Interviste

Colloquio con Mario Mattioli

Ma come fanno i marinai

di Marco Casale

«In poco più di tre mesi l’economia marittima mondiale ha subito uno choc negativo di dimensioni enormi, mai sperimentato nel passato. Decine di migliaia di posti di lavoro persi nel settore delle crociere, operatività ridotta ai minimi termini sui collegamenti di piccolo cabotaggio e un calo medio del 25/30% dei volumi e del fatturato, con punte del 50/60%, se non addirittura del 100% nel caso delle crociere».

Il presidente di Confitarma, Mario Mattioli, compulsa i dati della grande crisi e si dice preoccupato per il futuro: «Nei giorni della ripartenza del Paese, il nostro settore attende ancora dal Governo le risposte di cui ha bisogno per sopravvivere. Aspettiamo con ansia il decreto aprile, che ora è diventato maggio, ma sappiamo già da ora che questa crisi sta proiettando ombre pesanti anche sul 2021. Ci vorranno anni prima che si possa tornare a una nuova normalità».

In questi mesi, la Confederazione Italiana degli Armatori non ha mai smesso di sostenere i propri associati e il settore in genere. «Il mio primo pensiero non può che andare ai 150 mila marittimi che avrebbero bisogno di un cambio immediato di equipaggio e che si trovano loro malgrado a dover lavorare oltre il periodo contrattuale, lontani da casa e dai loro familiari perché oggi è impossibile poter organizzare il loro avvicendamento per via della paralisi dei trasporti aerei e ferroviari».

Ma a soffrire non sono solo i seafarer, circa 1,2 milioni imbarcati su oltre 65 mila navi, ma tutto un comparto che si trova allo stremo delle proprie forze. «Credo si possa dare atto all’industria dell’armamento di non essersi mai fermata ma, anzi, di aver continuato ad assicurare i rifornimenti necessari di cui i Paesi hanno bisogno per sopravvivere».

In fondo, una cosa buona questo virus l’ha fatta: «Tutti si sono finalmente resi conto di come il trasporto marittimo sia uno degli anelli imprescindibili attraverso cui si muove la catena logistica».

Si tratta di un assioma di cui Mattioli vorrebbe fosse veramente consapevole anche il Governo, a cui chiede maggiore attenzione: «Confindustria ha affidato a un proprio vice presidente la delega specifica sul mare. Forse sarebbe il momento giusto perché lo Stato si dotasse di un Ministero del Mare o di un forte segretariato, magari presso la presidenza del Consiglio».

Il numero uno dell’Associazione lo dice senza voler polemizzare: «Abbiamo una interlocuzione costante e franca con il Ministro De Micheli – afferma – e siamo confidenti che, soprattutto grazie alla sua capacità e tenacia, diverse delle proposte che abbiamo presentato verranno accolte nel prossimo decreto di maggio».

L’associazione chiede una serie di interventi mirati che vanno dalla riduzione dei costi di approdo delle navi alla compensazione, totale o parziale, delle spese per i servizi portuali, sino al sostegno del reddito dei marittimi italiani e comunitari coinvolti in situazioni di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

In questo momento delicato, Mattioli rivolge anche un appello alle Autorità di Sistema Portuale: «Usate le risorse disponibili per aiutare le imprese del mare. Mi chiedo infatti se in una fase caratterizzata dalla stagnazione della domanda di trasporto marittimo e dall’allungamento o cancellazione di molte portacontainer da 24 mila TEU abbia ancora senso investire centinaia di milioni di euro per finanziare infrastrutture a prova di gigantismo navale. Non sarebbe meglio usare queste risorse per sostenere l’economia reale?».

Un altro dei punti da affrontare è quello della scarsa disponibilità economiche delle imprese colpite dalla crisi: «Il decreto liquidità non è soddisfacente perché lo Stato non garantisce al 100% sui prestiti, che per altro devono essere restituiti in un lasso temporale piuttosto esiguo: cinque anni. Troppo pochi per una azienda che ha subito tagli pesanti al fatturato per via della crisi».

E poi c’è il problema delle istruttorie interminabili da affrontare: «I documenti richiesti lievitano con l’aumentare della taglia del prestito, cui si accoppia una minore garanzia. Ottenere  dalle banche il credito in tempi ragionevoli diventa una impresa».

Mattioli non dimentica di sottolineare come la tanto sbandierata lotta all’eccesso di burocrazia rimanga oggi un miraggio: «Tutti ne parlano, ma nessuno ha sino ad oggi fatto qualcosa di concreto per arginare una delle piaghe del nostro Paese. Basti vedere, per accorgersene, i dpcm del Governo, che appaiono spesso poco chiari».

Rimanendo in tema, il numero uno di Confitarma considera il modello del Ponte Morandi a Genova, giustamente incensato dalla stampa, una sorta di paradosso: «Il Governo Conte ne ha portato agli onori della cronaca l’indubbio successo, ma non possiamo non dimenticare che al commissario per la realizzazione dell’opera sono stati dati pieni poteri in deroga al Codice degli Appalti e ad altre norme che quello stesso Stato è chiamato a far rispettare. Si tratta di una contraddizione. Non è possibile che per fare bene una cosa occorra commissariare un’opera. Il rischio è quello di trovarci a vivere in un paese governato da commissari, mentre sarebbe meglio vivere in un Paese dove le norme siano normali, semplici, verificabili e chiare».

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