Manca ormai una settimana all’inizio dello sciopero che a partire dal primo ottobre bloccherà l’operatività dei principali porti della costa orientale statunitense, con chiare ricadute negative sulla catena di approvigionamento globale.
Nessuna schiarita sembrerebbe all’orizzonte sul fronte delle trattative e ieri in una nota stampa il sindacato dei lavoratori, The International Longshoremen’s Association, ha fatto ben capire quale sia il punto di rottura: “L’United States Maritime Alliance (USMX) continua ad offrirci un aumento salariale che riteniamo inaccettabile” afferma il presidente internazionale dell’ILA, Harold J. Daggett, sottolineando che “i membri della ILA non accetteranno queste offerte offensive, soprattutto alla luce del lavoro svolto dai lavoratori portuali e dei profitti di miliardi di dollari che le aziende ricavano dal loro lavoro”.
Destituita di fondamento è, secondo l’ILA, la vulgata che assegna al sindacato una grossa fetta di responsabilità per il mancato raggiungimento di un accordo con il datore di lavoro: “Ci accusano, ingiustamente, di fare richieste irricevibili, di pretendere un aumento del 77% del salario in sei anni ma è una falsità” chiarisce Dagget.
“Ingannare il pubblico con calcoli fuorvianti non vi aiuterà a raggiungere un accordo”, afferma ancora il n.1 dell’ILA rivolgendosi all’USMX. “Un aumento salariale di 5 dollari l’ora per ogni anno di un contratto equivale solo ad un aumento medio annuo di circa il 9,98%” aggiunge.
“I miei iscritti all’ILA sono altrettanto bravi in matematica quanto qualsiasi altra azienda”, prosegue. “Sono ben consapevoli dei profitti realizzati dalle aziende per cui lavorano e sono ancora più motivati a scendere in piazza il 1° ottobre se non ottengono il tipo di aumento salariale che credono fermamente di meritare”.
Ieri, l’USMX ha reso nota quale sia la propria posizione: “Nonostante l’impegno profuso nella ricerca di un accordo quadro, non ci sono oggi le condizioni per programmare un nuovo incontro con l’ILA. Siamo disponibili a trattare in qualsiasi momento, ma entrambe le parti devono sedersi al tavolo se vogliamo raggiungere l’intesa. Purtroppo non vi è alcuna indicazione che l’ILA sia interessata a negoziare in questo momento”.
L’UMSX ha aggiunto che “Il nostro obiettivo rimane lo stesso: vogliamo contrattare ed evitare uno sciopero, ma il tempo stringe”.
Già, il tempo stringe. Tanto più che, almeno per questa volta, non ci sarà alcun Deus ex Machina a imporre la pace ai due contendenti. L’amministrazione Biden, che a dicembre del 2022 intervenne di imperio per chiudere la vertenza per il rinnovo contrattuale tra le aziende ferroviarie del trasporto merci e dodici organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori del settore, macchinisti, tecnici, e altre figure professionali, ha già comunicato che per questa occasione non invocherà il Taft-Hartley Act, la legge che concede ai presidenti il potere di imporre un periodo di riflessione di 80 giorni durante le controversie di lavoro che minacciano la sicurezza nazionale.
Secondo i funzionari, Washington preferirebbe incoraggiare i negoziati piuttosto che a forzare una risoluzione. Ma le speranze di una risoluzione dell’impasse si fanno ogni giorno più esigue.
In un post pubblicato nei giorni scorsi, Linerlyitica ha fatto sapere che lo sciopero potrebbe aumentare notevolmente i problemi di congestione a livello globale, con gravi ripercussioni, in particolar modo, per i porti di Los Angeles e Long Beach.
Nel mese di agosto i due più importanti scali portuali del Pacifico sud-occidentale hanno movimentato 1,87 milioni di TEU, si tratta del secondo volume mensile più alto mai registrato da questi due porti al di fuori del periodo pandemico. I volumi attuali superano già gli 1,67 milioni di TEU movimentati nel gennaio 2022, quando la congestione nella Baia di San Pedro ha raggiunto il livello record di 740.000 TEU. Ed è chiaro che la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente se gli importatori dovessero scegliere di deviare sulla costa occidentale la maggior parte del carico originariamente verso i porti della Costa Orientale e del Golfo.
La congestione dei porti a livello globale è aumentata durante la scorsa settimana a oltre 3 milioni di TEU. Si tratta del 9,9% della flotta globale. Linerlytica avverte che l’attuale livello di congestione è il più alto mai registrato al di fuori del periodo pandemico COVID. L’aumento è dovuto principalmente ai livelli di affollamento navale raggiunti nei porti di Shanghai e Ningbo a seguito delle devastazioni del tifone Bebinka, che si è esteso anche ad altri porti asiatici. La congestione continua inoltre a colpire anche i porti dell’America Latina, dove si registrano tempi di attesa fino a 5 giorni nei porti del Messico, Brasile e in diversi porti dei Caraibi.
Intanto, in vista del possibile sciopero, la Federal Maritime Commission ha fatto sapere che terrà un faro acceso sui comportamenti dei carrier. “Si ricorda che i regolamenti stabiliti dalla FMC rimarranno in vigore anche durante il periodo di blocco operativo dei porti della East Coast e del Golfo” sottolinea.
“La Commissione sta ordinando al suo Bureau of Enforcement, Investigations, and Compliance di indagare su eventuali segnalazioni di comportamenti illeciti. La FMC perseguirà i trasgressori nella misura massima consentita dalla legge” avverte l’antitrust americana. “I vettori comuni e gli operatori di terminali marittimi (MTO) devono continuare a rispettare tutti i requisiti legali e normativi, comprese le norme che disciplinano le tariffe, i contratti di servizio, gli orari degli MTO, l’applicazione e la fatturazione delle tariffe di detention&demurrage, che devono essere ragionevoli, chiaramente definite e servire a uno scopo specifico e misurabile”.
Il messaggio della FMC è chiaro: le compagnie armatoriali non potranno lucrare sulla situazione di difficoltà che si verrà a creare a seguito dello sciopero.