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Focus

La variabile della crisi del Mar Rosso e la zavorra della sovraccapacità

Il 2025 sarà un altro anno duro per lo shipping

di Redazione

I noli spot nel trasporto marittimo di container sono scesi di quasi il 50% rispetto ai valori di luglio, con gli ultimi dati di Drewry che giovedì scorso mostravano un ulteriore calo del 4% su base settimanale, a un valore medio di 3095 dollari a FEU.

Quantunque la crisi di Suez e il conseguente reindirizzamento dei servizi di collegamento attorno al Capo di Buona Speranza abbiano creato un momentaneo deficit di capacità nel medio periodo, generando nuovi squilibri sul lato dell’offerta e alimentando per altro un effetto panico che ha spinto i caricatori ad anticipare le spedizioni in import, favorendo così l’aumento della domanda anche prima dell’inizio della peak season, oggi la situazione offre una visione del tutto differente per i vettori. Che pure hanno chiuso il terzo trimestre dell’anno con risultati di bilancio in forte crescita su base annuale.

Al lordo di possibili nuovi situazioni di crisi, nel 2025 la sovraccapacità tornerà ad essere un problema per lo shipping, tanto più se quella del Canale di Suez dovesse tornare ad essere una opzione reale per il transito della merce nei collegamenti dal Far East al Mediterraneo e all’Europa. Lo certifica Xeneta nel suo outlook per il 2025

Assumendo per buona la previsione che il prossimo anno la domanda di trasporto via mare di merce in container cresca del 3% su base annuale, la società di analisi con sede a Oslo prevede tre scenari ipotetici per l’anno. Quello di una prosecuzione del conflitto in Medio Oriente, e quelli di una parziale o totale riapertura di Suez.

Nell’ultimo caso, quello di un full return, la consultancy firm ipotizza che le distanze medie di navigazione tornino ai livelli pre-crisi, con ciò favorendo un calo della domanda di TEU in rapporto alle miglia percorse pari all’11% rispetto ai valori del 2024.

La riapertura di Suez potrebbe inoltre causare nuovi problemi di congestione a livello portuale, liberando improvvisamente nel mercato la capacità di stiva precedentemente assorbita dall’allungamento dei viaggi est-ovest e favorendo così un ulteriore, drastico declino delle rate di nolo.

Lo scenario di un parziale ritorno da Suez è dato dalla possibilità che non tutte le compagnie di navigazione scelgano questa opzione. I vettori cinesi, a cominciare da COSCO, sono ad esempio quelli che rischiano meno oggi dalla situazione di crisi nel Medio Oriente, mentre altri liner potrebbero valutare la possibilità di continuare a circumnavigare l’Africa per ragioni di sicurezza.

In questo caso, la domanda di TEU espressa in rapporto alle miglia percorse potrebbe calare su base annuale di un range compreso tra il 3 e l’11%. Risulterebbe comunque allentata la pressione sulla capacità di stiva offerta, con un impatto comunque significativo sull’andamento dei noli di trasporto.

Lo scenario n.1, quello più probabile forse, basato sull’ipotesi che nel 2025 le cose rimangano così come sono oggi, ripropone inalterate le attuali dinamiche di mercato, anche se è prevedibile che la nuova ondata di ordini in consegna per l’anno finirà con il creare comunque nuovi problemi di sovraccapacità, andando ad incidere in modo negativo sull’andamento dei noli di trasporto.

Nel proprio outlook Xeneta segnala che la flotta di portacontainer crescerà nel 2025 del 4,5%, raggiungendo quota 32,7 milioni di TEU.

MSC ha in previsione di ricevere per il prossimo anno ben 45 nuove navi, per un totale di 582.000 TEU di capacità. Queste consegne rafforzeranno la leadership del carrier italo-svizzero, da tempo in cima alla classifica delle compagnie di navigazione più grandi al mondo per il numero di navi di proprietà o in gestione.

Ocean Alliance (COSCO Group, CMA CGM e Evergreen) riceverà nel 2025 un totale di navi per una capacità complessiva di 591.000 TEU, mentre la nuova Premier Alliance, l’alleanza più piccola dopo la dipartita di Hapag- LLoyd – vedrà nell’anno che viene un totale di consegne per una capacità complessiva di 230.000 TEU, di cui 176.000 ordinate da ONE e le restanti 54.000 da HMM. Yang Ming non ha invece consegne programmate per il 2025.

Dopo Yang Ming, l’unico vettore inserito nella top ten a non prevedere per il prossimo anno alcuna nuova consegna è ZIM. Il liner israeliano, che è in attesa della consegna di sei navi nel 2024, è peraltro quello che ha la quota più alta di capacità di navi noleggiate: rappresentano il 91,3% del totale. Yang Ming è invece al terzo posto con il 56,9% della flotta gestita in modalità charter. Anche altri vettori fanno molto affidamento sul mercato del charter, ma spesso si tratta di accordi a lungo termine concordati con i Non Operating Owner al momento dell’ordine della nave.

Xeneta segnala inoltre che nei primi nove mesi del 2024 le navi pronte per la demolizione hanno raggiunto l’età media di 29,2 anni, con un incremento di 2,7 anni rispetto al valore medio triennale 2020/2023.

La chiave per comprendere l’andamento delle attività di demolizione si trova nelle tariffe di noleggio. L’elevata domanda di tonnellaggio durante gran parte degli ultimi cinque anni ha sostenuto la crescita delle tariffe di trasporto, spingendo i vettori a mantenere in attività tutto il naviglio disponibile, anche quello più vecchio e meno efficiente.

Se l’attuale pressione sulla capacità di stiva dovesse allentarsi, è chiaro che i vettori torneranno a rivolgersi ai cantieri di demolizione per alleggerire la propria flotta e riequilibrare in questo modo domanda e offerta.

Tuttavia, anche dando per buona la possibilità che tre quarti delle navi con più 22 anni sulle spalle vengano demolite, ne risulterebbe una riduzione della capacità globale di appena 1,8 milioni di TEU. Un dato insufficiente – secondo Xeneta – a riequilibrare le sorti dei vettori, e ciò a prescindere dalla possibilità che il Mar Rosso torni ad essere navigabile in tutta sicurezza.

Crisi o non crisi in Medio Oriente, l’ingresso in servizio di nuove navi portacontainer e il calo della domanda continueranno a impattare al ribasso sui noli probabilmente per tutto il 2025, sempre che non si presentino nel frattempo nuovi cigni neri.

Xeneta ne cita soltanto quattro: un nuovo sciopero nei porti della East Coast statunitense nel caso in cui dovessero fallire le trattative tra la parte datoriale e quella sindacale sul tema spinoso dell’automazione; una possibile escalation della tensione militare nello Stretto di Taiwan; l’inasprimento dei dazi doganali statunitensi sulle merci cinesi nel caso di una vittoria di Donald Trump alla Casa Bianca e le ricadute che il cambio di regime in Bangladesh potrebbe avere sugli equilibri del Paese.

Insomma, le luci lampeggiano di rosso sul quadro geopolitico, e sarebbe sciocco ignorarle.

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