Focus

Porti di vista

La lezione belga

di Marco Casale

Una nuova Autorità di Sistema Portuale potrebbe presto vedere la luce. Non in Italia ma in Europa, nel cuore pulsante del Vecchio Continente.

Anversa e Zeebrugge starebbero infatti valutando la possibilità di creare un’unica realtà, ribattezzata col nome di Port of Antwerp-Bruges. Il processo di unificazione, soggetto all’approvazione delle Autorità in materia di Concorrenza, potrebbe concretizzarsi nell’arco di un anno. La trattativa, stando a quanto dichiarato dagli stessi presidenti delle due Autorità Portuali, sarebbe in fase avanzata di conclusione.

I due scali portuali distano appena 100 km l’uno dall’altro e insieme potrebbero diventare uno dei più importanti porti container europei, con una movimentazione complessiva di 278 milioni di tonnellate di merce e 13,8 milioni di TEU all’anno.

A volere il merger sono le due stesse città portuali.  I container movimentati da Anversa sono aumentati del 6,8% nel 2019, a 11.9 milioni di TEU, mentre il più piccolo porto di Zeebrugge ha movimentato 1,8 milioni di TEU. Rotterdam, il più importante porto del Vecchio Continente, ha movimentato 14,8 milioni di TEU.

Lo scalo di Anversa ha inoltre una solida vocazione per il traffico in break bulk, mentre lo scalo di Zeebrugge è un punto di riferimento nel segmento del traffico rotabile e nel trasporto di GNL. Nelle intenzioni delle due parti, il merger consentirebbe al nuovo Sistema Portuale di rispondere più velocemente ai nuovi trend in via di sviluppo nel campo della transizione energetica, dell’innovazione e nella digitalizzazione.

«Unendo le forze potremmo veramente diventare un porto globale» ha dichiarato il presidente dell’Antwerp Port Authority, Annick De Ridder. «I due scali sono complementari. Lavorando insieme potrebbero diventare ancora più resilienti alle sfide esterne».

Dello stesso tenore le affermazioni del responsabile della Zeebrugge Port Authority, Dirk De fauw: «Se ci unissimo saremmo in grado di movimentare più merce e di farlo meglio».

La nuova super Authority vedrebbe De Ridder e De fauwn vestire rispettivamente il ruolo di presidente e vice presidente della struttura, con il ceo dell’AP di Anversa, Jacques Vandermeiren, pronto a svolgere l’incarico di chief executive della Struttura.

«L’inevitabile è stato deciso – ha dichiaro il professore universitario dell’ITMMA Theo Notteboom, in un post pubblicato su Linkedin – le due port authority hanno ormai avviato il merger. Il processo di fusione rispecchia una tendenza in atto da tempo nella Regione: qualche anno fa è nato il North Sea Port, grazie all’unione dei porti di Ghent, Terneuzen and Flushing e, più recentemente, Le Havre, Rouen e Parigi hanno annunciato l’intenzione di integrarsi in un nuovo soggetto, chiamato Haropa, che vedrà la luce questa estate».

Per l’avvocato marittimista Davide Santini «la notizia della fusione sottolinea la tendenza dei porti del nord a fare sistema. Un sistema vero che passa per la concentrazione e la fusione delle Port Authority. In particolare tra Anversa e Zeebrugge in Belgio e tra Le Havre, Rouen e Parigi in Francia nell’ottica della funzionalità e dell’aumento della massa critica».

Non è un caso che già nel lontano 2009 lo stesso Theo Notteboom, assieme a Peter W. De Langen, dell’Università di Eindhoven, avesse pubblicato uno studio intitolato “Different Geographical and Functional Levels of port Competition in Europe”, nel quale sottolineava la necessità di studiare nuove strategie di sviluppo che favorissero politiche trasversali di crescita economica attraverso la promozione di un raccordo tra pubblico e privati all’interno di un contesto territoriale macro-regionale ( i due studiosi usavano il termine di “multi-port gateway regions”).

Lo studio veniva spesso citato da Giuliano Gallanti, quando, allora presidente dell’Autorità Portuale di Livorno, interveniva a convegni internazionali dedicati alla portualità: «La posizione geografica di un Paese, per quanto possa essere strategica, non assicura più ad un porto la fedeltà delle compagnie di navigazione» affermava l’avvocato dei moli. «Oggi non è più così. Un porto che vuole sperare di attrarre le mega-carrier e sviluppare i propri traffici deve prima di tutto sapersi posizionare nell’ambito di un efficiente hub intermodale o di un’area logistica integrata».

Detto in parole povere: non ha più senso parlare di competizione tra porti ma tra supply chain. L’Italia sarà in grado di fare tesoro della lezione belga? Santini invita il legislatore a sviluppare una seria riflessione sul tema: «Potremmo cominciare a ragionare sul fatto che 16 sistemi portuali possono essere troppi per il nostro Paese e che molta, troppa differenza passa tra sistema e sistema e tra porto e porto. Certe realtà non hanno nulla del sistema se non i confini tracciati sulla carta geografica».

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