Le circostanze indipendenti dalla volontà si producono con una certa continuità soltanto nei casi in cui la volontà non le contrasti. E quando si parla di porti e infrastrutture – come è successo questo pomeriggio nella Sala Ferretti della Fortezza Vecchia, in un seminario organizzato dall’AdSP del Mar Tirreno Settentrionale – diventa prioritario mettere dei punti fermi per minimizzare l’impatto di eventi avversi, quali il Coronavirus, e ridurre le incognite che ancora gravano sul sistema economico italiano.
Sviluppare una vera capacità di resilienza ai contraccolpi delle contingenze negative significa innanzitutto programmare il futuro con largo anticipo attraverso una visione strategica che tenga insieme progettualità e riforme. E’ questo il messaggio chiave lanciato dai relatori del Convegno.
A cominciare da Giuseppe Surdi, del Gruppo Ricerche Industriali e Finanziarie (GRIF) “Fabia Gobbo” – LUISS Guido Carli, che ha sottolineato come il nostro Paese si muova oggi in un contesto economico complesso: «Stiamo vivendo un lungo periodo di crisi che data 2008 e che ha visto un progressivo e radicale cambiamento del nostro sistema economico, industriale».
La grande crisi finanziaria, il rimbalzo verso il basso del 2011 e il Coronavirus hanno fortemente impattato sul sistema produttivo del nostro Paese. Con una particolarità, che la Pandemia ha avuto un impatto più fulminante delle crisi precedenti.
D’altronde, gli investimenti pubblici per infrastrutture sono andati progressivamente diminuendo nel corso degli anni: se negli anni 90 rappresentavano oltre il 3% del PIL, oggi arrivano appena all’1,8%. L’impatto che i mancati investimenti (in infrastrutture e manutenzioni) hanno avuto sul Prodotto Interno Lordo ha provocato negli ultimi anni un gap di spesa pari all’1,1% del PIL.
Lo scenario al contorno è tuttavia allettante, e indica un certo fermento anche sulla sponda infrastrutturale: il Recovery Fund, lo strumento individuato a livello comunitario per sostenere la ripresa dopo la pandemia, promette di offrire nuove opportunità di sviluppo e risollevare, nella fattispecie, una portualità che, al pari di altri settori, è uscita con le ossa rotte dalla crisi innescata dal Covid.
«Come si apprende dalla stampa, sono state ad oggi raccolte 557 schede progetto per un valore complessivo di oltre 667 miliardi di euro, pari al triplo di quanto potenzialmente messo a disposizione dall’UE (209 miliardi di euro)» afferma Surdi. Che sottolinea però come il punto centrale non sia quello di capire quanti e quali progetti l’Italia possa mettere in campo, ma quale debba essere la visione che il Paese intende traguardare per dare un significato compiuto alle parole chiave elencate nelle linee guida per la definizione del piano italiano di ripresa e resilienza.
Ne sono consapevoli Santiago Larregola, responsabile finanziamenti BEI, e – soprattutto, Guglielmo Calabresi, Responsabile Sviluppo Infrastrutture Area Finanziaria della Cassa Depositi e Prestiti, che nel suo intervento ha sottolineato come ad oggi non sia più possibile indugiare sui progetti da presentare all’UE: «Uno dei principi cardine del Next Generation Eu è la realizzabilità – ha dichiarato – Il percorso di attraversamento è ancora lungo e richiede che le numerose schede progetto arrivino a diventare, entro il 2023, dei veri e propri progetti realizzabili. I soldi dovranno essere spesi entro il 2026».
Ne è consapevole anche il presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Settentrionale, Stefano Corsini, che nel suo intervento ha messo l’accento sul ruolo strategico della pianificazione ai fini di una corretta selezione dei progetti. Un ruolo che oggi risulta ancora più rilevante a causa di una progressiva riduzione degli investimenti pubblici nel tempo.
Anche il cofinanziamento di parte pubblica degli investimenti infrastrutturali è passato da circa il 90% degli anni 80 e 90 al 50% degli anni duemila e sulla base delle ultime stime si ritiene che nei prossimi anni non sarà superiore al 30% del totale.
Se da una parte questo dato fa riflettere sulla rilevanza che oggi hanno i progetti di partenariato pubblico privato in un contesto di scarsità delle risorse pubbliche, per Corsini appare altresì «di tutta evidenza l’essenzialità di reincrementare il finanziamento pubblico agli investimenti infrastrutturali per la competitività e crescita del Paese».
Non solo: «Nel campo delle infrastrutture non esistono alternative reali alla crescita delle capacità delle amministrazioni pubbliche». Corsini lo dice rimarcando come la Pubblica Amministrazione abbia subito negli anni «un impoverimento di competenze tecniche, perseguendo prioritariamente il rispetto di procedure sempre più involute e perdendo di vista la ricerca del risultato, vero obiettivo dell’azione amministrativa».
Il convegno ha dunque evidenziato per l’Italia l’eventualità, in via di possibile concretizzazione – se verranno mantenute le promesse sugli impegni infrastrutturali – di recuperare il terreno perduto in questi anni, guadagnando in competitività e occupazione.
Anche il porto di Livorno ha le sue sfide da affrontare e vincere, come ha avuto modo di sottolineare in apertura di convegno il sindaco di Livorno, Luca Salvetti: «Livorno non ha più la possibilità di gestire i propri problemi con troppa calma. Abbiamo fretta di fare tutto il necessario perché il porto non diventi uno scalo regionale ma rimanga un hub strategico nel Mediterraneo».