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Fit for 55, le ricadute sul trasporto marittimo

L’effetto boomerang dell’ecologismo

di Redazione Port News

La sostenibilità ambientale non può essere promossa a danno delle compagnie di navigazione. Occorre tenere conto degli interessi e delle esigenze del settore marittimo nella sua interezza.

In estrema sintesi, è questa la conclusione cui perviene lo studio legale Advant Nctm, attraverso un contributo firmato dagli avvocati Simone Gaggero e Luca Brandimarte (Assarmatori) e focalizzato sulle implicazioni che il “Pacchetto clima Fit for 55” avrà sul trasporto marittimo.

Le proposte principali che indirizzano l’UE in materia di clima e trasporti sono state enumerate nello studio. La prima, forse la più importante, è quella della inclusione del trasporto marittimo nell’Emissions Trading System (EU-ETS), il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione Europea.

Misura attraverso la quale l’UE vorrebbe obbligare le imprese di navigazione ad acquistare quote di emissioni da utilizzare a copertura della propria quota-parte di emissioni per l’anno di riferimento (potendo eventualmente anche venderle ad altri soggetti interessati), oppure da utilizzare per l’anno successivo.

«Se da un lato il regime delle quote mira ad una riduzione delle emissioni attraverso la leva economica  combinata con una progressiva diminuzione delle quote stesse disponibili, dall’altro v’è il tema che le imprese di navigazione, a causa di un quadro tecnologico ed infrastrutturale indipendente dalla propria volontà, possano non avere la possibilità di modificare il proprio piano energetico ed essere, per contro, soggette al mero pagamento delle quote» scrivono i due autori.

«La soluzione – continuano – rischia di tradursi in un sensibile aumento dei costi del trasporto a causa del quale risulterebbe molto difficile per le compagnie far fronte agli investimenti necessari ad una reale transizione energetica».

Allo stesso modo, lo studio legale Advant NCTM solleva ragionevoli dubbi sull’efficacia dell’iniziativa FuelEu Maritime, attraverso la quale l’UE intende introdurre nuovi obblighi per le navi in arrivo o in partenza dai porti dell’Unione, limitando il tenore di gas a effetto serra dell’energia che esse usano.

Il problema, in questo caso, non è dato tanto dalla bontà della proposta (in linea di massima, i carrier sono incentivati ad usare carburanti puliti) ma dalle tempistiche. Infatti, i due autori precisano che i combustibili usati dalle navi dovranno diminuire la loro intensità di gas serra di una certa percentuale rispetto al 2020 (assunto come riferimento) a partire dal 2025, con aumento su base quinquennale fino al 2050.

«L’obbligo di raggiungere prefissate quote di fuel alternativi in assenza di certezze tecnologiche e di approvvigionamento risulterebbe, ancora una volta, punitivo nei confronti di un comparto che si vedrebbe sostanzialmente comminare delle sanzioni per colpe talvolta non proprie, con ulteriori aggravi economici a detrimento dello sviluppo e del rinnovo delle flotte» scrivono gli avvocati Gaggero e Brandimarte.

Particolarmente critica è, poi, la posizione degli autori sull’ipotizzata revisione della direttiva europea Energy Taxation Directive (ETD). In termini pratici, la proposta prevede che a partire dal 1° gennaio 2023 vengano di fatto eliminate le esenzioni dal pagamento delle accise sui carburanti marini oggi previste dalla direttiva.

Nella sostanza, saranno tassati il fuel pesante, il gasolio marino, il GNL ed il GPL (questi ultimi due con aliquote ridotte fino al 2033).

Secondo i due avvocati, «questa proposta apre la strada all’introduzione di accise sui combustibili navali, con potenziali ricadute pesanti sui costi delle imprese di navigazione e quindi del trasporto marittimo globalmente inteso».  Ciò che, al contrario, sarebbe opportuno, è invece «l’estensione dell’esenzione anche al GNL» concludono.

L’ultima delle proposte prese in esame nel report è quella relativa all’adozione di un nuovo regolamento per la realizzazione di una infrastruttura per i fuel alternativi (L’Alternative Fuels Infrastructure Deployment o AFID).

In sostanza, l’UE vorrebbe in questo caso assicurarsi la realizzazione nell’UE di infrastrutture indispensabili per la ricarica e il rifornimento di mezzi di trasporto più green, incluse le navi. Nella proposta, risultano incluse l’infrastruttura per la distribuzione del GNL nei porti e quella per la fornitura da terra dell’energia elettrica alle navi in sosta nei porti (il cold-ironing).

«La misura potrebbe avere dei risvolti positivi – si legge nel report – ma è essenziale accelerare sulla realizzazione delle rete di distribuzione del GNL. Ciò per consentire alle navi di poter usufruire quanto prima su larga scala di questo combustibile».

In tema di cold-ironing, invece, «dovrebbe essere reso economicamente comparabile il costo della corrente elettrica prelevata da terra con quello della corrente elettrica autoprodotta a bordo dalla nave, che oggi risulta significativamente inferiore».

Secondo Advant NCTM le misure descritte, che dovranno essere discusse con il Parlamento Europeo e con gli Stati membri, potrebbero segnare l’avvio di politiche più aggressive sulle emissioni e sulla de-carbonizzazione del settore dei trasporti marittimi.

La vera battaglia si giocherà senz’altro a Bruxelles, concludono Gaggero e Brandimarte. Sarà quello il luogo nel quale «le autorità competenti a livello nazionale, così come gli stakeholder interessati, cercheranno verosimilmente di spiegare all’Europa che iniziative come quelle qui esposte, più che condivisibili nelle loro finalità, devono comunque tenere conto anche degli interessi e delle esigenze del nostro settore».

L’obiettivo è quello «di evitare l’adozione di soluzioni che comportino il rischio di innescare un processo estremamente penalizzante per il settore marittimo-portuale nel nostro Paese».

Non solo, il rischio è anche quello di favorire «un’alterazione del livello di concorrenza tra le imprese di trasporto operanti in Europa e le altre imprese globali, che, non scalando porti europei, sfuggirebbero alle nuove e più restrittive regole, rischiando di ridurre in modo significativo anche i flussi di traffico e le attività portuali nel continente europeo e, in particolare, nel nostro Paese».

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