Presidente di Spediporto
Interviste

Colloquio con Alessandro Pitto

«Un oligopolio favorito anche dalle Autorità Antitrust»

di Marco Casale

Il mercato del trasporto marittimo di container? «Non vi è dubbio che i livelli di concentrazione cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi pongano interrogativi che devono essere oggetto di attente riflessioni da parte di tutti gli attori coinvolti nella catena logistica. Personalmente ho il sospetto che alcune misure adottate dalle autorità antitrust negli scorsi decenni abbiano condotto al risultato opposto rispetto a quanto si prefiggevano. Purtroppo, una volta che un mercato assume connotati oligopolistici, è difficile reintrodurre la concorrenza per legge».

Non ricorre a inutili giri di parole Alessandro Pitto, presidente dell’Associazione degli Spedizionieri genovesi Spediporto e amministratore delegato della storica casa di spedizioni Casasco e Nardi. Per chi come lui lavora da una vita nel campo spedizionieristico, le dinamiche di mercato nel business navale sono una fonte costante di preoccupazione, e nulla può essere lasciato andare al caso: «Gli analisti concordano sul fatto che fra alcuni anni non vi saranno che più di cinque, al massimo sei carrier globali. Non è cosa da poco. Il tema non si limita alle alleanze globali ma investe il fenomeno di M&A che negli ultimi anni ha subito una repentina accelerazione. Si pensi che fra il 1997 ed il 2014 le varie fusioni e acquisizioni hanno causato l’estinzione di quattro dei venti top carrier. Dal 2015 ad oggi sono state invece ben nove le compagnie oggetto di fusione o acquisizione».

La sfida che le Autorità di Sistema Portuale, i terminalisti e gli spedizionieri hanno davanti sono quindi imponenti. L’obiettivo primario è quello di riuscire a controbilanciare lo strapotere contrattuale delle grandi compagnie: «Le Port Authorities – sostiene Pitto – devono essere business oriented, creando tutte le condizioni affinché i propri porti diventino una scelta quasi obbligata per i carrier. Una politica focalizzata unicamente su accordi contrattuali o concessori e rivolta unicamente ai grandi carrier potrebbe portare benefici immediati ma sul lungo periodo si rivelerebbe miope perché consegnerebbe le chiavi del porto a pochi soggetti che, per definizione, sono estremamente “mobili” nelle loro scelte».

Occorrono però Autorità portuali più forti, magari perché nel frattempo trasformate in enti pubblici economici. Per questo Pitto apprezza la proposta che in tal senso è stata recentemente avanzata su PortNews dal presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale: «Quella di Pietro Spirito è un’analisi corretta, che riesce a contemperare l’esigenza di maggiore flessibilità operativa e decisionale con il presidio di compiti e il mantenimento di poteri prettamente pubblicistici, propri delle AdSP».

Nonostante tutto l’ad di Casasco e Nardi continua però a preferire la formula della Società per azioni, «che senza dubbio consentirebbe di compiere un notevole salto in avanti in termini di semplificazione e razionalizzazione dei processi decisionali. Anche senza ricorrere a forme giuridiche – la cui natura diventa a volte difficilmente comprensibile, specie in sede di Unione Europea – esistono strumenti di diritto societario che assicurano al tempo stesso una governance moderna, un puntuale riporto agli stakeholder pubblici (lo Stato centrale così come gli enti locali sul cui territorio il porto insiste) e la tutela degli interessi pubblici».

Occorre quindi avere il coraggio di guardare avanti e partire da quanto di buono è stato fatto con la riforma Delrio: «La riforma della 84/94 parte da una serie di assunti fondamentalmente corretti, laddove si fa interprete di esigenze di razionalizzazione, accorpamento e maggiore integrazione con i retroterra portuali. Il nuovo modello di governance contiene un’indubbia componente “centralistica”, che di per sé è del tutto neutra ma che può assumere connotati negativi o positivi a seconda di come verrà declinata nella pratica. Se servirà a concentrare gli investimenti su pochi progetti cruciali per l’intero sistema logistico italiano, avrà sicuramente un impatto positivo. Se al contrario continueranno a distribuirsi finanziamenti a pioggia su una pletora di strutture sottoutilizzate, vorrà dire che poco è cambiato».

A essere cambiato, e in maniera notevole, è invece il mondo dello shipping. Oggi il mercato nel suo complesso vale circa 140 miliardi di dollari, che si stima possano diventare 160 nel 2020. Il settore è soggetto a importanti dinamiche evolutive e occorre tenere gli occhi bene aperti di fronte a sue possibili distorsioni. Per Pitto sono quindi condivisibili le critiche che il presidente del Global Shippers’ Forum Sean Van Dort ha recentemente rivolto alle grandi alleanze: «Concordo con la sua analisi, l’avvenuto livellamento verso il basso della qualità dei servizi è purtroppo innegabile. Prendiamo ad esempio la schedule reliability, uno degli indicatori più facilmente misurabili. A livello mondiale, l’affidabilità delle schedule – misurata in termini di puntualità di arrivi e partenze – appare in costante diminuzione». Sulla base dei dati forniti da SeaIntel, il 2017 ha infatti fatto registrare una puntualità del 74,5%, in diminuzione dell’8,4% rispetto al dato del 2016. Nel primo trimestre 2018 il calo è stato dell’ 8,1%. «Oggi soltanto il 66,4% dei viaggi sono effettuati rispettando le schedule».

Per chi organizza la propria supply chain su scala mondiale, si tratta di dati poco rassicuranti. Così come poco rassicuranti sono i continui squilibri fra domanda e offerta che si registrano nei vari trade, specialmente lungo la direttrice Asia-Europa che più di altre è esposta all’impatto delle mega-navi di ultima generazione. «Le tariffe non sono che il risultato della perenne dinamica di domanda ed offerta. Come già osservato, un’eccessiva concentrazione del mercato potrebbe alterare i meccanismi che determinano la formazione dell’offerta e, di conseguenza, incidere sulla formazione del prezzo».

E a proposito di tariffe, Pitto punta il dito contro i Bunker Fuel Surcharges (BAF) e derivati: «Nonostante una conclamata tendenza alla trasparenza, continua a non essere facile districarsi nel dedalo di tariffe, fee, charges e surcharges spesso introdotte con notevole fantasia ed è ancora più difficile capire i criteri con cui queste si formano e vengono introdotte». Se è vero che il prezzo del bunker è andato crescendo negli ultimi mesi, soprattutto a partire dal mese di giugno, «sarebbe tuttavia auspicabile un’effettiva maggiore trasparenza nelle modalità di formazione e applicazione di determinate voci così come una loro maggiore prevedibilità. A volte si ha la sensazione che si tratti di azioni quasi dettate dal panico o comunque da una frenesia che lascia poco spazio al dialogo con la merce e chi la rappresenta».

Per Pitto l’entrata in vigore della nuova regolamentazione IMO sull’utilizzo di bunker a basso contenuto di zolfo rappresenta uno spartiacque epocale: «Alcune previsioni parlano di maggiori oneri per il solo settore container nell’ordine di 10 miliardi di dollari. Non è pensabile che debbano ricadere solo sulla merce, per di più se all’esito di processi di formazione del prezzo poco trasparenti».

Va tenuto costantemente sotto controllo anche il fenomeno dell’overcapacity: «Gli analisti ci dicono che fra la seconda metà del 2017 e la prima metà del 2018 la capacità mondiale è aumentata dell’11,5%. Va però osservato che diverse misure volte a contenere la sovracapacità di stiva (come i blank sailings), il differimento di alcuni ordini già in corso e un incremento nelle demolizioni (dovuto anche alle più stringenti normative ambientali che entreranno in vigore nel 2020) hanno giocato un ruolo importante nel portare un maggiore equilibrio sui mercati».

Nel frattempo il futuro si annuncia con qualche schiarita: «Per la seconda metà del 2018 non è previsto un marcato aumento nella capacità di stiva: a fronte di previsioni di crescita dei traffici intorno al 4,7% su base annua, il mercato dovrebbe tendere verso una progressiva stabilizzazione, guerre commerciali permettendo».

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