Il traffico rinfusiero è una fonte di ricchezza per tutto il territorio toscano. Parte da qui, da un’apparentemente scontata constatazione, la riflessione che l’amministratore delegato del Terminal Calata Orlando, Roberto Alberti, ha voluto condividere con Port News.
Durante l’intervista, la prima di una serie che il periodico intende dedicare ai porti del Sistema, Roberto Alberti esprime preoccupazione per il futuro di un Terminal che dal 1976 opera sulla Calata Orlando dello scalo labronico, nell’area riservata ai traffici di merci alla rinfusa, dando impiego a 26 persone.
Una banchina di 450 metri e una profondità di 9 metri consentono al terminal di “lavorare” navi rinfusiere di media stazza: «Movimentiamo per lo più biomasse, barite, sabbie, fertilizzanti, bentonite, carbone , zirconio, argille. Serviamo imprese del calibro di Saint Gobain, Solvay, Rhodia, Laviosa, Bitossi, Minerali Indistriali, Altair Chimica, Verallia, Nutrien e altri».
Per Alberti la capacità di ricevere materie prime a un costo competitivo «è fondamentale per le nostre industrie e si può fare solo in grandi masse, alla rinfusa e via nave. Per questo motivo, un piccolo terminal come il nostro è essenziale all’industria toscana che si trova in un raggio di 100/150 km dal porto».
Mentre parliamo, Alberti sottolinea come i suoi uffici si trovino proprio sopra i magazzini della Nutrien, leader mondiale nel settore dei fertilizzanti. «Questa grande multinazionale si trova a Livorno perché c’è un piccolo terminal come il nostro che riesce a mantenere il costo dello sbarco dei fertilizzanti allo stesso livello dei costi del 1976. Se non ci fossimo, semplicemente se ne andrebbe in un altro posto».
TCO vive in simbiosi con queste imprese e la sua attività si svolge in un precario equilibrio tra necessità operative e contenimento dei costi del servizio. «Per questo siamo preoccupati che un ridimensionamento delle nostre strutture (banchine e spazi a terra) rompa un tale equilibrio e non ci consenta più di lavorare con efficienza».
Già, l’efficienza: «è quella che ci ha consentito di operare e investire nel miglioramento delle attrezzature senza aumentare i costi della logistica delle merci. Le nostre tariffe, in valore reale, sono inferiori a quelle praticate vent’anni fa, mentre dal 1996 ad oggi le prestazioni del Terminal sono aumentate di dieci volte».
L’amministratore delegato del TCO sottolinea inoltre come in pochi anni sia considerevolmente aumentata la dimensione medie delle dry bulker: «Sì. Dieci anni fa era già tanto se in porto arrivavano navi da 3000 tonnellate. Oggi è raro che approdi una nave da meno di 5000 tonnellate».
Anche il pescaggio è aumentato: «Sempre più spesso, i 9 metri di profondità del TCO non bastano e occorre trovare un ripiego nelle aree vicine che dispongano di pescaggi superiori. Fortunatamente, le nostre gru sono gommate e possono muoversi da un’area limitrofa all’altra. Ma non possiamo permetterci diseconomie di alcun tipo».
Il TCO è da anni al centro di una riprogrammazione delle aree portuali. Il Piano Regolatore Portuale dello scalo labronico, approvato nel 2015 ai tempi in cui al timone della Port Authority c’era Giuliano Gallanti, prevede la delocalizzazione del traffico rinfusiero alla Radice della Darsena Toscana. Sulla base della soluzione prospettata, al terminal verrebbe assegnato un ormeggio da 150 metri utili e una superficie di circa 37.000 mq che Alberti considera poco efficiente a livello logistico.
«Perderemmo tre accosti al Terminal Calata Orlando per averne uno solo da 150 metri in Radice della Darsena Toscana quando le dimensioni medie delle navi aumentano e un ormeggio simile non consentirebbe di mantenere il traffico esistente, con navi che già arrivano a 200 metri e oltre».
Purtroppo, a differenza di un terminal container dove le schedule degli arrivi può essere programmata con largo anticipo, «noi veniamo a conoscenza dell’arrivo di una nave anche con un preavviso di appena 48 ore, che è il termine necessario per la domanda d’ormeggio in Capitaneria. I nostri clienti non possono programmare il giorno di arrivo di una nave. Comprano la merce quando ne hanno la necessità o quando il mercato è conveniente, poi devono trovare una nave che si trovi in prossimità dello scalo di partenza».
Può quindi capitare che per quattro giorni non arrivino navi, «poi te ne trovi tre in contemporanea tutte in una volta. La conseguenza, disponendo di un solo ormeggio, è che si perda la possibilità di lavorare più navi in simultanea. Molti traffici preziosi per il porto se ne andrebbero, con ricadute non prevedibili per alcuni comparti industriali».
Alberti lo ripete più volte: «Le merci alla rinfusa sono apparentemente povere, eppure sono fondamentali per l’economia. Quando guardiamo un mucchio di sabbia al terminal, sappiamo che potrà diventare un parabrezza di una vettura prestigiosa o parte di una lavorazione di un prodotto chiave per l’industria».
L’impresa è obbligata a trattare grandi volumi con poco margine. «Per farlo dobbiamo mantenere l’equilibrio operativo-tariffario che abbiamo raggiunto in tutti questi anni. Spostare di una virgola questo equilibrio potrebbe significare mettere in crisi tutto un sistema industriale locale».
Nel 2020, l’annus horribilis della Pandemia, il terminal ha movimentato 520 mila tonnellate di merce, circa il 20% in meno di quanto registrato nel 2019. «Ora sembra che stiamo recuperando velocemente. Il primo semestre si è chiuso con una movimentazione complessiva di 320 mila tonnellate di merce».
Ciò non toglie che la situazione sia difficile: «i noli nel trasporto rinfusiero sono mediamente aumentati del 20/30% in quasi tutte le rotte principali – dice Alberti -, La pressione che questa dinamica congiunturale esercita sul cliente finale, cui viene inevitabilmente imposto un sovrapprezzo nell’acquisto delle commodity, si scarica anche sul terminal, in termini di nuove richieste di efficientamento e di abbattimento delle tariffe».
Alberti guarda con speranza all’Autorità di Sistema Portuale: «Luciano Guerrieri è una persona con cui è possibile parlare e che è particolarmente sensibile alle esigenze di sviluppo dello scalo portuale, in tutti i suoi traffici. So che farà di tutto per valutare la nostra situazione, per garantirci la possibilità di sopravvivere nei tempi difficili che stiamo vivendo. Vorremmo essere parte integrante del grande progetto di sviluppo che l’AdSP sta portando avanti».