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Interventi

Criticità e sfide da vincere

I macigni dell’inefficienza logistica

di Mario Mattioli

Presidente di Confitarma

Innovazione tecnologica, transizione ecologica e sostenibilità delle infrastrutture sono i tre pilastri sui quali il Governo Draghi ha reimpostato il Recovery Plan, in linea con gli obiettivi indicati dall’Unione Europea, e sui quali il Ministro Giovannini si è espressamente impegnato a cominciare proprio dal sistema portuale nazionale.

Posta al centro del Mediterraneo, ove transita circa il 30% dei traffici marittimi mondiali, l’Italia si trova in una posizione strategica ma, purtroppo, non è in grado di sfruttare pienamente questo vantaggio geografico mentre, un Paese importatore, trasformatore ed esportatore come il nostro dovrebbe fondare la sua competitività nel contesto globale sulla capacità ed efficienza del sistema logistico.

La pandemia di coronavirus ha certamente creato situazioni stressanti e difficili in tutto il mondo che, purtroppo, ancora permangono in questi primi mesi del 2021 con gravi ripercussioni sull’economia in generale e sul comparto marittimo-portuale in particolare con effetti negativi registrati in tutti i porti del mondo con sostanziali riduzioni dei traffici di merci e di passeggeri.

Da tempo, peraltro, le caratteristiche richieste ai sistemi portuali e che definiscono la loro capacità competitiva si basano su gigantismo navale, tempi sempre più rapidi della logistica e tutela ambientale.

Purtroppo, l’indice della Banca Mondiale sui tempi e costi associati alla logistica (Logistic Performance Index) pone l’Italia al 19°posto nella graduatoria mondiale, mentre l’indice UNCTAD relativo alla connessione di un porto alla rete logistica globale (Port liner shipping connectivity index), pone Genova, il principale porto italiano, al 31° posto: un punteggio pari al 40% in meno rispetto a Rotterdam, principale porto europeo, primo in classifica.

Non stupisce tale classifica se si considera che sono 177 i procedimenti amministravi per i controlli della merce in ambito portuale facenti capo a 17 Amministrazione pubbliche diverse. Tale inefficienza logistica comporta una perdita di 20mila ore di lavoro all’anno nei porti italiani e, secondo i dati di Cassa Depositi e Prestiti, un costo extra dell’11% per le imprese italiane della logistica rispetto alla media europea nonché un gap logistico-infrastrutturale valutato in circa 70 miliardi di Euro, di cui 30 imputabili a oneri burocratici e ritardi digitali.

Da tanto tempo Confitarma chiede una semplificazione e una de-burocratizzazione normativa ed ha predisposto un pacchetto di semplificazioni normative a costo zero. Basti pensare che per il settore marittimo sono ancora vigenti norme che risalgono alla fine dell‘800 o al primo dopoguerra ed anche la realtà portuale italiana è emblematica di un quadro complesso e variegato all’interno del quale si sovrappongono competenze e norme, spesso non efficaci perché in perenne attesa di regolamenti attuativi.

Per esempio, strumenti che in tutto il mondo hanno creato sviluppo, come le ZES, in Italia, dopo 4-5 anni dalla promulgazione delle leggi, non possono ancora essere attuate. Attraverso le ZES potremmo fare in modo che una rinnovata efficienza della portualità e della logistica nazionali non si traduca nel cosiddetto effetto “aspirapolvere” in cui le merci utilizzando i porti italiani vengono attirate verso il nord Europa lasciando poco o nulla sul nostro territorio in termini di valore aggiunto.

L’auspicata ripresa dei traffici dovrebbe influire positivamente sui traffici portuali italiani.

Ma per intercettare la ripresa del traffico marittimo, i nostri porti devono fare un balzo in avanti in termini di efficienza, rapidità delle procedure doganali e di controllo, porre rimedio alle diffuse criticità infrastrutturali (bassi fondali, accosti insufficienti per le nuove dimensioni delle navi, spazi insufficienti per la movimentazione e lo stoccaggio dei contenitori, inadeguata accessibilità marittima, ultimo miglio) e alla mancanza di un sistema logistico avanzato, imperniato sulla intermodalità, sulle connessioni tra porto e reti stradali e ferroviarie, tra porto e corridoi TEN-T. Senza dimenticare i porti minori, ad esempio quelli non ricompresi all’interno delle autorità di sistema portuale, spesso a forte vocazione turistica oltre che indispensabili ad assicurare la continuità territoriale, che movimentano milioni di passeggeri ogni anno ma che scontano notevoli carenze sul piano della sicurezza e dell’accoglienza. Qui con poco si potrebbe ottenere molto.

Insomma, c’è molto da fare per poter affrontare e vincere la sfida della ripresa post-Covid.

Inoltre, oggi occorre valutare la logistica non solo sotto il profilo delle quantità movimentate, ma anche sotto quello del valore stesso delle attività logistiche, che spesso costituiscono una parte rilevante di quello complessivo della merce. In tal senso, la produzione italiana deve farsi carico anche delle attività di trasferimento a destino del prodotto e, in proposito, è bene sottolineare le ottime prestazioni del trasporto marittimo in termini di sicurezza, alla base, per esempio, del prevalere della nave nel trasporto di auto nuove o di componenti.

Ma non basta riservare l’attenzione principalmente agli attori logistici di terra trascurando gli operatori marittimi. Il mare è il primo e determinante anello della filiera logistica nazionale. Importatori, trasformatori ed importatori dipendono, e sempre più dipenderanno, dal mare.

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