Le navi intelligenti sono già una realtà concreta, destinata ad affermarsi sempre di più nei porti e sulle rotte marittime.
La compagnia di navigazione nipponica NYK Lines è stata una delle prime a testare, a settembre di quest’anno, la guida automatizzata di una propria PCT carrier e già all’inizio del 2020 una nave mercantile comandata dall’intelligenza artificiale effettuerà la prima traversata transatlantica dal Canada al Regno Unito.
Tutto bene quindi? Non proprio. Se è vero, infatti, che l’avvento della Maritime Autonomous Surface Ship offre vantaggi inediti in termini di efficientamento energetico, sostenibilità ambientale e management, è anche vero che lo sviluppo tecnologico sta ponendo nuovi, importanti interrogativi in ordine a una serie molteplice di temi.
Il primo di questi è che ad oggi non esistono standard uniformi per affrontare i rischi connessi alla cyber security: una nave completamente automatizzata è infatti esposta all’attacco degli haker più di quanto non lo sia una normale unità cargo con comandante ed equipaggio a bordo.
E a proposito degli equipaggi, ammesso e concesso che ci sono diversi livelli di automatizzazione, e che quindi una navigazione con i processi automatizzati può prevedere al primo grado di sviluppo la presenza dei marittimi a bordo per gestire e controllare i sistemi e le funzioni basilari, occorrerà valutare il ruolo e le responsabilità che questi ultimi dovranno avere con riferimento alle nuove sfide tecnologiche, e sarà fondamentale sviluppare idonei programmi di formazione per il personale di terra, che nelle forme evolutive dell’autonomous drive si troverà a dover comandare la nave da remoto.
Un ulteriore elemento di preoccupazione è dato dalle nuove responsabilità della Guardia Costiera, cui competono compiti fondamentali in ordine alla sicurezza nella navigazione e a cui, in caso di sinistri marittimi o di episodi di malfunzionamento, verrà demandato l’onere di provvedere a fornire i primi soccorsi.
C’è poi da chiedersi quali saranno i diritti e i doveri delle società armatoriali e se per queste possano sussistere le attenuanti di una responsabilità limitata nel caso di collisioni in mare. Non è infatti scontato che l’attuale complesso della disciplina legale riguardante le navi commerciali possa applicarsi anche alle navi autonome.
Sotto questo punto di vista, le procedure di classifica e verifica periodica delle smart ship saranno particolarmente rilevanti sotto il profilo della sicurezza della navigazione: quali saranno i nuovi standard per capire quanto sia sicura una nave? Quali responsabilità avranno i fornitori dei software cui verrà deputata la gestione delle navi intelligenti? E che tipo di expertise saranno necessarie per assicurare il corretto funzionamento dei software di bordo?
A queste domande bisognerà presto o tardi dare una risposta, così come occorrerà chiarire in modo definitivo se e in quale misura un armatore possa essere ritenuto responsabile in caso di colpa del programmatore del software, soprattutto se da un suo malfunzionamento derivassero episodi spiacevoli di morti accidentali o tragedie con conseguenti perdite di molte vite umane.
Affinché i benefici siano superiori ai rischi, sembra insomma evidente che c’è ancora molto da fare per prepararsi a questa nuova tecnologia. Quel che è certo è che le navi autonome rappresentano un traguardo importante per il settore marittimo e saranno un banco di prova per adeguare il diritto della navigazione alle nuove sfide che ci attendono.