Interviste

Colloquio con Nicola di Batte

In vino veritas

di Marco Casale

Il 2021 si sta rivelando un’ottima annata per il vino italiano. L’export ha tenuto il passo con una crescita che nei primi sette mesi è stata del 14,5% sul 2020 e del 10,7% sul 2019. Come certificato da Nomisma, tra gennaio e settembre i consumi del vino nostrum negli Stati Uniti hanno addirittura registrato un tasso di crescita rispetto al livello pre-pandemico (2019) che è oltre il doppio di quello fatto registrare dalla crescita dei vini spagnoli (+6,8%).

Sono questi dati, più di ogni altro ragionamento, a puntellare la narrazione della Crisi fornita da Nicola di Batte, direttore amministrativo della Giorgio Gori, società affermatasi ormai da tempo a livello internazionale nel trasporto del vino e dei liquori da qui ai quattro angoli del mappamondo, specie negli USA.

«Il Covid ha chiaramente impattato, e in modo pesante, sul cosiddetto settore HoreCa (hotellerie-restaurant-caatering) ma alla inevitabile contrazione della domanda di servizi ha fatto da contraltare l’aumento esponenziale della domanda di beni» afferma il Chief Financial Officer della società. «L’emergenza ha cambiato i flussi logistici, accelerando la crescita dell’e-commerce e le esigenze dei committenti. Per il nostro settore si sono aperte nuove importanti sfide».

Vista dall’Interporto Vespucci, dove la Gori si è radicata a partire dal 2003, costruendo ben quattro magazzini, la storia di questi ultimi due anni appare meno tragica di quanto effettivamente non lo sia stata. «Sia chiaro, abbiamo avuto le nostre difficoltà – dice di Batte -, i problemi di operatività di cui hanno sofferto molti porti di destinazione hanno chiaramente avuto delle ripercussioni sul nostro business».

L’aumento della domanda di consumo «si è poi scontrato con una carenza di servizi a bordo nave che non ha permesso alle aziende di stare al passo con le richieste dei clienti». Inoltre, «in questo periodo le compagnie di navigazione hanno preferito concentrare i container vuoti lungo la remunerativa rotta tra la Cina e gli USA, lasciando scoperto il trade USA-Mediterraneo».

Insomma, «gli ostacoli non sono mancati ma il mercato ha comunque retto gli urti». Di Batte lo afferma mentre con soddisfazione volge lo sguardo all’ultimo magazzino realizzato dalla società sulla piana di Guasticce: «E’ la nostra facility più alta – dice – e può contenere un totale di 11.5000 pallet distribuiti su scaffalature disposte su sei livelli. In questa struttura possono essere stoccate fino a 5 milioni di bottiglie, tutte conservate a temperatura controllata».

La merce si trova qui in conto deposito: «il cliente preleva il quantitativo di merce necessario secondo le sue esigenze mentre il fornitore riceve dai clienti i dati relativi ai prelievi effettuati. Si tratta di un servizio che ci consente di controllare direttamente tutta la filiera dall’origine alla destinazione».

Per l’alto dirigente «il 2020 ha sicuramente messo in evidenza l’importanza della catena di approvigionamento alimentare. Si tratta di un processo complesso che richiede forti sinergie tra tutti gli operatori della supply chain. Il settore ha capito come adattarsi a cambiamenti anche radicali, dando prova di versatilità e resilienza».

Le sfide da vincere nel 2020 sono molte: «Dovremo dimostrare di essere in grado di adattarci alle esigenze di mercato e all’evoluzione di questo straordinario prodotto. Si tratta di una sfida che nessuno, all’interno della supply chain, può vincere da solo: dovremo affrontarla in modo coordinato nel segno dell’efficienza».

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