L’effetto che l’entrata in vigore dell’estensione al settore dello shipping del meccanismo Ets potrebbe avere sul trasporto via mare non preoccupa soltanto i porti di transhipment europei (leggi l’articolo) ma anche gli addetti ai lavori, a cominciare dagli cargo owner, cui potrebbero scaricarsi gli extra costi che le compagnie di navigazione si troveranno gioco forza a dover sostenere per far fronte all’introduzione del nuovo sistema.
Ad anno nuovo, infatti, i big carrier dovranno, progressivamente, acquistare e trasferire permessi (“EUAs”) per ogni tonnellata di emissioni CO2eq rilasciata nell’atmosfera durante un anno solare. E a partire dal 2027, dovranno, in pratica, pagare, indipendentemente dalla nazionalità o bandiera della nave, per il 100% delle emissioni GHG generate nelle tratte intra-EU e per il 50% delle emissioni GHG nelle tratte internazionali da o verso uno scalo europeo.
Alcuni global carrier hanno già annunciato l’introduzione di nuovi surcharge per coprire i costi del nuovo sistema di scambio. Maersk ha ad esempio pubblicato un articolo nel quale ha indicato per ogni trade l’ammontare esatto dei nuovi emission surcharhe per ogni container da quaranta piedi trasportato durante il primo trimestre del 2024.
Le stime sono fornite prendendo in considerazione che nel 2024 i liner dovranno pagare per il 40% delle emissioni GHG generate dalle proprie navi nelle tratte di riferimento e che l’EUA ha un costo di 90 euro.
A partire dal 2024 spedire un container da quaranta piedi a bordo di una nave Maersk costerà in media 44 euro in più per ogni container da quaranta piedi movimentato. Ad esempio, per la spedizione di un container da un porto del Mediterraneo ad uno del Nord America è previsto un emission surcharge di 91 euro ad unità trasportata, mentre dal Far East al Nord Europa è previsto un extra costo di 70 euro a FEU. La prenotazione di un viaggio dall’Europa alla Costa ovest del Sud America potrebbe avere un sovraccosto di 83 euro a container da quaranta piedi. I sovrannoli hanno importi più alti nel caso in cui vengano trasportati container reefer. La tabella pubblicata dal liner danese differenzia infatti i costi in base alla tipologia di equipment.
Maersk prevede comunque che la volatilità delle quote dell’Unione Europea (EUA) negoziate nell’ETS possa aumentare a causa di fattori di domanda e offerta: “Pertanto, l’addizionale sulle emissioni verrà aggiornato ogni trimestre per allinearsi alle variazioni del prezzo EUA. Per garantire la trasparenza, faremo riferimento a un indice pubblico per il prezzo EUA” afferma in una nota Ratish Rajan,
Il liner danese non è l’unico ad aver comunicato l’introduzione di specifici surcharge; l’ultima in ordine di tempo ad aver fornito indicazioni precise al riguardo è stata la tedesca Hapag Lloyd. Il 22 Settembre scorso il vettore ha infatti comunicato ai clienti quale impatto potranno avere sulle loro spedizioni marittime i nuovi costi determinati dall’EU ETS.
Nella tabella pubblicata viene evidenziato come il surcharge relativo alla spedizione di container da 20 piedi dall’Estremo Oriente al Nord Europa sia pari a 12 euro, mentre per un viaggio dal Nord Europa alla Costa orientale del Nord America sono previsti noli extra da nove euro. Come per Maersk, anche il liner di Amburgo distingue tra i container dry e quelli reefer.
Da una prima analisi emerge come sussistano tra Maersk e Hapag-Lloyd non poche differenze tra i valori dei surcharge ipotizzati, in ragione soprattutto della diversità della tipologia di carico cui sono riferite ma anche per via della incertezza su quale possa essere realmente l’impatto economico delle nuove norme ambientali.
“Ci sono molti problemi nel calcolare il sovraccosto corretto, in realtà non è possibile farlo” afferma il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen. “Uno dei problemi fondamentali è che i costi a carico dei vettori sono noti soltanto a posteriori. I liner si trovano quindi costretti a formulare delle ipotesi in via anticipata. Il problema successivo è come ripartire i costi, cosa che può essere fatta in moltissimi modi, tutti giustificabili”.
Per Jensen la prospettiva che abbiamo di fronte è quella di una giunga nella quale è difficile districarsi. “E’ molto importante che i caricatori comprendano che sarà quasi impossibile ottenere una profonda trasparenza sul metodo utilizzato dai carrier per il calcolo degli emission surcharge. La natura stessa del modo in cui i legislatori hanno definito l’ETS rende questo compito quasi impossibile e l’allineamento tra i vettori non sarà possibile”.
Anche il ceo di Sea Intelligence, Alan Murphy, esprime forti perplessità sui metodi di calcolo utilizzati dai big carrier, spiegando come sussistano ad oggi forti incertezze quando si tratta di ripartire i costi dell’ETS in base ai container trasportati. “Inoltre, la legge impedisce ai vettori di concordare una formula comune di sovrapprezzo, il che si tradurrà in un disallineamento tra i vettori” dice Murphy, sottolineando come i dati presentati da Maersk e Hapag-Lloyd siano soltanto indicativi poiché i dati aziendali verranno archiviati solo un mese prima dell’implementazione. “Inoltre – aggiunge – , le emissioni prodotte nel 2024 dovranno essere contabilizzate e pagate nel settembre 2025. Tuttavia, per coprire i costi nel settembre 2025, il vettore dovrà addebitare un premio, senza sapere quale sarà il costo effettivo”.
Ciò non ostante, Murphy sottolinea che “non stiamo in alcun modo attaccando i due vettori; dovrebbero essere anzi lodati per lo sforzo profuso nella trasparenza delle politiche tariffarie adottate. Però va detto che sarà incredibilmente difficile avere una panoramica esaustiva sulle ricadute economiche dell’ETS, per lo meno nel breve, medio periodo”.