Si prevedono tempi difficili per i porti. Il moltiplicarsi delle azioni sindacali in risposta all’aumento dell’inflazione: a Felixstowe e Liverpool, in Inghilterra, ma anche in Germania, sta mettendo sottopressione le catene di approvigionamento, già messe a dura prova durante il periodo pandemico.
Mentre gli analisti temono un scivolamento in zona recessione di molte economie nazionali, a cominciare da quella tedesca, a causa di un contesto caratterizzato da inflazione elevata e crescita ridotta, da difficoltà nella catena logistiche e da pressioni dovute alla guerra in Ucraina, in particolare nel settore energetico, gli scioperi nei porti britannici e in quelli del Vecchio Continente rischiano di aggiungere nuova benzina sul fuoco.
«Anche le più piccole interruzioni delle operazioni portuali possono avere un forte impatto sull’efficienza della rete delle linee di container e causare un effetto domino su e giù per le catene di approvvigionamento», afferma Christian Roeloffs, CEO e co-fondatore di Container xChange.
Lo sciopero più noto, quello nel porto di Felixstowe, ha coinvolto ben 1900 lavoratori ed è iniziato il 21 agosto scorso. Si prevedono otto giorni di picchetti in banchina e blocchi operativi come risposta al mancato raggiungimento di un accordo con la parte datoriale sull’adeguamento del salario all’attuale tasso di inflazione.
Le compagnie di navigazione sono subito corse ai ripari, tagliando il più importante porto gateway del Regno Unito dai propri servizi di linea o reinderizzando i container in porti alternativi, sia dell’UK che del Nord Europa.
Secondo quanto riporta Container XChange, lo sciopero aggiungerà nuove sfide a quelle che il porto di Felixstowe, e tutta l’economia britannica, stanno già affrontando.
Negli ultimi due anni, lo scalo inglese ha infatti già sofferto dei noti problemi di congestione che hanno messo sotto stress la tenuta operativa di molti altri scali portuali (primi fra tutti, quelli americani di Los Angeles e Long Beach).
Prendendo a riferimento il Container Availability Index (CAx) di Container xChange, la lettura media di CAx di Felixstowe per gran parte del 2022 è stata di circa 0,9, una delle più alte in Europa. Una lettura CAx superiore a 0,5 indica un’eccedenza di contenitori mentre una cifra inferiore a 0,5 indica una carenza.
«La lettura dell’indice di disponibilità dei container di Felixstowe suggerisce che gli operatori dei terminal e i vettori hanno probabilmente avuto difficoltà a liberare le aree di stoccaggio dai container, in particolare da quelli vuoti, anche prima dell’inizio dello sciopero» spiega Roeloffs, sottolineando come queste interruzioni alla catena logistica rischino di avere un impatto negativo sui servizi marittimi intra europei e su quelli tra l’Asia e l’Europa.
Anche i dockers del porto di Liverpool hanno votato per lo sciopero, con l’obiettivo di ottenere una paga migliore, anche se i rappresentanti sindacali non hanno ancora confermato quando si svolgeranno le proteste.
«Se questi scioperi dovessero protrarsi nel tempo, è probabile che ci saranno effetti di ricaduta anche nel continente europeo» dichiara in un suo post il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jenesn: «Con scioperi così grandi è probabile che i vettori debbano scaricare nei principali hub, come Anversa e Rotterdam, le merci dirette in Regno Unito. Con l’immediato effetto di peggiorare ulteriormente i problemi di congestione esistenti nel Continente», oggi alimentati, peraltro, dall’attizzatoio delle numerose vertenze sindacali che in Estate hanno investito i porti tedeschi.
Al momento, infatti, non è ancora stato raggiunto un accordo tra il sindacato Ver.di e l’Associazione centrale degli operatori marittimi tedeschi (ZDS). Le trattative sono attualmente in corso. Il sindacato sta negoziando per i circa 12.000 lavoratori delle 58 aziende dislocate nei principali porti, tra cui Amburgo, Bremerhaven e Wilhelmshaven.
Container XChange sottolinea come queste azioni di protesta abbiano avuto tra le prime e immediate conseguenze quella di un accumulo di container nei terminal e nei depositi di stoccaggio. Cosa, questa, che ha finito con il creare nuove inefficienze operative, mettendo sotto stress l’intera catena distributiva europea.
Si tratta di un problema che è andato ad aggiungersi a quello, ben più preoccupante, della siccità, che in questi mesi ha colpito l’Europa, abbassando il Reno a un livello record dall’inizio del Secolo, e causando, così, gravi disagi alla circolazione delle merci e alla fornitura di acqua potabile.
L’impatto congiunto scioperi-siccità è stato dirompente. Il porto di Bremerhaven, ad esempio, ha visto il suo CAx passare da meno di 0,6 a Giugno a oltre 0,8 all’indomani degli scioperi. Ed è rimasto sopra 0,7 da metà luglio. Il porto di Amburgo ha anche registrato letture CAx simili, di oltre lo 0,8 dallo sciopero estivo.
Non si sa per quanto tempo ancora si protrarrà la situazione di insofferenza alimentata dal caro vita e dalla questione energetica, di sicuro c’è che gli scioperi renderanno più difficile districare le tensioni persistenti sulla logistica dei container.
«Sia chiaro, la colpa non è dei lavoratori» afferma Enrico Tortolano, coordinatore per l’International Transport Workers’ Federation della sezione portuali. «I portuali non vogliono essere in sciopero, preferirebbero di gran lunga lavorare. Purtroppo, i gestori rimangono inflessibili di fronte a ciò che sta accadendo là fuori, nel mondo reale» continua.
L’ITF denuncia quella che definisce «una incredibile avidità aziendale sulla scia di una crisi che colpisce tutti noi».
Per il presidente dell’Organizzazione, Paddy Crumlin, alcuni CEO hanno colto ogni opportunità per realizzare un rapido profitto senza pensare alle conseguenze a lungo termine: «Non stanno costruendo imprese sostenibili e rendono evidente ai lavoratori l’abisso spalancato tra ricchi e poveri in questo mondo. Un’estate di malcontento è il minimo che dovrebbero aspettarsi».