge Madia)» sottolinea Sommariva. «La logica deve essere quella di consentire alle Autorità Portuali di acquisire partecipazioni strategiche».
Altro elemento di riflessione è dato dal Testo sul Pubblico Impiego e dalla sua applicabilità alla legge 84/94. Per Sommariva si tratta di un errore: «Le Port Authority sono enti pubblici non economici ad ordinamento speciale cui vanno riconosciute piena autonomia organizzativa e finanziaria. Il semplice riconoscimento di quanto previsto dalla legge 84/94 aiuterebbe i presidenti ad incidere di più su quelle realtà economiche con cui, a fatica, ci confrontiamo ogni giorno».
Anche il vice presidente di Conftrasporto, Gian Enzo Duci, non ritiene prioritaria la questione della Governance. «Non servono nuove Port Authority – ha detto – ma strumenti che consentano ai presidenti delle AdSP di rispondere in modo tempestivo alle esigenze di mercato».
Secondo Duci bisognerebbe cominciare a ragionare di governance multilivello per alcune realtà portuali: «Abbiamo un sistema geografico diversificato che ha porti al servizio di economie regionali. Non abbiamo una proiezione internazionale logistica, perché la nostra industria non ce lo chiede. Abbiamo invece delle potenzialità dal punto di vista geografico, che potrebbero consentire a qualche porto di giocare un ruolo internazionale. Certamente non possiamo pensare di dare a Napoli, Civitavecchia e Cagliari, gli stessi strumenti che dovremmo invece dare a Livorno, Genova e Trieste».
Per Duci c’è un pezzo di portualità italiana che confida in Bruxelles e nelle decisioni che prenderà in materia di tassazione dei porti. «Qualcuno ritiene che questo sia l’unico modo per vedere un cambiamento. Io non credo sia sana una modifica del sistema a fronte di una cosa del genere ma ricordiamoci che la 84/94 è nata con quelle modalità».