Con l’accelerazione impressa nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio, Mari Draghi, il ddl Concorrenza sembra ormai viaggiare verso l’approvazione definitiva in Senato. L’ex numero uno della BCE ha infatti chiesto l’iscrizione del provvedimento in aula entro la fine di Maggio, in modo da poter poi procedere verso la trasmissione alla Camera.
Si riducono dunque gli spazi di manovra per possibili, ultimi correttivi in corso d’opera, tanto più che non viene escluso il ricorso alla fiducia nel caso in cui le circostanze lo richiedessero.
Se la stretta impressa dal Governo risponde all’obiettivo di togliere il ddl dall’incaglio sul nodo delle concessioni balneari, dove si sono incentrati i distinguo politici e le mediazioni dei giorni scorsi, non di meno le misure inserite all’art.3 del provvedimento, in materia di concessioni portuali e modifica dell’art.18 della legge 84/94, sollevano ancora qualche ragionevole dubbio, o distinguo, tra gli addetti ai lavori.
L’ultimo in ordine di tempo ad esprimere la propria posizione è Luigi Robba. A Port News, l’ex direttore di Assiterminal non lesina commenti positivi per la riscrittura dell’art.18 della legge portuale, pur non rinunciando a dare qualche piccola stoccata.
«Tanto per cominciare, non posso non esprimere pieno apprezzamento per l’emendamento che assegna, di nuovo, al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, di concerto con quello dell’Economia, la facoltà di redigere con proprio decreto il Regolamento sulla disciplina delle concessioni. Si tratta di una misura di buon senso dettata dalla necessità di riattribuire al Ministero vigilante quelle leve strategiche che altri soggetti, a cominciare dall’ART e dall’ANAC, si erano candidati ad acquisire».
Anche la riforma del famigerato comma 7 dell’art.18 è per Robba una novazione positiva: «Il divieto di doppia concessione in un porto per l’esercizio di una stessa attività merceologica fu uno dei primi argomenti che affrontai con il Ministero delle Infrastrutture quando, a metà del 2009, divenni direttore generale di Assiterminal» afferma.
«Già allora consideravo necessaria una rivisitazione di quella norma. Ritenevo infatti che tale previsione avesse in parte contribuito ad agevolare il nanismo imprenditoriale nei nostri porti, non consentendo la creazione di terminalisti forti sul territorio».
Per l’ex segretario generale di Assoporti, «Non si è ancora definitivamente chiusa la lunga stagione di conflitti che per tanto tempo ha segnato la portualità nazionale, portando in certi casi due o più terminal operator, anche di uno stesso porto, a contendersi a vicenda le rispettive quote di traffico, con sconti di un euro e mezzo, o poco più, a container movimentato, senza quindi alcun incremento complessivo dei traffici. Che, inoltre, sono sostanzialmente stagnanti da parecchi anni».
Ben venga dunque la revisione del comma 7, peraltro oggetto di verifica anche da parte dell’AGCM. Con una puntualizzazione: «Ricordo che in una delle tante bozze dell’art.3 circolate nei mesi scorsi, ce n’era una nella quale veniva attribuito al MIMS il potere di valutare, caso per caso, le condizioni e i presupposti di compatibilità delle doppie concessioni con i principi comunitari di leale concorrenza».
Di questa previsione oggi non c’è più traccia. «Ed è un peccato. Può essere un’altra occasione persa per un Ministero che aspiri ad esercitare sino in fondo i poteri di coordinamento che la riforma Delrio gli ha attribuito».
Per il decano dell’associazionismo portuale italiano, lo spirito della Riforma portuale è in parte stato tradito dai fatti: «C’è uno strumento potente, fornito dall’art.11 ter della legge 84/94, che oggi non viene usato come si dovrebbe, o si potrebbe, e attraverso il quale il MIMS, coinvolgendo anche i rappresentanti nazionali degli operatori, potrebbe dare quelle risposte che la portualità attende da tempo in materia di scelte sui grandi investimenti infrastrutturali, politiche di sviluppo, azioni di marketing internazionale. Ad esempio, oggi vediamo le singole AdSP partecipare a eventi e a fiere internazionali. Se va bene, si muovono assieme ai Comuni e agli anti territoriali interessati. A mio avviso, per determinati mercati e partecipazioni a fiere mondiali, sarebbe invece meglio che a muoversi fosse direttamente lo Stato».
Il refrain della mancanza di una regia politica centrale torna continuamente nelle riflessioni del manager, anche quando vengono toccati temi più alti, a cominciare dal tanto discussa, dibattuta, questione della estensione delle agevolazioni fiscali connesse al Registro Internazionale a ella Tonnage Tax, su cui – dice Robba – dovrebbe essere sviluppato un ragionamento di equità: «In base ad un decreto del MEF risalente a Giugno 2005, i grossi armatori che scendono a terra, che hanno insomma la volontà e la possibilità economica di acquisire pezzi di logistica, possono godere di una tassazione agevolata anche per questo tipo di attività. I terminalisti puri, invece, o altri operatori logistici, non hanno lo stesso regime fiscale agevolato».
E che dire poi dei consorzi armatoriali nel settore del trasporto marittimo di container? «Le attuali tre grandi alleanze tra carrier hanno raggiunto un preponderante controllo del mercato e una presenza che va crescendo anche nella logistica terrestre. Come se non bastasse, in base alla CBER, godono dell’esenzione alle norme antitrust UE. Si tratta di un tema sul quale riflettere e approfondire a livello comunitario, come richiesto peraltro tempo addietro da CLECAT e FEPORT, anche a seguito delle osservazioni presentate dall’International Forum dell’OCSE».