L’idrogeno e l’ammoniaca rappresentano una scommessa per il futuro. Ma, attenzione, il passaggio a questi carburanti alternativi non sarà veloce né indolore. Il Capo servizio Tecnica Navale Sicurezza Ambiente di Confitarma, Fabio Faraone, interviene a tutto campo sulle sfide della decarbonizzazione.
Secondo la Sua esperienza, che tipo di evoluzione avrà la questione dei carburanti alternativi dal lato pratico? Le vecchie strutture e organizzazioni che ruotano intorno ai porti e alle navi come si evolveranno dal punto di vista tecnico e sarà un processo lungo?
Il lato operativo (o pratico che dir si voglia) è senz’altro l’ostacolo maggiore. Si parla di idrogeno o ammoniaca, ma vanno tenuti ben presenti una serie di fattori. Si tratta di combustibili – o vettori energetici che dir si voglia – che devono essere gestiti con attenzione: la pericolosità dell’idrogeno è nota quanto la tossicità dell’ammoniaca. L’idrogeno ha densità energetica piuttosto bassa e inoltre il suo immagazzinamento, trasporto ed utilizzo pongono problemi di sicurezza legati alla possibilità di combustioni accidentali.
Riguardo all’ammoniaca l’energia prodotta da tale combustibile è meno densa di quella del petrolio, il che significa che le navi consumeranno fino a 5 volte più carburante in volume. Pur presentando la criticità della tossicità ha però il vantaggio di poter essere movimentata con maggior facilità.
Il passaggio a tali carburanti alternativi comporta dunque la necessità di un doppio adeguamento – lato mare e lato banchina – in quanto si tratta di prodotti con caratteristiche profondamente diverse da quelle dei combustibili tradizionali; senza dimenticare che anche il personale dovrà essere adeguatamente formato.
Pertanto, la risposta al quesito è: sarà una transizione non semplice dal punto di vista operativo e i tempi di adeguamento, specie a livello globale, non saranno brevi.
A giugno il Consiglio dei Ministri dei Trasporti europeo ha approvato le tre proposte di Regolamento del pacchetto europeo “Fit for 55” in materia di infrastrutture per i carburanti alternativi. I testi devono ancora passare alla fase successiva tra Parlamento, Consiglio e Commissione Europea, ma in particolare per il settore marittimo è stato messo a punto il Regolamento Fuel EU Maritime. Se il regolamento venisse approvato senza ulteriori modifiche e venisse recepito dall’Italia nella sua interezza, che cosa comporterebbe dal punto di vista pratico per il settore?
Relativamente alla proposta di Regolamento sull’uso di combustibili rinnovabili a basse emissioni di carbonio nel trasposto marittimo – Fuel EU Maritime – Confitarma ha assunto una posizione ufficiale producendo un position paper in cui ha evidenziato le proprie perplessità riguardo ai seguenti punti: standard dei combustibili, finanziamenti per ridurre il divario tra fuel convenzionali e rinnovabili, sistema di raccolta dati e onshore power supply.
Ci sarebbe il rischio che alcuni fornitori di carburante non europei possano fornire carburanti più puliti solo su carta, in quanto non soggetti a ispezioni o non vincolati dal diritto europeo. Pertanto, la responsabilità giuridica del rispetto degli standard dovrebbe spettare ai fornitori di carburante dell’UE, così come avviene in altri settori.
È essenziale che i limiti per i combustibili imposti dalla proposta FuelEU siano pienamente allineati a tutte le future norme sui combustibili concordate in sede di IMO.
Invece di utilizzare l’attuale sistema di raccolta dati per il monitoraggio, la comunicazione e la verifica (MRV) delle emissioni di CO2 del settore marittimo, la proposta introduce un sistema separato per la comunicazione e la verifica dei dati ai fini del regolamento FuelEU. Qualsiasi doppia comunicazione e verifica dei dati dovrebbe essere evitata e le informazioni necessarie richieste dal regolamento FuelEU dovrebbero essere integrate nell’attuale sistema di raccolta dati per il regolamento EU MRV.
La proposta introduce l’obbligo a partire dal 2030, per le navi passeggeri e le navi portacontainer di utilizzare l’alimentazione elettrica a terra (OPS) quando siano ormeggiate in un porto europeo per più di due ore. Ma l’infrastruttura portuale sarà disponibile?
Il Rapporto intitolato “La decarbonizzazione dei trasporti – Evidenze scientifiche e proposte di policy” elaborato dagli esperti della Struttura Transizione Ecologica della Mobilità e delle Infrastrutture (Stemi) del MIMS ‘boccia’ il gas naturale liquefatto come carburante del futuro per il trasporto marittimo in Italia. Da tecnico del settore ci può dire quali sono le strategie allo studio per ovviare alle difficoltà pratiche di diffusione dei nuovi carburanti?
Di ammoniaca e idrogeno abbiamo già parlato; aprirei una parentesi sul GNL. Si guarda al GNL come al combustibile per la transizione (con riferimento, in particolare, al bio-metano o alla produzione di un GNL green), ma vanno tenuti presenti alcuni fattori – oltre a quelli logistico-infrastrutturali sopra evidenziati: le unità alimentate con GNL costano circa il 20% in più rispetto a quelle tradizionali, inoltre il GNL è considerato – ad esempio a livello di tassonomia – come un combustibile comunque fossile.
La rete di approvvigionamento di GNL, in Italia (le stazioni di rifornimento per le navi) è insufficiente se non praticamente inesistente. L’Italia nei decenni passati non ha investito sulla creazione di un’infrastruttura adeguata e questo ritardo incide non solo sulla transizione ecologica ma anche sulla competitività del sistema.