«Ci apprestiamo a chiudere un anno drammatico, estremamente pesante per il settore dei trasporti e della logistica, cui pure va riconosciuto l’indiscutibile merito di aver saputo garantire i livelli essenziali delle prestazioni durante il primo lockdown. Il 2021 si presenta carico di incognite, dubbi e interrogativi. Difficilmente potrà essere l’anno della ripartenza».
E’ questa, in estrema sintesi, l’analisi impietosa che il neo Vice Presidente di Conftrasporto – Confcommercio, Gian Enzo Duci, offre a Port News.
Raggiunto al telefono mentre sta facendo ritorno da Chiavari, dove sono stati da poco celebrati i funerali del collega e amico Corrado Dallavalle, Duci mostra tutto il proprio pessimismo: «L’anno non poteva chiudersi peggio di così. A questo punto ci manca soltanto che arrivino gli alieni e ci facciano diventare il loro deposito alimentare».
L’ironia cupa del noto agente marittimo è puntellata dai numeri impietosi di uno dei peggiori anni da quando esiste la globalizzazione: «A livello mondiale è la prima volta dalla caduta del Muro di Berlino che i traffici si riducono a questi livelli, di circa il 4,1%. I porti italiani chiuderanno l’anno con 125 milioni di tonnellate di merce in meno rispetto a quanto movimentato nel 2019».
Anche le crociere e il trasporto passeggeri si trovano in una situazione critica: «A inizio anno le stime previsionali parlavano di una movimentazione complessiva di 12 milioni di passeggeri, ora è già tanto se arriveremo a chiudere dicembre con 790 mila pax».
Duci ritiene che il 2021 continuerà a trascinarsi dietro le incognite di un periodo difficile («Soltanto a livello vaccinale, occorreranno diversi mesi prima di arrivare a coprire il 70/80% della popolazione»).
Come ha sostenuto il presidente Conte nella conferenza stampa di fine anno, quello che viene sarà però anche l’anno del Recovery Plan: «Francamente, dubito che il Paese abbia ancora capito come declinare gli obiettivi progettuali predefiniti dall’Unione Europea. E dubito – come ha affermato su queste stesse colonne Ivano Russo – che abbia la capacità di definire nel breve periodo un disegno industriale della logistica degno di questo nome».
Bruxelles è stata chiara: «Le risorse devono essere prioritariamente spese nel campo della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale e in Italia la logistica può diventare il terreno fertile su cui far attecchire le progettualità decisive per il nostro futuro».
Il settore trasportistico ha un disperato bisogno di risorse e progetti concreti per il rilancio della competitività: «Basti vedere a quello che è stato fatto negli ultimi venticinque anni per renderci conto di quanto sia ampio il nostro fabbisogno di ammodernamento infrastrutturale: fatta eccezione per gli interventi di sviluppo dell’alta velocità ferroviaria, non è stato fatto nient’altro e la situazione autostradale in Liguria – e non solo – lo dimostra: le attività manutentive sono state fatte decadere a livello di terzo mondo».
Altro tema toccato da Duci nella sua disamina è quello della tassazione dei porti italiani: secondo l’UE l’esenzione IRES per le Autorità Portuali è incompatibile con i principi in materia di aiuti di Stato. Il Paese ha due mesi di tempo (dalla notifica in forma ufficiale della decisione) per porre mano a una vera e propria riforma. «Fino ad oggi, l’Italia ha assunto nei confronti di Bruxelles lo stesso comportamento che ha mia figlia quando la sgrido: chiude gli occhi, credendo in questo modo di non dover rendere conto dei propri sbagli».
A detta dell’ex numero uno di Federagenti, l’Italia ha avuto la colpa, sia nella fase iniziale delle trattative che in quella successiva, di essersi rifugiata nella ridotta di una rigida difesa dell’esistente (la natura pubblica degli enti di Governo dei porti), ritenendo con questo di non dover trattare con l’UE in ordine a che cosa dovesse o non dovesse essere considerata attività economica soggetta a tassazione.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: «Se negoziato fin dall’inizio, avremmo potuto provare a perimetrare l’attività tassabile solo alle concessioni demaniali, i cui canoni ammontano a circa 150 milioni di euro sul miliardo di ricavi che le AdSP portano a casa ogni anno. Ora invece ci siamo fatti mettere per iscritto che la platea delle attività economiche in ambito portuale attenzionate da Bruxelles è ben più ampia. In due mesi ci ritroviamo a dover recuperare il terreno che abbiamo perso in anni di sterile intransigentismo».
Duci ricorda la sua prima Assemblea nazionale da presidente di Federagenti: «Il tema centrale di quell’Assemblea, ripreso oggi da Confetra, era: “Cercasi campioni”. All’epoca mi sembrava già evidente che di fronte a operazioni quali la Belt and Road Initiative cinese fosse necessario avere un qualche campione nazionale che potesse, con un peso specifico significativo, giocare ai tavoli internazionali della logistica. Non avendo una Cma Cgm, una Hapag lloyd, o una DHL italiana, dissi alla presenza di Ivano Russo – allora membro della struttura tecnica di missione del MIT – che attraverso la riforma Delrio, il tavolo di coordinamento delle AdSP sarebbe potuto diventare quel “big player».
Si tratta, però, di una direzione che il Paese non ha avuto il coraggio di seguire fino in fondo, a causa di una mancata applicazione della Riforma: «Sono d’accordo con Maurizio Maresca quando chiede un maggiore rafforzamento del ruolo di coordinamento dell’organo di cui all’art. 11 ter della novellata legge 84/94. Il problema di fondo, però, è un altro: in Italia, quando non si è in grado di applicare correttamente una norma si ritiene più facile stravolgerla. Siamo il Paese delle riforme inapplicate. Il tavolo di coordinamento si sarà riunito si è no quattro volte in questi cinque anni.».
Ciò premesso, Duci sposa concettualmente e idealmente la tesi di chi vorrebbe trasformare le Autorità di Sistema Portuale in Spa “pubbliche”: «Non la ritengo una ipotesi peregrina. Mi rendo però conto che una simile impostazione si scontra con i tempi occorrenti per valorizzare il demanio marittimo portuale, che dovrebbe essere conferito come asset di quei soggetti. Temo si tratti quindi di una discussione prettamente accademica».
Più concreta è la situazione di debolezza in cui – a detta dell’agente marittimo – si trovano oggi le Autorità di Sistema Portuale: «Manchiamo di una strategia nazionale. Abbiamo assistito da un lato al depotenziamento dei presidenti delle AdSP, ma dall’altra il Tavolo di Coordinamento non ha svolto le funzioni che ne avrebbero collettivamente compensato la riduzione del ruolo».