Interventi

Portualità ed efficienza

La via della semplificazione

di Stefano Corsini

Presidente Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale

Nel periodo peggiore della pandemia il sistema portuale ha dimostrato di essere un solido snodo del tessuto produttivo. I porti sono infatti rimasti sempre aperti grazie alla professionalità e alla abnegazione dei lavoratori portuali.

Ma la capacità di reazione alle avversità propria del nostro popolo non può bastare da sola a rendere il sistema portuale il fulcro resiliente a salvaguardia del sistema produttivo che ha dimostrato di poter essere.

Serve un progetto di rete logistica di sistema e la celere realizzazione delle relative infrastrutture. Obiettivo per raggiungere il quale occorre però semplificare ulteriormente, e di molto, le procedure di pianificazione e approvative dei progetti e le procedure di gara.

Non mancano le risorse economiche ma la fiducia nei tecnici e amministratori, che pur funzionari pubblici sono soggetti a controlli di molti altri enti anche essi pubblici. Il modello decisionale andrebbe rivisto separando nettamente le competenze. La sottoposizione dell’AdSP all’eccessivo controllo di altri soggetti pubblici, operanti nella maggior parte dei casi tramite personale meno qualificato, in forza di un modello in cui tutti devono dire la propria, sta generando costi elevatissimi e un aggravio dei tempi connessi all’approvazione dei progetti di sviluppo infrastrutturale.

Dovremmo ispirarci al mondo anglosassone dove le attività professionali sono affidate, prima che a norme di legge e a controlli preventivi, a manuali e linee guida cui afferisce la responsabilità di progettisti e operatori. Una volta approvata la pianificazione, con il concorso di tutti quelli che devono partecipare, le cose si dovrebbero fare e basta, con progetti approvati dal solo soggetto responsabile della realizzazione!

E per farle presto è necessario poi anticipare il momento della gara di appalto alla fase di progetto di fattibilità tecnico economica. Fase, questa, sufficiente a garantire la corretta allocazione, tra amministratore ed esecutore, del residuo rischio di progettazione dell’opera. Tutto ciò va tradotto in semplificazioni normative che richiedono un secondo “giro” in Parlamento.

In altri ambiti la gestione portuale è poi regolata da norme confuse, incoerenti e dal contenuto oscuro. Convivono la legge 84/94 riformata dal 2016 e il Codice della Navigazione del 1942 con il suo coevo regolamento, assieme a una produzione di normativa secondaria e circolari ministeriali che costringono l’operatore pubblico a equilibrismi quotidiani per risolvere dubbi interpretativi che la maggior parte delle volte vengono dai destinatari dei provvedimenti devoluti al TAR.

Ma il peggior effetto di questo fenomeno è l’incertezza che si genera negli operatori economici potenzialmente interessati ad investire, che vedono nel rischio regolatorio e nella periodica discontinuità della governance il peggior nemico, capace di vanificare ogni pianificazione pur connotata dall’ordinario rischio di impresa.

Serve uno sforzo per produrre un testo unico delle norme che regolano la attività portuale che riporti il tutto a un unicum coerente, moderno e soprattutto semplice.

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