Il ruolo di connessione dei processi produttivi globali assunto dallo shipping nell’ultimo mezzo secolo, dal consolidamento della “rivoluzione del container” alle successive evoluzioni nel settore bulk carrier, ro-ro, energetico e crocieristico, ha portato con sé una esponenziale specializzazione delle unità navali che ha coinvolto la natura stessa del lavoro marittimo. Ne è emersa la necessità da parte delle compagnie armatrici di poter contare su equipaggi adeguatamente formati e in grado di supportare in modo efficiente tutte le operazioni di bordo con le relative specificità.
Nasce principalmente da tale esigenza l’ambito peculiare dell’addestramento delle gente di mare, regolato internazionalmente dalla Convenzione STCW (Standards of Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers) che stabilisce standard di formazione, certificazione e tenuta della guardia per i marittimi.
Adottato nel 1978 ed entrato in vigore nel 1984, il Codice – che prevede sia disposizioni obbligatorie sugli standard di addestramento sia raccomandazioni – è stato emendato nel 1995 e nel 2010 proprio per rispondere ad un contesto di riferimento – tecnologico, operativo, economico – in rapida trasformazione. L’adozione delle nuove tecnologie digitali, l’emergere di processi operativi sempre più integrati, il cambio di prospettiva dettato da una nuova sensibilità in tema di sostenibilità sono solo alcuni degli elementi che hanno contribuito negli ultimi anni ad una affannosa rincorsa delle normative internazionali a regolamentare lo stato dell’arte. Si pone anche in questo settore, quindi, il paradigma del “capitale umano” e della sua valorizzazione attraverso i processi di “life long learning”.
È questa la mappa di riferimento su cui vanno incentrate le attività di formazione, a partire dal ribaltamento copernicano che riguarda la figura stessa del marittimo, considerato come “asset strategico” della compagnia. Se la sfida risiede nell’aggiornare continuamente il sistema di conoscenze e competenze del lavoratore allora diventa necessario costruire metodologie, strumenti e contenuti adeguati alla bisogna. Con un corollario che cambia, anche in questo caso, l’ordine tradizionale dei fattori: l’attività di formazione diventa servizio mirato più alle compagnie che al singolo marittimo. Di più. Dalla preparazione e specializzazione del singolo lavoratore del mare si può passare ad un innalzamento generalizzato degli standard qualitativi del singolo sistema portuale preso in considerazione.
Per raggiungere quest’obiettivo non bastano però solo grandi investimenti in tecnologie, infrastrutture e personale docente. È necessario perseguire una alleanza strategica tra compagnie, enti formativi e istituzioni per la messa a punto di portafogli di competenze in grado di rispondere in anticipo ai cambiamenti.
Un obiettivo sfidante è quello di riuscire a mettere a punto un sistema di gestione delle procedure che consenta il monitoraggio continuo del personale sia rispetto all’azienda, sia rispetto ai clienti. È infatti interesse condiviso di tutto il comparto che i marittimi possano contare su un bagaglio di preparazione operativa spendibile su un contesto globale, le compagnie marittime su un sistema di certificazione in grado di interpretare in modo fluido la realtà in trasformazione, i centri di formazione sul riconoscimento di un servizio in linea con i bisogni effettivi e le autorità su strumenti di studio e analisi che favoriscano il dialogo sui tavoli istituzionali nazionali e internazionali.
Il traguardo finale sarà la messa a punto di Port Managment Assesment incentrati sulle singole realtà portuali: strumenti validabili e valutabili, capaci di accrescere la competitività di tutti i segmenti della filiera dello shipping che coinvolgendo l’intera filiera – dai servizi tecnico-nautici all’autorità marittima, dagli enti portuali ai centri di formazione, dal marittimo alla compagnia.