© Motiur Rahman Oni (CC BY-SA 4.0)
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Le conseguenze delle proteste studentesche

E’ caos in Bangladesh, porti in ginocchio

di Redazione

Caos in Bangladesh. Le proteste contro le quote di assunzione nel pubblico impiego imposte dal governo, che da due mesi infiammano il Paese e che hanno causato sino ad oggi la morte di 409 persone – obbligando per altro la premier Hasina, da 15anni al potere, a rassegnare le dimissioni – stanno di fatto producendo anche forti interruzioni alla catena logistica.

Le manifestazioni, originariamente pacifiche, sono presto deflagrate in scontri e devastazioni, arrivando a un passo dalla guerra civile.

A pagare il prezzo più alto del disordine le oltre 4000 fabbriche tessili del Paese, che rimane il più importante esportatore di abbigliamento al mondo. Molte imprese hanno infatti chiuso i battenti per diversi giorni prima di riaprire, e le esportazioni si sono praticamente fermate, costringendo i porti del Paese ad affrontare non trascurabili problemi di congestione a causa delle limitate capacità operative.

Nella giornata di ieri, dal più importante porto del Paese, quello di Chittagong, sono partiti verso i mercati di destinazione soltanto 329 container da venti piedi. In condizioni normali, dai piazzali dello scalo portuale vengono inoltrati 4000 TEU al giorno. Il porto ha scaricato soltanto 2409 container e imbarcato 1265 TEU nella giornata di ieri. Più di 44mila container da venti piedi sono di fatto rimasti a prendere la polvere nelle aree scoperte del porto, occupando l’80% della superficie complessiva.

Più di 50 navi sono si trovano al momento in rada a 25 miglia nautiche di distanza dal porto, da cui passa il 90% del trade internazionale del Paese.

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