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Tecnologia e benessere

Il 5G fa male? Sfatiamo i falsi miti

di Luca Chiaraviglio

Docente titolare di “Internet of Things” e “Networking and Internet” presso l’Università di Roma Tor Vergata

Il 5G sta entrando nella fase implementativa: nei prossimi anni saranno installate stazioni radio di quinta generazione nelle maggiori città italiane. A differenza delle reti mobili 2G/3G/4G,  questa nuova tecnologia garantirà un’elevata capacità trasmissiva, una maggiore (e migliore) copertura del territorio, permettendo, tra l’altro, grandi innovazioni nel campo dei trasporti, della logistica delle merci, della guida autonoma, dell’intelligenza artificiale e della medicina a distanza.

Nonostante i benefici attesi, gran parte della popolazione continua però ad avere delle perplessità circa gli effetti che la nuova rete potrà avere sulla salute delle persone. Ma le radiazioni emesse dalle antenne 5G sono veramente dannose per l’uomo?

Per capirlo, dobbiamo innanzi tutto analizzare il quadro normativo. I limiti di legge per l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche sono stabiliti in base al tipo di radiazione e alla frequenza di emissione. La legislazione internazionale prevede che il campo elettromagnetico emesso dalle stazioni radio base non debba superare valori compresi fra i 28 e i 61 volt al metro in ogni punto del territorio (sulla base delle linee guida dell’International Commision on Non-Ionizing Radiation Protection –ICNIRP).

In Italia abbiamo vincoli ancora più stringenti: per le aree residenziali viene imposto un limite di 6 volt al metro (sulla base del D.M. 381/1998 e successive modifiche). Alla base di questa scelta (più conservativa rispetto ai limiti ICNIRP) c’è la necessità di scongiurare effetti indesiderati sulla salute non ancora rilevati dagli studi medici. Come risultato, siamo uno dei Paesi con la legislazione più severa in termini di emissioni di radiazioni elettromagnetiche.

Da un punto di vista tecnico va poi aggiunto che una delle caratteristiche di questa nuova tecnologia è l’utilizzo di antenne operanti su frequenze molto differenti fra di loro. La frequenza alla quale opera un’antenna è uno dei parametri principali per la determinazione del raggio di copertura e della capacità della stazione radio base. Maggiore è la frequenza, maggiore è la capacità della cella ma minore sarà la copertura. Questo effetto è dovuto al fatto che onde a frequenza maggiore tendono a non attraversare gli ostacoli rispetto a quelle a frequenza minore.

Anche in questo contesto c’è una grande confusione, in quanto si dice che il 5G opererà solo con frequenze estremamente elevate (le cosiddette onde millimetriche), dannose per la salute. In realtà basta analizzare l’asta delle frequenze 5G che si è svolta nel 2018 per notare come tra le bande assegnate le più costose siano state quelle a 700 Mhz e a 3,7Ghz, che sono molto vicine alle frequenze già in uso dalle attuali reti mobili 2G/3G/4G, dunque preesistenti rispetto al 5G. Ad esempio, la stazione che a Ottobre/Novembre sarà installata presso il porto di Livorno, opererà su una frequenza a 3,7 Ghz, quindi molto vicina a quella di una classica cella 4G.

C’è poi un ulteriore punto di dibattito: si tende a credere che l’installazione delle stazioni radio 5G comporterà un aumento significativo dell’esposizione a campi elettromagnetici. In realtà i valori campo elettromagnetico attualmente misurati nelle zone servite da reti pre-5G risultano essere sempre estremamente contenuti (tipicamente minori di 1 volt su metro per le aree urbane), come riportato peraltro da centinaia di studi scientifici realizzati in tutto il mondo. Siamo dunque in ogni caso ben al di sotto dei limiti di legge.

Non si prevede quindi che l’installazione delle stazioni base 5G comporterà un aumento significativo di questi valori. A tal proposito, ricordiamo che la potenza emessa da un’antenna (che è uno dei parametri caratterizzanti il campo) diminuisce molto rapidamente man mano che ci si allontana dall’antenna stessa. Inoltre occorre considerare anche che la presenza di ostacoli, o il fatto di trovarsi semplicemente all’interno di un edificio, contribuisce ulteriormente a ridurre il valore di campo elettromagnetico.

Diversi studi in letteratura evidenziano invece come le maggiori fonti di campo elettromagnetico non siano imputabili alle stazioni radio base, ma piuttosto agli apparecchi elettronici molto più vicini a noi, quali ad esempio gli smartphone, i tablet, i computer portatili, gli access point WiFi e persino i forni a microonde.

Altra caratteristica del 5G è la possibilità di installare antenne di ridotte dimensioni (le cosiddette small cell). In questo contesto esistono timori riguardo a una ipotetica proliferazione incontrollata di antenne di quinta generazione. Anche in questo caso occorre ricordare le leggi della fisica, e in particolare l’effetto della distanza che separa sorgente e destinazione dell’informazione. Minore è la distanza, minore è la potenza necessaria emessa dall’antenna sorgente affinché l’informazione sia trasmessa fino alla destinazione. In parole povere: quando una zona di territorio è servita da molte celle, la loro potenza irradiata è decisamente contenuta, con un campo elettromagnetico molto ridotto.

Un’altra fake news molto diffusa è che la sperimentazione 5G ha ucciso dei volatili che transitavano nei paraggi dell’antenna irradiante. Per sfatare questo mito, occorre ricordare come le potenze irradiate dalle stazioni radio base siano estremamente contenute, sia per rispettare i limiti sulle emissioni di campo, sia per ridurre il consumo di corrente elettrica. L’unico dispositivo in grado di recare effetti tangibili sul corpo è il cannone a microonde, che però non è un apparato di comunicazioni, ma un’arma di difesa non letale in dotazione all’esercito degli Stati Uniti. Le antenne 5G operano a potenze ben più contenute e non sono in grado di recare alcun danno né alle persone, né tanto meno ai volatili.

C’è poi il dubbio che l’operazione 5G sia spinta più da interessi economici piuttosto che da considerazioni sulla salute della popolazione. Per tranquillizzare gli animi, occorre ricordare che oltre ai legislatori, alle industrie di apparati 5G e agli operatori, ci sono anche organismi internazionali come la World Health Organization, e l’International Telecommunication Union e quelli nazionali ( tra cui l’Istituto Superiore di Sanità e l’ARPA), dediti alla valutazione dell’impatto dei campi elettromagnetici sulla salute, nonché al loro monitoraggio. E non dimentichiamoci anche gli Istituti di Ricerca e le Università che svolgono studi imparziali nel settore.

In conclusione, è importante continuare a studiare gli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute, ferma restando l’importanza di sviluppare nuove tecnologie nel rispetto della normativa vigente sui campi elettromagnetici.

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