Competere con i porti del Nord Europa senza conoscere approfonditamente i fondamentali è come provare a fare scacco matto senza sapere come si muova il cavallo o la torre.
Per Pietro Spirito è questa la situazione (paradossale) nella quale si trova oggi il Sistema Paese.
Mentre la Cina va avanti come un caterpillar lungo la Via della Seta, confidando nella capacità dei porti ascellari di Genova e Trieste di porsi come le nuove teste d’ariete per l’ingresso dei prodotti cinesi nei mercati dell’Europa centro-settentrionale, in Italia «si continua a voler considerare la trasformazione delle Autorità di Sistema in Spa come la soluzione a tutti i mali di cui soffrono i nostri porti» ma per il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale si tratta di un errore di prospettiva.
La disillusione sulla possibilità di un rapporto competitivo giocato alla pari con gli scali del Northern Range – punti di riferimento per chi si diletta in «alate discussioni in punta di diritto sulla natura giuridica delle Autorità di Sistema» – è uno stato d’animo che trova puntuale corrispondenza con quello di chi il porto lo vive ogni giorno, misurandosi con gli intoppi quotidiani ed esultando per ogni centimetro di pescaggio guadagnato in favore dei terminalisti e delle grandi compagnie armatoriali.
Il numero uno degli scali portuali di Napoli e Salerno ritiene di appartenere a questo tipo di persone: «Non sono un giurista – afferma – ma un economista. E le dico che se Anversa o Rotterdam si muovessero con i tempi propri delle procedure italiane, a quest’ora sarebbero già insabbiati, morti».
Parte da qui l’analisi di Spirito: «Le discussioni sulla formula giuridica delle Autorità Portuali sono la conseguenza della derivata prima, e la derivata prima è che dobbiamo poter operare nel mercato con maggiore flessibilità e snellezza».
La priorità sono i dragaggi: «Lo sa che stiamo completando soltanto ora i lavori di escavo dei fondali del porto di Napoli? Si tratta di un intervento atteso da troppo tempo».
Spirito va sul concreto: «Nello scalo partenopeo ci sono voluti più di dieci anni per ottenere l’autorizzazione ad andare avanti con la procedura degli escavi. I porti del Nord Europa si trovano nella stessa situazione? Io non credo».
Per l’ex numero uno dell’Interporto di Bologna bisogna che chi di dovere cominci seriamente a interrogarsi sulle inefficienze amministrative del nostro Paese.
«Sui dragaggi – avverte – ci sono troppi soggetti che controllano e uno soltanto che opera. Io non dico che i controlli non vadano fatti, ma dovrebbero essere pochi, ragionevoli e tempestivi. Ci vogliono tempistiche certe, chiare e inequivocabili».
Lo stesso discorso vale per le procedure relative al controllo degli ordigni bellici residuali, che sono ferraginose («Pochi al di fuori nel nostro settore sanno di che cosa sto parlano, ma è su questi temi che dobbiamo confrontarci»).
E che dire dei ricorsi temerari relativi all’assegnazione delle concessioni? «In Italia capita mai che un iter di gara si concluda senza che non venga presentato un ricorso dal concorrente non aggiudicatario?».
Per Spirito il livello di contenzioso relativo alle procedure di gara per l’affidamento delle opere pubbliche ha raggiunto livelli patologici: «Chi avvia una lite temeraria pone in essere un comportamento illecito dal quale può discendere al massimo l’obbligo di risarcire la controparte di tutti i danni subiti. Dovremmo puntare, invece, a ben altre forme di penalizzazione».
Per il presidente dell’Adsp del Mar Tirreno Centrale l’operatore condannato per lite temeraria dovrebbe essere escluso, per almeno tre anni, dalla possibilità di partecipare ad altre gare.
«Sarebbe una soluzione, invece oggi siamo praticamente condannati a perdere tempo prezioso nelle aule giudiziarie, tempo che potremmo dedicare interamente ai lavori».
Dragaggi, procedure di bonifica e contenziosi: sono solo alcuni dei temi da affrontare. Ma l’elenco potrebbe essere più lungo: «Dovremmo stilare un alfabeto dei problemi concreti e sederci attorno a un tavolo per parlarne seriamente».
L’obiettivo è quello di riuscire a dare agli operatori portuali e ai vettori quelle risposte che essi si aspettano di avere da un porto efficiente.
«Abbiamo ricevuto, dall’attuale Governo come dal precedente, segnali di attenzione e disponibilità».
Ma l’attenzione non basta. «Occorre passare alla fase di execution. Bisogna agire. Siamo tutti chiamati a dare la nostra opera concreta per cambiare le cose, per rendere il nostro sistema più agile ed efficiente. Se non diamo una risposta a questi temi, il dibattito sulla natura giuridica delle Autorità Portuali rischia di essere ideologico e quindi inutile».