Negli scorsi giorni si è tenuto ad Ancona un interessantissimo convegno organizzato da ISTAT sul tema “L’informazione statistica ufficiale sul trasporto marittimo tra integrazione e innovazione”, a cui era presente la quasi totalità delle Autorità di Sistema Portuale italiane.
Dal confronto è emersa la grande disomogeneità di azione sulle modalità di raccolta e gestione dei dai. Soprattutto, è risultato evidente quanto sia difficile oggi per l’Istituto Nazionale di Statistica riuscire a trovare un modo per fare sintesi, non avendo nel campo un unico interlocutore su cui poter fare riferimento.
Nella frammentazione delle competenze che caratterizza ormai da decenni l’azione amministrativa nei porti non risulta infatti ben chiaro chi detenga il vero dato sulle movimentazioni tra Capitaneria, Agenzia delle Dogane, AdSP e, non ultimi, gli agenti marittimi e gli operatori portuali, che certamente, per la loro operatività quotidiana, ben sanno quali sono i traffici che attraversano i porti.
Questo è solo un esempio (ma se ne potrebbero fare tanti altri) di come la mancanza di un approccio unitario a livello nazionale nella gestione dei processi che interessano il settore della portualità e della logistica crei quotidianamente diseconomie.
Per ragioni che sarebbe interessante approfondire nel dettaglio, la strategia utilizzata negli ultimi anni non ha prodotto alcun risultato, salvo quello di drenare decine e decine di milioni di investimenti pubblici per finanziare iniziative, tipo quelle della creazione della Piattaforma Logistica Nazionale, che hanno prodotto solo prototipi e studi senza alcun reale effetto operativo.
Nel contempo molte Autorità di Sistema Portuale sono state costrette a continuare a investire risorse per sostenere lo sviluppo dei propri traffici, facendolo senza alcun coordinamento e riuscendo, in qualche caso, a realizzare sistemi ITS di pregio comunemente denominati Port Community System, che hanno semplificato molte procedure e supportato l’azione degli operatori privati oltre che delle loro stesse amministrazioni.
Credo che sia arrivato il momento di fare ordine nel settore non solo perché i risultati complessivi sono assolutamente insoddisfacenti ma soprattutto perché si rischia di non consentire la crescita di una moderna industria della logistica italiana pienamente integrata con quella europea e mondiale.
Sia chiaro, il problema non è solo delle Autorità di Sistema Portuale ma di tutta la Pubblica Amministrazione italiana. Non è un caso che i dati della Commissione Europea sulla digitalizzazione economica e sociale (DESI 2018-Digital Economy and Society Index) inquadrino l’Italia al 25° posto su 28, sopra Bulgaria, Grecia e Romania.
Anche per questa ragione gli ultimi governi nazionali – con una inusuale ma assolutamente apprezzabile continuità – hanno messo in campo strutture facenti capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, quali AgID e Team per la trasformazione digitale, che hanno cominciato a guidare l’attuazione dell’Agenda Digitale italiana assicurando una visione unitaria e una efficace azione di sviluppo di servizi digitali avanzati a beneficio di cittadini ed imprese.
Il cambio di passo è stato notevole, ma resta ancora tanto da fare, soprattutto perché ad oggi non è stato pienamente compreso il potenziale della strategia disegnata all’interno di strumenti quali il Codice per l’Amministrazione Digitale e il Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione.
Finalmente esiste un quadro di azione chiaro in cui muoversi e sono stati individuati, oltre che in parte anche già resi disponibili, degli strumenti che possono consentire la effettiva creazione di un’unica società digitale nazionale in cui i cittadini e le imprese potranno utilizzare con semplicità le moderne tecnologie informatiche per semplificare le loro attività quotidiane.
La priorità assegnata al principio del digital first (attraverso la progettazione e l’implementazione dei servizi al cittadino, a cominciare dall’uso delle tecnologie digitali); l’adozione di un approccio architetturale basato sulla separazione dei livelli di back end e front end (con logiche aperte e standard pubblici che garantiscano ad altri attori accessibilità e massima interoperabilità di dati e servizi); e la creazione di architetture a più livelli (multi-layer architecture) che favoriscano il modello di business della cosiddetta API economy (l’Economia dell’Application Programming Interface), sono solo alcuni degli elementi cardine del modello strategico di evoluzione del sistema informativo definito dalla Pubblica amministrazione.
Al momento il governo sta puntando soprattutto sulla creazione di servizi a vantaggio della cittadinanza digitale ma ci sono già tutte le condizioni per realizzare interventi analoghi anche in settori produttivi come quelli dei trasporti e della logistica.
Quello che occorre fare è realizzare un ecosistema dei trasporti e della logistica e sviluppare un’unica area di intervento, distinguendo i diversi domini applicativi e coinvolgendo enti e organismi pubblici, a partire dai Ministeri di riferimento, ma anche tutti quei soggetti privati che operano nel settore e che a vario titolo svolgono funzioni importanti all’interno dell’ecosistema stesso.
Solo così sarà possibile definire una volta per tutte gli obiettivi comuni condividendo esigenze, modalità operative, processi di scambio di flussi informativi e soprattutto pianificando la creazione di progetti ICT integrati che producano servizi evoluti ed efficienti per le imprese e i cittadini.
Se è vero che lo sviluppo di un efficiente sistema logistico è una condizione indispensabile per favorire la crescita economica dei territori, è altrettanto vero che la creazione di questo ecosistema digitale dovrebbe costituire una priorità per il sistema Paese, tanto più oggi, quando si stanno sviluppando diverse iniziative per la definizione dei corridoi logistici transcontinentali, quale quello della Via della seta, che ci interessano direttamente.
In questo quadro sarebbe finalmente possibile sviluppare sistemi ITS per i porti evoluti ed efficienti. Nel perseguire un simile obiettivo le Autorità di Sistema potranno certamente contare sul sostegno dell’AgID e sulle competenze specifiche del suo attuale Direttore Teresa Alvaro, che nella sua precedente esperienza di responsabile delle tecnologie dell’Agenzia delle Dogane è riuscita a guidare un incredibile processo di trasformazione digitale delle procedure doganali che ha fatto diventare l’Italia esempio a livello mondiale e best practice da seguire a livello europeo.
È fondamentale, quindi, che si abbandonino le strategie di digitalizzazione della catena logistica italiana avviate negli ultimi anni (che hanno dimostrato di non produrre benefici, spingendo alla frammentazione dei sistemi invece che alla loro unificazione).
Il citato Piano Triennale dell’Informatizzazione della PA contiene tutti gli strumenti per procedere da subito ed è bene che ognuno se ne renda conto e lo faccia diventare il proprio modello di riferimento.
Ma perché il risultato complessivo sia ottimale è necessario che il tutto avvenga all’interno di un framework unico, disegnato a livello più alto possibile, dove sia reale l’interoperabilità tra tutte le modalità di trasporto e dove si creino le condizioni per una effettiva reingegnerizzazione di tutti i processi amministrativi collegati.
Questa è l’unica arma che abbiamo per ottenere la tanto sventolata, ma mai attuata concretamente, semplificazione amministrativa.
Senza di essa qualsiasi processo di crescita economica rischia di rimanere una pura illusione.