«Sono ormai due anni che viviamo in un Peak Season permanente. Il caro-noli e la scarsa affidabilità del servizi di trasporto stanno impattando pesantemente su molte aziende e ben presto troveremo aumenti del prezzo al consumo». A Port News la presidente di Fedespedi, Silvia Moretto, analizza una di situazione di mercato che sta diventando sempre più insostenibile.
Al di là degli aumenti tariffari «pari al 500% rispetto ai tempi pre-Covid», è la schedule reliability, scesa sotto il 35% del totale, a preoccupare maggiormente la numero 1 della Federazione degli Spedizionieri italiani. «Oggi due navi su tre arrivano in ritardo. Sappiamo che le consegne a Natale sono già potenzialmente compromesse per le merci che non siano partite o che non partiranno questa settimana».
I cigni neri piombati sul settore (l’incidente di Suez con l’incaglio della Ever-Given; la nuova ondata Covid che si è abbattuta sui porti della Cina meridionale; la domanda sostenuta negli USA) hanno sicuramente messo sotto pressione le catene di approvigionamento, contribuendo a ridurre l’efficienza operativa di molti scali portuali, ma per la Moretto «è un dato di fatto che siamo, specie nel mercato dei container, in presenza di un oligopolio».
E laddove ci sono degli oligopoli si verificano anche delle distorsioni. «Come categoria stiamo portando avanti una battaglia su questo fronte, anche in Europa, attraverso l’associazione europea Clecat. Ma la DG Competition non è mai voluta veramente entrare veramente nel merito dei problemi. E questo ovviamente non ci fa stare sereni nel proseguo della discussione».
Silvia Moretto pensa a quanto recentemente dichiarato dal vice presidente di Espo, Zeno D’Agostino, in una intervista rilasciata a www.shipmag.it: «Il presidente dell’AdSP di Trieste bene ha fatto a chiedere sul tema un intervento fattivo di Draghi e Giorgetti. Credo che se un Governo autorevole come quello guidato dal nostro presidente del Consiglio si facesse promotore a livello comunitario di una richiesta di approfondimento su quanto sta accadendo, l’UE non potrebbe più fare le orecchie da mercante».
D’altronde, «le nostre aziende sono colpite da vicino dalle attuali dinamiche di mercato. L’Italia è un paese manifatturiero, e sta soffrendo più di altri a causa del caro noli. Roma deve intervenire per salvaguardare gli interessi economici della nostra imprenditoria».
A livello internazionale, qualcosa, comunque, si sta muovendo, anche se all’orizzonte non si intravedono – per lo meno nel breve periodo – vere e proprie inversioni di tendenza. «Negli USA – afferma la Moretto – l’Ocean Shipping Reform Act potrebbe offrire alla Federal Maritime Commission nuovi strumenti di analisi in materia di tutela della concorrenza e di contrasto al caro-noli, mentre la decisione di Hapag Lloyd e CMA CGM di congelare le tariffe spot va pur sempre letta come un fatto positivo».
Guai però a lasciarsi andare a ottimistiche previsioni per il futuro. Punto primo: «Al pari dell’Italia, gli USA non dispongono di una compagnia di bandiera. Quindi, per affrontare veramente la questione e passare dalle parole ai fatti, Washington dovrebbe intervenire in casa altrui, ovvero degli ocean carrier, senza disporre di una capacità di intervento concreto che vada al di là della semplice moral suasion». Punto secondo: «Il tetto ai noli, praticato da Hapag Lloyd e CMA CGM, riguarda soltanto il mercato spot: si tratta pertanto di una piccola parte del portafoglio tariffario. E’ presto per dire se effettivamente questa politica potrà tradursi in una concreta stabilizzazione delle tariffe».
Per Silvia Moretto quel che è certo è che «stiamo andando incontro al nuovo picco di stagione: il Natale è alle porte, così come il black friday. La domanda di mercato aumenterà ulteriormente. Probabile quindi che i porti si troveranno a dover affrontare nuovi problemi di congestione. Difficile che si arrivi a breve ad una stabilizzazione delle tariffe».
Sicuramente, da parte di alcune aziende, anche se soltanto 200 in Italia l’hanno finora attuata, è in atto una riorganizzazione globale della catena logistica: «Veniamo da 25 anni di just in time e di supply chain tese fino all’inverosimile, pronte a spezzarsi per un non nulla. E’ quanto è accaduto in questi mesi: la ricerca dell’efficienza attraverso la progressiva riduzione delle scorte è una delle cause della situazione nella quale ci siamo venuti a trovare».
La presidente di Fedespedi ne è convinta: «Sono sicura che nei prossimi anni assisteremo alla ricomposizione degli stock da parte delle aziende e allo sviluppo di nuove politiche di nearshoring o reshoring, con l’avvicinamento dei luoghi di produzione a quelli d consumo. E’ in atto un vero ripensamento della supply chain».