«L’Italia ha bisogno di lavorare di più per chiudere il gap infrastrutturale e per dotare cittadini e imprese di migliori servizi. In questo la collaborazione pubblico-privata può aiutare». Lo afferma a Port News Veronica Vecchi, professoressa di Long Term Investment & PPP presso l’Università Bocconi e autrice di numerose pubblicazioni in materia.
«La tragedia del Ponte Morandi ha messo sul banco degli imputati la principale modalità di collaborazione tra pubblico e privato nella realizzazione e gestione delle infrastrutture» dichiara. «Quella avviata negli anni Novanta con Autostrade per l’Italia è stata ampiamente criticata. Il rischio che corriamo è che la rabbia giustamente provata per la morte evitabile di 43 persone degeneri in un grottesco blame game, in un gioco dello scarica barile».
A risultarne danneggiata non sarebbe però soltanto la società autostradale, «sull’accertamento delle cui responsabilità la giustizia deve seguire il proprio corso», ma anche uno strumento che «rimane ancora una grande opportunità per il sistema Paese, se non altro perché consente di mettere in circolo la liquidità privata per migliori infrastrutture e servizi».
«In un contesto simile, la gestione delle modalità di collaborazione con il privato rischia di essere compromessa da errori di valutazione strategica se non da pressapochismo». Questo però non significa che il PPP sia inadeguato o che non si possa fare meglio: «Un policy maker illuminato – osserva – dovrebbe invece assumere un atteggiamento diverso e far sì che la partnership di project financing possa funzionare al meglio, partendo per esempio da un serio investimento nelle competenze del management pubblico, cosa che non abbiamo fatto negli ultimi vent’anni. Migliori competenze aiuterebbero a superare la paura della firma».
Nella sua ultima pubblicazione scritta a quattro mani con l’avvocato Velia Leone (“Creare partnership pubblico-privato”) Vecchi sostiene che un buon contratto di PPP deve basarsi su una forte interessenza tra la componente giuridica e quella economico-finanziaria: «Servono maggiori competenze anche sul fronte delle imprese affinché si sviluppino modelli di business più interessanti e innovativi, capaci di generare reale valore per la società. Occorrono poi anche professionisti più preparati».
La situazione che si sta venendo a creare a causa dell’emergenza pandemica è peraltro molto interessante: «Presto verranno liberate dal Ministero delle Finanze risorse importanti per far ripartire l’economia secondo logiche keynesiane. L’errore peggiore che potremmo fare sarebbe quello di usare questi soldi per avviare soltanto nuovi cantieri secondo logiche tradizionali».
La professoressa della Bocconi vorrebbe invece che le risorse servissero a creare innovazione e competizione, nel mercato e per il mercato: «Pensi alle potenzialità che il PPP potrebbe avere se fossimo in grado di convincere i privati a investire in servizi di qualità. Pensi all’applicazione del PPP al campo, per esempio, della tele-medicina oppure per realizzare contratti outcome-based, dove il pagamento possa dipendere anche dal conseguimento di risultati sociali. Poi ovviamente ci sono i settori più tradizionali, tra cui anche le infrastrutture portuali».
Non solo cemento, quindi, ma anche innovazione: «Un decisore politico che fosse in grado di ragionare in termini di network governance, potrebbe trovarsi a operare in una situazione win-win, attirando da una parte i capitali dei grandi investitori privati, dall’altra quelli dei piccoli risparmiatori che in questo modo sarebbero sia investitori che beneficiari».
Purtroppo, la vicenda del Ponte Morandi ha portato alla estremizzazione della dicotomia tra l’interesse pubblico e il rendimento del privato. Niente di più sbagliato per Veronica Vecchi: «La tragedia del viadotto Polcevera ci ha portati erroneamente a credere che i problemi in Italia possano essere risolti procedendo per deroga alle normative nazionali. Se è vero che per Genova l’approccio è risultato vincente, non si può pensare che nel nostro Paese si possa andare avanti solo tramite strumenti derogatori. Leadership e competenze di management, che ci sono nel Paese, anche nella PA vanno individuate per portare avanti progettualità complesse».
L’emergenza Covid ha messo in evidenza come Stato e mercato possano e debbano lavorare assieme: «Dobbiamo ripartire in uno spirito di reciproca fiducia, disposti a collaborare affinché i nuovi investimenti stimolino una corsa all’innovazione che generi valore per tutti. I grandi investitori sono sempre più sensibili a obiettivi ambientali e sociali con logiche di lungo-termine. Lo dovrebbe essere anche il policy maker a tutti i livelli: nazionale, regionale e locale».