Il Messico è considerato da tempo la porta d’Oriente degli Stati Uniti, almeno da quando la prima presidenza Trump ha introdotto i dazi doganali sulle importazioni cinesi, costringendo Pechino ad utilizzare il suolo messicano come sito di produzione alternativo. Un modo intelligente per bypassare i dazi; ridurre i tempi e i costi di trasporto e continuare a fornire merce agli USA a costi competitivi.
Alcuni dati significativi confermano questa tendenza: nei primi nove mesi del 2024 il commercio dalla Cina al Messico ha fatto registrare una crescita del 18,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di un aumento dei volumi che ha raggiunto a giugno il suo picco storico, con l’arrivo nel paese latino-americano di 135.724 TEU.
Non sorprende che una crescita così massiccia della domanda abbia avuto un impatto sui tassi di trasporto. Xeneta rivela come il 1° luglio, proprio quando la domanda ha raggiunto il suo picco, le tariffe spot medie dalla Cina alla costa occidentale del Messico abbiano raggiunto i 7.770 dollari per FEU (container equivalente a 40 piedi). Si tratta di un aumento anno su anno di quasi il 200%.
I tassi spot si sono però attenuati nell’ultimo periodo, scendendo del 51% rispetto al picco di luglio e del 18% dall’inizio di novembre. Gli analisti di Xeneta avvertono segnali di indebolimento nel mercato spot, dopo che i volumi spediti dalla Cina al Messico a settembre sono sono scesi al di sotto dei livelli del 2023 per la prima volta nel 2024.
“Il rallentamento della crescita degli volumi potrebbe esercitare un’ulteriore pressione al ribasso sulle tariffe spot” afferma il ceo della consultancy firm danese, Peter Sand.
D’altra parte, l’andamento delle tariffe sul trade Cina- costa occidentale del Messico evidenzia una volatilità superiore a quella registrata in altri servizi di collegamento. Xeneta fa osservare come nel corso del 2024 le tariffe spot in questo traffico abbiano raggiunto il picco per ben sei volte. Nello stesso periodo, i noli spot sui collegamenti tra la Cina e la Costa Occidentale degli USA hanno raggiunto il picco soltanto tre volte. La volatilità è evidenziata inoltre dal fatto che i tassi spot China- Mexico West Coast sono aumentati del 28% lo scorso 1° settembre salvo poi crollare del 34% un mese dopo.
“Gli scambi commerciali lungo questo trade rappresentano un’opzione sempre più attraente per gli spedizionieri, ma questa volatilità comporta il rischio di spese di trasporto imprevedibili” ammonisce Sand.
In estrema sintesi, l’attuale direzione delle tariffe spot su questo commercio è al ribasso, ed è altamente probabile che gli spedizionieri che spostano box dalla Cina alla costa occidentale del Messico, debbano mettere in conto un’ulteriore volatilità nel 2025.
Ci sono infatti alcune variabili da tenere in considerazione per il prossimo futuro, a cominciare da quella più importante, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. “L’arrivo di Trump avrà sicuramente un impatto immediato sul Messico”, rimarca Sand, ricordando come in campagna elettorale l’allora candidato alla presidenza degli USA avesse promesso di introdurre una serie tariffe su tutto l’import negli Stati Uniti, anche con l’intenzione di provare a contenere la marea di prodotti cinesi fabbricati in Messico.
Attualmente, gli Stati Uniti hanno un accordo commerciale con il Messico entrato in vigore nel luglio 2020 grazie al quale la maggior parte delle merci che attraversano il confine è esente da dazi. Ma la nuova politica economica del Tycoon potrebbe cambiare tutto e avere ricadute negative sul principale esportatore verso gli Stati Uniti.
Xeneta si domanda inoltre che cosa accadrebbe se i porti del Paese latino-americano dovessero far fronte nel breve periodo ad una ulteriore crescita massiccia delle importazioni dalla Cina, per effetto, ad esempio, della possibile decisione dei caricatori in import di anticipare le spedizioni prima dell’inevitabile introduzione dei nuovi dazi doganali.
“Certamente, se i vettori impiegassero navi sempre più grandi su questo traffico per soddisfare la crescente domanda, ciò solleverebbe interrogativi sulla potenziale capacità dei porti messicani di riuscire a gestire un improvviso aumento dei flussi di traffico” ammette Sand.