Cresce il costo del bunker e a pagarne presto le conseguenze potrebbero essere i caricatori, ovvero i clienti delle shipping company. Lo afferma, nel suo Sunday Spotlight, la società di consulenza Sea-Intelligence, prevedendo una possibile maggiorazione delle tariffe per i servizi di trasporto, necessaria, secondo molte compagnie, per compensare l’incremento del costo del greggio e del carburante a basso tenore di zolfo, aumentato a quasi 700 dollari a tonnellata.
Di fatto, i temporary emergencty bunker surcharge sono oggi calcolati non in base al prezzo del carburante tradizionale ma a quello del Very Sulphur Low Bunker, l’unico che i liner possano utilizzare per rispettare il tetto al contenuto di zolfo allo 0,5% introdotto dall’IMO a Gennaio del 2020.
Come fa osservare il ceo di Sea Int., Alan Murphy, il crescente divario tra il bunker a basso tenore di zolfo e quello tradizionale (IFO380) si sta però traducendo in un vantaggio competitivo per quelle compagnie che in questi anni hanno maggiormente investito negli scrubber.
Il regolamento IMO permette infatti ai big carrier di poter continuare ad utilizzare il bunker tradizionale a patto che dotino le proprie navi di moderni sistemi di lavaggio dei fumi.
«Secondo le valutazioni di Clarkson Research, nel 2021 le super petroliere (VLCC) che non hanno fatto ricorso allo scrubber e che devono quindi utilizzare il bunker a basso zolfo, più costoso, hanno viaggiato guadagnando in media 3.000 dollari al giorno, mentre quelle che hanno fatto l’investimento dello scrubber, potendo usare il vecchio bunker ad alto zolfo, meno costoso, hanno realizzato guadagni più significativi, intorno agli 8.000 dollari giornalieri» dichiara a Port News, Ennio Palmesino, broker con oltre quarant’anni di attività nel settore.
«Similmente – aggiunge Palmesino – le Suezmax senza scrubber si sono dovute accontentare di 7.000 dollari al giorno, mentre quelle con scrubber hanno portato a casa una media di 10.000 dollari giornalieri. Le Aframax hanno fatto ancora meglio, guadagnando dagli 8.000 dollari/giorno senza scrubber agli 11.000 con scrubber. Infine, le product carriers hanno totalizzato fra i 6.000 (senza scrubber) e i 9.000 dollari (con scrubber)».
Per il broker, e professore a contratto di Geography, Commodites trading and Geopolitics, si tratta di noli in perdita dopo un 2020 che era stato decisamente migliore per gli armatori. «Nella prima metà del 2020, a crollare non sono stati soltanto i consumi ma anche il prezzo del petrolio. In seguito alla saturazione delle strutture di stoccaggio on-shore, la caccia all’oro nero a basso costo ha di fatto finito con l’alimentare la corsa al noleggio di petroliere per stoccare i prodotti in mare, contribuendo quindi all’aumento vertiginoso dei noli. Quando, in autunno, in presenza di una timida ripresa stagionale, il prezzo del barile è risalito, gli stoccaggi sono stati svuotati e le navi sono tornate libere, causando un ribasso dei noli, che poi è durato per tutto il 2021».
Il problema è che nel 2021 i consumi non sono minimamente tornati ai livelli pre-pandemia: «Si prevede che il consumo globale ritorni intorno ai 100 milioni di barili/giorno solo nel corso del 2022. L’anno scorso, quindi, la flotta mondiale, dimensionata per consumi di 100 milioni di bbls/giorno e anche più, è sempre rimasta eccedente rispetto al volume trasportato».
Ma quali sono le previsioni a breve? «Intanto il barile, per dinamiche puramente finanziarie, e non certo per la domanda fisica, è tornato sopra agli 86 dollari al barile: cosa, questa, che certamente non incoraggia i consumi. Quindi potremmo anche non tornare rapidamente alla soglia psicologica dei 100 milioni di bbls/giorno».
Sul periodo più lungo, invece, dovranno essere presi in considerazione alcuni fattori importanti: «Secondo alcuni analisti – afferma Palmesino – la pressione ecologista avrà un impatto significativo sulla contrazione dei consumi di petrolio, contribuendo a mantenere bassi i noli marittimi. Sempre per motivi ambientali, però, molti armatori potrebbero essere tentati dall’idea di disfarsi del naviglio più vecchio e non compliant con le norme IMO. La diminuzione della flotta esistente potrebbe quindi compensare la costante diminuzione dei consumi, generando nuovi equilibri».