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Tasse più alte per i big carrier e revisione della tonnage tax

Parigi prepara la stretta sui Paperoni del Mare

di Redazione

Tasse più alte per le compagnie di navigazione nazionali che abbiano scelto di utilizzare il sistema di imposta sul tonnellaggio del Paese e che abbiano un fatturato annuo pari o superiore a 500 milioni di euro. Il primo ministro francese Michel Barnier intende colmare anche in questo modo l’enorme buco nelle finanze pubbliche.

Nel giorno in cui il Governo di Parigi ha annunciato una nuova manovra di sacrifici per far scendere il deficit al 5% del PIL dal 6,1% previsto per quest’anno, si riaccende in Francia il dibattito sul sistema di tassazione marittima basato sul tonnellaggio delle compagnie armatoriali.

Il messaggio è chiaro: in un periodo difficile per i cittadini francesi, in cui sono previsti 40 miliardi di tagli alla spesa e 20 miliardi di aumenti di aumenti delle tasse, è giusto che anche le ricche, anzi ricchissime, shipping company facciano la propria parte.

In che modo? Pagando nel 2025 e nel 2026 un’imposta addizionale rispettivamente del 9% e del 5,5% sui profitti incamerati l’anno precedente. Secondo il periodico specializzato SPlash247 la proposta verrà portata in Parlamento per la possibile approvazione.

CMA CGM, il principale vettore francese, e quinta compagnia al mondo per la dimensione della propria flotta, ha già espresso forti preoccupazioni per la possibile revisione del regime privilegiato introdotto con la tonnage tax. Se applicata, la nuova tassazione potrebbe tradursi per le casse del liner in un esborso di 800 milioni di euro.

“Non si tratta di un dibattito nuovo” afferma in un post su Linkedin il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen. “La questione dell’imposta sul tonnellaggio tende a ripresentarsi sempre negli anni in cui le compagnie di navigazione realizzano profitti molto elevati e, di conseguenza, hanno aliquote fiscali molto basse a causa della natura dell’imposta sul tonnellaggio. Di solito non si presenta nei periodi in cui le compagnie di navigazione perdono denaro ma devono comunque pagare l’imposta sul tonnellaggio” aggiunge.

Negli ultimi mesi gli armatori francesi sono stati costretti a difendere ripetutamente il sistema di tassazione sul tonnellaggio del Paese introdotto nel 2003 e in base al quale è stata data alle compagnie di navigazione la possibilità di optare per una tipologia di impostazione alternativa in cui la base imponibile per l’imposta sul reddito fosse calcolata facendo riferimento al tonnellaggio della flotta piuttosto che ai profitti reali della società. Le compagnie di navigazione in grado di soddisfare determinate condizioni hanno quindi goduto, per lo meno sino ad oggi, di un regime fiscale favorevole.

“La vera questione è se, o in quale misura, una siffatta modifica dell’imposta sul tonnellaggio porterà o meno i grandi vettori a spostare altrove le proprie attività di trasporto marittimo” si domanda Jensen, per il quale altri paesi potrebbero seguire l’esempio francese e mettere in dubbio l’impostazione della tonnage tax.

“A volte ci sono vettori che lamentano la concorrenza sleale e un ambiente competitivo distorto, di solito prendendo di mira ad esempio le sovvenzioni governative in varie forme. Ma la realtà è che il campo di gioco nel trasporto marittimo non è mai stato in pari, e la tassa sul tonnellaggio è solo un altro di quegli elementi che mantengono il tabellone inclinato. Cambiare, ad esempio, l’imposta sul tonnellaggio contribuire semplicemente a cambiare la natura di un settore competitivo già distorto, non necessariamente rendendolo più equo” è la sua riflessione conclusiva.

Le discussioni parlamentari sul bilancio del prossimo anno inizieranno la prossima settimana e dovrebbero concludersi entro la fine dell’anno con un voto e una promulgazione.