Il Coronavirus ha colpito praticamente tutto l’intero pianeta, modificando gli stili di vita dei popoli e le relative connessioni sia con le industrie di produzione che con il mondo dei servizi, e in particolare, con quello dei trasporti.
A causa del blocco delle produzioni industriali, della riduzione degli autisti disponibili e della minore presenza dei vettori stranieri nel traffico internazionale, l’autotrasporto, notoriamente dominante nell’economia italiana, ha registrato flessioni nell’ordine del 30% medio (fonte ANAS).
Il trasporto intermodale ferroviario, pur risentendo anch’esso delle sopravvenute limitazioni di mercato, ha dimostrato invece una insolita vitalità, dovuta all’indiscutibile vantaggio di poter trasportare enormi quantità di merce con poche persone.
Infatti, mentre per far viaggiare una partita di 34 semirimorchi occorrono su strada 34 motrici e 34 autisti, per trasportare lo stesso carico via treno bastano uno o due macchinisti (due assurdamente solo in Italia) e un numero assai esiguo di addetti alla linea e alla circolazione.
Prima dell’ avvento della pandemia, il volume di merce trasportato su ferrovia ammontava a 97 milioni di tonnellate annue, di cui 60 milioni in modalità combinata strada/rotaia. Particolarmente rilevante era la quota internazionale, con 62 milioni di tonnellate in import/export.
Nel traffico nazionale permane una buona vitalità legata principalmente alle attività delle compagnie private aderenti a FerCargo, che realizzano treni fra il Nord Italia, il Lazio, La Campania e la Puglia. In ambito internazionale appaiono in buona salute i traffici transalpini di transito attraverso la Svizzera e l’Austria, mentre in ambito europeo si riscontrano iniziative di notevole portata come quella di DB Cargo, che in Germania ha garantito la funzionalità di tutte le relazioni.
Anche l’imprenditoria cinese guarda con grandissimo interesse al traffico intermodale ferroviario, considerandolo in particolare come una alternativa al cargo aereo e, in parte, al trasporto marittimo. Nel mese di marzo i volumi di traffico tra Pechino e l’Europa, e viceversa, sono aumentati del 36%, con un coefficiente di riempimento dei treni che è quasi arrivato al 100%.
E’ interessante notare come parte del materiale trasportato sia di tipo sanitario. Questa novità, legata alla situazione di emergenza nella quale ci troviamo a vivere, sta sicuramente contribuendo a dinamicizzare le interconnessioni. A titolo di esempio si segnala come l’ impresa ferroviaria austriaca Rail Cargo Group abbia attivato una connessione fra Melzo e Xi’an in Cina con frequenza settimanale e transit time di 14 giorni. Il 15 aprile scorso è inoltre arrivato a Duisburg (Germania) il primo treno da Wuhan, primo centro origine dell’epidemia, con cadenza bisettimanale e transit time 18 giorni.
La verità è che il Covid-19 sta modificando non poche realtà nei sistemi di trasporto merci fino ad ora considerati come punti di riferimento. L’Union Internationale Chemin de Fer di Parigi (UIC), l’ente più importante a livello mondiale per il traffico ferroviario, ha avviato in collaborazione con il think thank Infrastructure Economics Centre una indagine per mappare la situazione e definire gli scenari del trasporto ferroviario di qui al 2030.
Sulle basi delle prime proiezioni pare plausibile attendersi una crescita importante dell’ utilizzo della modalità di trasporto su ferro per i collegamenti tra l’Europa e la Cina, con un totale di container trasportati che potrebbe toccare quota 2 milioni di TEU all’anno. Lo studio evidenzia che il traffico tra la l’impero del Dragone e il Vecchio Continente sarà sicuramente maggioritario, anche considerato il grande interesse dell’export cinese.
Questi numeri mettono in luce le potenzialità di una modalità di trasporto che non conosce crisi e che pare anzi essere stata favorita dal Coronavirus. Sin dall’inizio della pandemia, gli addetti ai lavori hanno evidenziato alle Autorità come il trasporto intermodale fosse la soluzione più sicura per contenere l’epidemia e sostenere l’economia di un paese. Per ottenere risultati tangibili occorre però garantire l’efficienza e la funzionalità dell’infrastruttura ferroviaria lungo le principali direttrici europee.
Non è un caso che diversi attori istituzionali, e be 12 associazioni di categoria – tra cui l’International Union for Road/Rail Combined Transport (UIRR) – abbiano firmato nelle scorse settimane una petizione all’UE chiedendo una soluzione comune per privilegiare la modalità di trasporto intermodale.
In particolare, è stata rilevata la necessità di evidenziare, attraverso una comunicazione adeguata, il ruolo strategico dell’intermodalità in rapporto all’emergenza in atto, scongiurando blocchi del trasporto ferroviario e prevedendo azioni di sostegno per limitare il costo del lavoro, utilizzando ad esempio sistemi amministrativi già collaudati quali il Ferrobonus e il Marebonus.