Anche in Italia si è intensificato il dibattito sul ruolo dell’idrogeno nella decarbonizzazione. Un aspetto finora poco analizzato è quello politico. Da un lato il supporto della politica sarà fondamentale per la creazione di un’economia dell’idrogeno, così come lo è stato per il successo dell’eolico e del solare. Dall’altro, l’idrogeno può creare opportunità industriali per alcuni Paesi (migliorandone la competitività e dunque lo status geo-economico) e influenzare le dinamiche politiche internazionali (fortemente definite dall’interscambio energetico).
Il momento politico europeo attuale è molto propizio all’idrogeno, grazie soprattutto alla risposta che si è deciso di dare alla crisi economica. Gli strumenti finanziari adottati per avviare la ripresa verde – Next Generation EU e il Quadro Finanziario Pluriennale – hanno di fatto ‘riempito’ il contenitore dello European Green Deal. Già da prima della crisi, la narrazione a favore dell’idrogeno si era tradotta in investimenti e politiche a supporto, ma con la crisi il processo ha subito un’accelerazione inaspettata e importantissima. L’8 luglio l’UE ha approvato la Strategia per l’Idrogeno e la Strategia per l’Integrazione del Sistema Energetico. Alcuni Paesi Membri (Germania, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo) hanno similmente adottato i propri piani nazionali nel 2020. Alcuni di essi stanno investendo ingenti fondi sull’idrogeno: spiccano la Germania e la Francia con 9 e 7 miliardi di euro rispettivamente.
L’UE ha deciso che almeno il 30% dei fondi per la ripresa (ossia ben 540 miliardi di euro su 1800) dovranno essere spesi per la decarbonizzazione. Giova ricordare due elementi per capire perché questo ha a che fare con le opportunità per l’idrogeno in Italia: 1.) siamo il primo Paese beneficiario dei fondi europei per la ripresa, con oltre 200 miliardi di euro; 2.) i piani nazionali di spesa sono soggetti all’approvazione dell’UE. I fondi stanziati dall’UE costituiranno dunque per il nostro Paese una opportunità senza precedenti per rilanciare la competitività, ormai stagnante da decenni. In altre parole, ci sono finalmente abbastanza fondi per riproporre una politica industriale seria, che dovrà essere verde.
Dobbiamo dunque dotarci di una visione e di piani di spesa coerenti. Questo è particolarmente importante nel caso dell’idrogeno, dove si deve creare un’intera filiera e dove ci sono investimenti interconnessi. Occorre infatti aumentare la produzione di rinnovabili per l’idrogeno verde (e/o investire in CCS o altre tecnologie per l’idrogeno blu), produrre e installare un maggior numero di elettrolizzatori, convertire i gasdotti (e/o costruire infrastrutture dedicate), i siti di stoccaggio, le reti di distribuzione e creare domanda nei settori di consumo, convertendo le apparecchiature dai trasporti all’industria. Questo deve avvenire in modo coordinato per evitare colli di bottiglia nelle catene del valore. Inoltre ci dovranno essere inizialmente dei sussidi (come i Contracts for Difference) e interventi regolatori come la definizione di quote minime di idrogeno in determinati settori.
Finora l’Italia ha sviluppato una leadership solida nel campo delle rinnovabili, come quantificato in uno studio dello IAI. Tuttavia l’Italia (come tutta l’UE) si è anche lasciata sottrarre vantaggio competitivo in alcuni comparti FER, specialmente a causa della concorrenza cinese. Grazie al mutamento dell’assetto mondiale e alle lezioni apprese, l’UE ha adottato una narrazione più mercantilistica, come dimostrato dal supporto politico a strategie di creazione di un’autonomia strategica europea – nonché più specificamente di campioni industriali verdi europei. Esistono anche misure concrete in fase di studio, come la tassa sul carbonio alle frontiere e strumenti per scongiurare l’esodo tecnologico verso la Cina.
L’Italia, già in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, non può non sfruttare le opportunità derivanti dai fondi europei anche perché ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo di primo piano nell’economia europea dell’idrogeno, come dimostrato da uno studio di Ambrosetti-SNAM che sottolinea i nostri vantaggi comparati in alcune tecnologie chiave (e ancillari) della futura filiera dell’idrogeno.
Infine, l’Italia ha l’opportunità di diventare un hub europeo come punto d’accesso per l’idrogeno verde nordafricano, potenzialmente più economico dell’idrogeno europeo (grazie soprattutto a un’irradiazione solare maggiore e a una minor variabilità). Questo anche perché esistono già gasdotti che possono essere convertiti per il trasporto di idrogeno. Uno schema di questo tipo permetterebbe anche di creare sviluppo socio-economico in Nordafrica e mitigare i fenomeni migratori, nonché di creare un rapporto di interdipendenza positiva tra le due sponde del Mediterraneo.