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Futuro incerto

Porti USA, lo sciopero è finito ma i guai iniziano ora

di Redazione

Lo sciopero nei porti della costa orientale degli Stati Uniti e della costa del Golfo si è concluso venerdì scorso ma ci vorrà del tempo prima che gli scali portuali riescano ad evadere tutto il lavoro rimasto in arretrato.

Secondo Xeneta, la tre giorni di proteste sulle banchine americane ha creato un maxi ingorgo di portacontainer al largo dei porti della East Coast. Ce n’erano ben 44 in rada al momento della conclusione della contesa tra l’International Longshoremen’s Association e la United States Maritime Alliance.

“Una crisi prolungata di questa portata sarebbe stata tossica per le catene di approvvigionamento globali, immagino quindi che il mercato abbia tirato un sospiro di sollievo quando ha ricevuto la notizia del raggiungimento dell’accordo”  è l’opinione espressa dal ceo di Xeneta, Peter Sand.

“La chiusura di tutti i porti sulla costa orientale degli Stati Uniti e sulla costa del Golfo – anche solo per tre giorni – rischia però di avere pesanti ricadute sul commercio globale” sottolinea l’esperto analista, aggiungendo che ora “dobbiamo aspettare di vedere con quanta rapidità i lavoratori che ritornano al lavoro saranno in grado di far fronte all’enorme arretrato di navi in ​​attesa di scaricare migliaia di container che trasportano miliardi di dollari di merci”.

Sand ritiene che l’effetto a catena dello sciopero si diffonderà attraverso le catene di approvvigionamento globali anche nelle settimane a venire. “Le dozzine di navi in ​​ritardo sulla costa orientale degli Stati Uniti e sulla costa del Golfo arriveranno in ritardo anche in Estremo Oriente. Tutto ciò avrà un impatto sulle schedule delle navi, con delle ripercussioni che potrebbero protrarsi anche sino all’inizio del 2025, quando saremo in vista del Capodanno Lunare cinese, che tradizionalmente vede un aumento delle merci spedite dall’Estremo Oriente”.

Gli ultimi dati di Xeneta – basati su oltre 450 milioni di dati di crowdsourcing – mostrano che i caricatori e gli spedizionieri sono già stati colpiti dall’aumento delle tariffe di trasporto come risultato diretto degli scioperi.

Le tariffe spot medie sui traffici dal Nord Europa alla costa orientale degli Stati Uniti erano pari a 2.900 dollari a FEU (container da 40 piedi) il 4 ottobre scorso, con un aumento del 58% dalla fine di agosto.

Anche il commercio alternativo dal Nord Europa alla costa occidentale degli Stati Uniti è stato influenzato dallo sciopero. In questo trade le tariffe spot medie sono aumentate del 48% nello stesso periodo, attestandosi a 4.450 dollari a FEU.

Sand avverte che le acque rimarranno agitate nelle settimane e nei mesi a venire, facendo presente che le tariffe sui traffici transatlantici sono tornate a crescere in un momento congiunturale delicato, segnato dagli effetti negativi del conflitto nel Mar Rosso.

“I caricatori e gli spedizionieri non sono ancora fuori pericolo” ammette. “Quello raggiunto venerdì scorso dall’ILA e dall’USMX è soltanto un accordo provvisorio ed è evidente che l’automazione nei porti rimarrà un grosso ostacolo. Si tratta di una questione che le due parti non sono riuscite a risolvere in oltre un anno di negoziati. Ora hanno soltanto 100 giorni per raggiungere l’intesa”. Troppo poco tempo, secondo Sand, perché si riescano a scongiurare con certezza nuovi, ulteriori scioperi.

Quello dell’automazione rimane chiaramente un tema ineludibile per il sindacato dei lavoratori portuali. In una nota pubblicata venerdì scorso, in cui annunciavano la chiusura dello sciopero, l’ILA ha affermato che la lotta contro l’automazione non ha soltanto come obiettivo quello di garantire il mantenimento dei livelli di occupazione (“i posti di lavoro tradizionali”) ma anche quello di consentire ai dock worker di continuare a giocare un ruolo strategico nelle operazioni portuali. “Durante le negoziazioni che ci terranno impegnati sino a gennaio speriamo di riuscire ad introdurre delle misure protettive contro la diffusione in ambito portuale dei sistemi di controllo da remoto” ha dichiarato il sindacato.

E’ ovvio che sarà difficile trovare la quadra su una questione delicata.  “L’attenzione al mantenimento delle posti tradizionali di lavoro continuerà inevitabilmente a minare la competitività dei porti della costa orientale degli Stati Uniti e del Golfo” afferma il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen. “Ciò a sua volta peggiorerà lentamente la capacità degli esportatori statunitensi di vendere i propri beni all’estero dove competono con altri fornitori che esportano attraverso porti più efficienti”

Al di là della evidente preoccupazione per i risvolti negativi che un tema così spinoso potrà avere sull’esito delle future negoziazioni, va detto che la fine dello sciopero ha già portato una prima buona notizia, quella della sospensione dei surcharge introdotti dai carrier nelle settimane precedenti per far fronte agli effetti negativi del blocco operativo dei porti della east coast.

MSC, ad esempio, ha annunciato la sospensione dei suoi Emergency Operation Surcharges (EOS) introdotti il 3 ottobre scorso per tutte le spedizioni in partenza dai porti della East Coast e da quelli del Golfo.

CMA CGM ha comunicato del pari la sospensione dei Local Port Charge che sarebbero dovuti entrare in vigore il prossimo 11 ottobre.

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