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Interviste

La riflessione di Sergio Bologna

Ever Given, quando piove sul bagnato

di Marco Casale

L’incidente occorso alla Ever Given, incagliatasi nei giorni scorsi lungo il Canale di Suez, «aggrava la malattia dell’economia mondiale». Lo ha dichiarato a Port News il professore Sergio Bologna, dal 2015 presidente di AIOM, Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi di Trieste.

«Mentre il mondo cominciava a rendersi conto di quale dimensione avrebbe potuto avere il danno provocato dall’incidente nel Canale di Suez, giungeva notizia che la Volvo aveva sospeso la produzione di veicoli industriali per mancanza di semiconduttori. Potremmo dire che il semiconduttore sta alla digitalizzazione come il sale sta agli alimenti» ha aggiunto il noto esperto di logistica, mostrandosi preoccupato per un sistema trasportistico la cui fragilità è stata messa in evidenza da un incidente causato da dinamiche non ancora chiare.

«Se uno dei manufatti più importanti della fase attuale dello sviluppo capitalistico, un prodotto che viaggia con il mezzo di trasporto più veloce, se una delle filiere su cui poggia il futuro, è a tal punto di disruption, vuol dire che l’intero sistema logistico mondiale era messo in crisi già prima dell’incidente di Suez» ha proseguito Bologna.

Per il presidente dell’AIOM è questo l’elemento che preoccupa di più. «Così come diciamo che c’è una bella differenza se il Covid colpisce una persona sana o una persona malata, così possiamo tranquillamente dire che l’Ever Given aggrava la malattia dell’economia mondiale già in corso. Tanto che qualcuno ha addirittura ipotizzato che la nave sia finita contro la riva a seguito di un cyberattacco che ne avrebbe paralizzato i sistemi di governo. Un attacco portato da qualche misterioso gruppo rivoluzionario».

Provando a immaginare invece che il tutto si risolva rapidamente e «che il corpo malato della logistica riesca miracolosamente a superare anche questa fase acuta della crisi», Bologna si chiede se «quella banda di irresponsabili che ha voluto perseguire la follia del gigantismo navale riuscirà ad avere un momento di resipiscenza».

Gli istituti di regolazione, l’IMO per esempio, si porranno il problema oppure no? «Temo che ci vorrà parecchio tempo perché accada qualcosa che possa cambiare sia pure in piccola parte le regole del gioco. Con la pandemia i cantieri si sono riempiti di ordini e tra un paio d’anni, forse meno, rischiamo di veder scendere in mare roba da oltre 24 mila TEU. Chiedere buon senso a chi oggi nel mondo detiene il potere è esercizio inutile. Lo vediamo ancor meglio nella questione ambientale: chiudono le stalle quando i buoi sono già scappati».