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L'alleanza 2M verso i titoli di coda

MSC-Maersk: un divorzio annunciato

di Redazione

«Un divorzio annunciato da tempo. E che era già evidente nei numeri di chi analizza il mercato». Antonella Teodoro commenta così la notizia della separazione consensuale tra MSC e Maersk.

I due vettori hanno concordemente deciso di interrompere il vessel share agreement (VSA) che li legava dal 2015. «Non si tratta propriamente di un fulmine a ciel sereno» spiega la senior transport consultant di MDS Transmodal. «Se andiamo a vedere i dati statistici riferiti all’anno scorso, noteremo come il numero dei servizi di collegamento forniti individualmente dai due vettori nell’ambito dell’alleanza 2M sia andato aumentando nel corso dei mesi».

Se nel terzo trimestre del 2022, i due carrier hanno fornito individualmente servizi di collegamento per una capacità di 1,343 mln di TEU, pari al 36,2% di quella complessivamente dispiegata nell’ambito del VSA, negli ultimi tre mesi dell’anno questa percentuale è aumentata sino a raggiungere il 49,4% (1,706 mln di TEU su un totale di 3,465 mln di TEU).

«Era chiaro già da qualche mese che MSC e Maersk si stavano preparando ad andare ognuno per la propria strada» spiega la Teodoro, sottolineando come alla base della decisione ci sia una sostanziale divergenza sulle strategie da perseguire.

«La compagnia di navigazione danese ha cercato di intraprendere, in modo più netto rispetto a MSC, un percorso di integrazione door to door, acquisendo società di brokeraggio doganale, specialisti di magazzino e distribuzione, strutturando una propria offerta di trasporto terrestre, investendo in piattaforme logistiche e riducendo, in questo modo, la propria dipendenza dal settore cosiddetto Ocean».

MSC ha seguito la strada opposta: «In questi anni ha perseguito una strategia aggressiva mirata principalmente all’incremento della propria flotta e, quindi, all’aumento della capacità complessivamente offerta nei trade. Non è un caso che a Gennaio del 2022, il gruppo di Gianluigi Aponte abbia superato Maersk, diventando la più grande compagnia di navigazione del mondo. Oggi MSC ha un orderbook che rappresenta il 39% della sua attuale capacità».

Nella sostanza, «in questo momento i due vettori hanno entrambi la possibilità di operare sul mercato senza dover essere costretti a unire le forze per battere la concorrenza, anche se probabilmente continueranno ad offrire servizi in consortia – con altre compagnie e forse tra di loro – fin quando sarà loro concesso».

Secondo Antonella Teodoro, la decisione di preannunciare il divorzio è poi funzionale ad un’altra esigenza: quella di ridurre il quadro di incertezza legato al possibile mancato rinnovo della Consortia Block Exemption Regulation (CBER), ovvero lo schema normativo che permette alle compagnie attive nel trasporto di container di stabilire alleanze operative in deroga alla normativa comunitaria “standard” in materia di antitrust.

«Ad Aprile del 2024, la Commissione Europea dovrà decidere se rinnovare o meno questo Istituto per altri quattro anni» spiega l’analista di mercato, aggiungendo che «le associazioni di categoria chiedono da tempo di rivedere i presupposti di questa forma di esenzione alla normativa anti-trust, esercitando non poche pressioni sull’UE».

La sopravvivenza di questo Istituto è insomma a rischio e di qui a due anni alle compagnie di navigazione potrebbe non essere più consentito di formare alleanze operative: «Vista da questo punto di vista MSC e Maersk (che peraltro è quotata in borsa) potrebbero aver deciso di anticipare i tempi, preparandosi quindi all’eventuale abolizione della CBER» afferma Antonella Teodoro, esprimendo inoltre un’altra convinzione.

«E’ molto probabile che nel prossimo immediato futuro anche altre compagnie di navigazione decidano di seguire l’esempio di MSC e Maersk. La stretta sulla sorveglianza delle alleanze armatoriali potrebbe indurre molti vettori ad interrompere i rapporti che essi hanno nell’ambito dei propri VSA. Cosco e CMA CGM potrebbero essere le prossime».

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