Sui noli container si sta già scatenando tra i carrier una guerra dei prezzi al ribasso.
A certificarlo è Sea Intelligence, in un report nel quale viene fatto un raffronto tra due situazioni di mercato molto simili: quella venutasi a delineare all’inizio del 2020, in seguito all’insorgenza in Cina della nuova epidemia di coronavirus, e quella attuale, iniziata a Settembre del 2022 per effetto del conflitto in Ucraina e della conseguente crisi energetica.
Analizzando la capacità impiegata lungo il trade transpacifico in rapporto al tasso di contrazione della domanda, la consultancy firm fa notare come i global carrier abbiano assunto comportamenti diversi in occasione dei due periodi presi in esame.
Se nel 2020, le compagnie di navigazione sono riuscite ad arginare il crollo delle tariffe di trasporto grazie ad una attenta politica di gestione della capacità di stiva offerta, nel 2022 i vettori non hanno saputo o voluto ridurre la capacità in modo direttamente proporzionale al crollo della domanda. Sui collegamenti tra l’Asia e l’Europa, il pattern seguito è stato praticamente lo stesso. Perché?
Per Alan Maurphy, un comportamento come questo si spiega alla luce della nuova evoluzione di mercato. Che sta inducendo i vettori ad accettare di realizzare margini di guadagno minori pur di adeguarsi al nuovo trend ribassista dei prezzi.
Che la situazione stia cambiando lo si evince anche dall’andamento delle quotazioni dei contratti di trasporto marittimo di container, finora ancora piuttosto alte nonostante il calo delle tariffe nel mercato spot.
Nel contesto sempre più depresso del trasporto di container via mare, molti caricatoti stanno riuscendo con successo a rinegoziare i propri contratti con le compagnie di navigazione, strappando noli i cui valori oggi non sono poi molto lontani da quelli spot.
Lungo i cinque principali trade da e per l’Estremo Oriente, Xeneta calcola che il divario tra il valore delle tariffe per spedizioni spot e quello dei contratti sia molto meno ampio rispetto a due mesi fa. Oggi, i noli dei contratti a lungo termine costano mediamente 810 dollari in più a FEU rispetto a quelli spot, contro i 3900 dollari a FEU di differenza di metà Dicembre.
Il calo maggiore è stato registrato nei collegamenti tra l’Estremo Oriente e la costa orientale USA. I tassi spot sono ora più economici di 1280 dollari a FEU ma a metà Dicembre ci sarebbero voluti 5180 dollari a FEU in più per sottoscrivere un contratto di lungo periodo.
“Con l’avvicinarsi della scadenza dei contratti, si prevede che il premium per le tariffe a lungo termine continuerà a diminuire” affermano gli analisti di Xeneta. “Sebbene i vettori stiano provando a proteggere le tariffe contrattuali, l’elevata concorrenza e la possibilità per i caricatori di spostarsi sul più economico mercato spot, li ha indotti ad abbassare le proprie pretese” hanno aggiunto.
Sui principali trade front haul, i contratti a lungo termine più economici sono quelli stipulati per i servizi di collegamento tra l’Estremo Oriente e il Mediterraneo: costano 150 dollari a FEU in più rispetto ai noli spot.