Una tendenza emerge sempre più chiaramente dai dati pubblicati dalle alleanze: il porto di Hong Kong è stato deselezionato dai traffici est-ovest di tutte le principali compagnie di navigazione.
Lo certifica Sea Intelligence nel suo ultimo report. Nella schedule fornita da Gemini non ci sono scali diretti in acque profonde a Hong Kong. Per la rete aggiornata al 2024 di Ocean Alliance, gli scali portuali diretti a Hong Kong diminuiranno invece da 11 a sei.
THE Alliance ha pubblicato la scorsa settimana la panoramica della rete transpacifica 2025 e Hong Kong sarà rimossa dai servizi del Pacifico sud-occidentale e del Pacifico nord-occidentale, e sarà servito solo su un unico servizio tra l’Asia e la Costa orientale degli Stati Uniti.
Anche gli ultimi dati del Port Liner Shipping Connectivity Index elaborato dall’Unctad mostrano come il porto asiatico sia sempre meno interconnesso nei mercati globali. L’indice della Conferenza Onu per il Commercio e lo Sviluppo è strutturato su sei indicatori: la capacità (in Teu) dislocata complessivamente dai carrier in ogni scalo, il numero di servizi di linea regolari che lo raggiungono e quello delle compagnie container attive su di esso, la stiva media (in Teu) delle navi impiegate sul servizio che utilizza quelle con maggiore capacità; il numero di porti a cui è connesso direttamente.
Guardando in particolare all’ultima decade, salta all’occhio come nel quarto trimestre del 2023 Hong Kong sia sceso al punto più basso della sua storia, a 388 punti.
“Sebbene ciò non sia di buon auspicio per il porto di Hong Kong, tali tendenze dimostrano che è in corso un forte consolidamento della rete, soprattutto per quanto riguarda gli hub di trasbordo” afferma Sea Int., secondo la quale una sorta di selezione naturale sta agendo a favore di un numero sempre minore di hub, più grandi ed economicamente più efficienti.
“Hong Kong sembra essere la prima grande vittima di tutto ciò. Mano a mano che le nuove costellazioni di alleanze miglioreranno le loro reti nei prossimi anni, è probabile che più porti possano rischiare lo stesso destino dello scalo asiatico” conclude la consultancy firm.