Troppo grandi per poter navigare senza il minimo rischio di un incidente. Che i nodi del gigantismo navale sarebbero prima o poi venuti al pettine è cosa nota da tempo. L’incidente della Ever Given, bloccatasi di traverso lungo il Canale di Suez per sei giorni, ha soltanto acceso i riflettori su un tema di cui si parla da almeno un decennio.
E’ da quando le portacontainer hanno superato la soglia dei 16.000 TEU che si moltiplicano gli interventi di autorevoli esponenti del settore dello shipping. Chi scrive non può non ricordare come l’allora presidente dell’Autorità Portuale di Livorno, Giuliano Gallanti, avesse sollevato il problema più di una volta in occasione di vari convegni o seminari anche internazionali.
In un intervento pubblicato su Port News, a maggio del 2018, l’avvocato dei Moli, ricordando le osservazioni di Sergio Bologna, sottolineava la necessità di porre uno stop ai giganti del mare: «I porti – diceva – dovrebbero cominciare a introdurre modelli operativi sostenibili e a porre dei vincoli di accesso a costo di scontrarsi con i loro clienti. In realtà pensano a farsi la guerra, avendo come primo obiettivo il vicino, oppure si lasciano sedurre dalla prospettiva del gigantismo e vogliono diventare mega port. A porre un freno dovrebbero pensarci le autorità di regolazione e la politica, quella europea prima ancora di quella dei singoli Stati».
Andando ancora più indietro nel tempo, non si possono non citare le riflessioni preoccupate che l’allora amministratore delegato di TDT, Luca Becce, consegnò a Port News, in una intervista pubblicata nel lontano 2014: «Per lavorare una nave da 22 mila Teu – diceva Becce – servono gru con uno sbraccio di oltre 55 metri. Sono sovrastrutture che arrivano a pesare almeno 2mila tonnellate. Per installare una gru di questo tipo, saremmo costretti – almeno in Italia – a rifare tutte le banchine attualmente esistenti, perché nessuna riuscirebbe a sopportare 2mila tonnellate di peso».
Già otto anni fa, insomma, l’entrata in servizio delle navi giganti stava minacciando di mandare in crisi i cicli operativi dei grandi terminal e dell’intera filiera logistica. Oggi il tema si ripropone. Con una importante variazione: a rischiare il collasso non sono solo terminal e porti ma anche i canali navigabili. E, nel caso di Suez, stiamo parlando di una delle più importanti vie di navigazione del mondo.
«Le navi hanno raggiunto dimensioni senza precedenti – ha dichiarato un preoccupato Julian Oggel, managing director della Novatug, una delle società di rimorchio più conosciute nel settore -, questi giganti hanno bisogno di acquistare velocità durante la navigazione per poter essere facilmente controllate. La velocità è vitale per le grandi portacontainer, soprattutto se viaggiano controvento. Più speditamente viaggia la nave, meno presa ha il vento su di essa».
Nonostante la Ever Given abbia una larghezza di 59 metri, è bastato un angolo di deriva di soli 5° per farle occupare uno spazio trasversale fino a 100 metri. Dato che il canale di Suez ha una sezione navigabile di 150 metri, per Oggel è palese come il gigantismo navale stia forzando i limiti infrastrutturali della via di navigazione.
Sulla base degli ultimi dati forniti dalla piattaforma project44, la chiusura temporanea del Canale ha provocato non poche interruzioni nella catena logistica. 1,9 milioni di TEU si trovano ancora in navigazione diretti verso i porti di tutto il mondo. Milioni di container stanno insomma gradualmente raggiungendo i mercati di destinazione dopo aver totalizzato complessivamente 1017 giorni di ritardo.
Con i ritardi accumulati lungo le principali rotte, tra cui quella tra Shanghai e Rotterdam – lungo la quale si è arrivati a ritardi medi nei tempi di consegna pari a una settimana – crescono le preoccupazioni circa una possibile nuova congestione degli hub port internazionali dopo quella verificatasi a fine 2020.
370 mila TEU risultano al momento in rotta verso lo scalo di Singapore, nei pressi del quale ci sono già 83 navi che aspettano di essere “lavorate”, per un totale di 300.000 TEU. In Europa, 15 navi per un totale di 196.000 TEU, raggiungeranno Rotterdam entro la prossima settimana. Si tratta di un carico che andrà a sommarsi a quello delle 85 navi che si trovano in rada, in attesa di entrare nello scalo.
Anche New York dovrà presto confrontarsi con l’arrivo di un carico eccezionale di TEU provenienti da Suez, 76.500 per l’esattezza. Sulla rotta tra lo scalo statunitense e quello di Shanghai si sono accumulati a Marzo 8,05 giorni di ritardo nella consegna, mentre tra Shenzhen e Amburgo sono stati cumulati 9,21 giorni di ritardo, 12,92 tra Shenzhen e Newark.
La sospensione del Canale di Suez ha messo in allarme il mondo dello shipping. Gli spedizionieri devono essere preparati all’eventualità di altre disruption della catena logistica. Con questi giganti del mare in circolazione, non è affatto sicuro che simili incidenti non si ripetano in futuro.
«La crescita dimensionale del naviglio ha raggiunto livelli tali da aver messo sotto pressione le infrastrutture portuali» ha affermato Oggel. «Le grandi portacontainer rappresentano un rischio concreto per i porto e per i canali di navigazione. Sono decisamente troppo grandi».