Lo scorso 22 giugno si è tenuto presso ENAC un qualificato convegno, promosso dal Centro studi Demetra, sul tema “Integrazione infrastrutturale tra porti ed aeroporti e ipotesi di privatizzazione del sistema portuale”. La discussione ha preso spunto dalle tesi contenute nel volume “Port Authority: privatizzazione ed integrazione infrastrutturale” e che i suoi autori – gli avvocati Pierluigi Di Palma ed Emanuela Lanzi – hanno deciso di riassumere in questo intervento inviato alla nostra redazione.
Il nostro volume prende spunto dall’analisi di un caso concreto (la possibile sinergia tra il porto di Taranto e l’aeroporto di Grottaglie come scenario produttivo utile a contrastare la crisi della siderurgia nella provincia jonica) e approfondisce le potenzialità di sviluppo economico correlabili all’integrazione della gestione delle infrastrutture logistiche, prefigurando un percorso di carattere normativo e di riforma codicistica che pone al centro del dibattito il tema della privatizzazione dei porti.
In tale contesto suggeriamo agli interlocutori politico-istituzionali la necessità – al pari di quanto avvenuto tra il 2005 e il 2006 per la sua parte aeronautica – di una profonda opera di revisione della parte marittima del Codice della Navigazione, datata 1942.
Si potrebbero ricavare utili spunti di riflessione dalla positiva esperienza della privatizzazione degli aeroporti, mutuandone il modello di gestione (fondato sull’affidamento con gara a società di gestione private di una concessione di lunga durata dell’infrastruttura) e garantendo in tal modo anche importanti entrate per l’erario. In sostanza, senza alcuna necessità di sdemanializzazione, la concessionaria verrebbe a subentrare nei rapporti attivi e passivi già facenti capo all’Amministrazione concedente, ivi compresi i rapporti con i terzi concessionari.
Il primo passo verso la costituzione della Port Authority è così rappresentato, senza dubbio, dall’omologazione del quadro normativo vigente in tema di governance aeroportuale e portuale: sistemi che, nel nostro ordinamento, risultano al momento disciplinati in modo diametralmente opposto (il primo affidato a società private, il secondo in mano pubblica).
Dopo una compiuta analisi di carattere geo-politico e un approfondimento del quadro normativo nazionale ed europeo di riferimento, il nostro studio si propone di lanciare una nuova sfida per lo sviluppo della portualità del nostro Paese. In particolare intende rafforzare in particolare l’elemento della visione sistemica per contrastare un forte elemento di criticità rappresentato dalla policentricità gestionale, non superata dal recente accorpamento delle 24 Autorità Portuali (AP) in 15 Autorità di Sistema Portuale (AdSP).
L’idea della privatizzazione nasce quindi dall’esigenza di rilanciare la competitività dei porti italiani – la cui governance appare del tutto inadeguata – per imporsi in un contesto di mercato globale connotato da regole economiche molto stringenti e per superare farraginosi e interdittivi assetti burocratici che, innegabilmente, sono presenti nell’ambito della gestione delle AdSP. La frammentazione della governance dei porti, unitamente al presidio di carattere pubblicistico, continua insomma a rappresentare un elemento di scarsa competitività del sistema portuale italiano oltre che un esempio di utilizzo non virtuoso delle risorse economiche pubbliche nazionali.
La nostra proposta è quella di avviare un processo di privatizzazione sistemica e vigilata che tenda a ridurre significativamente il numero dei soggetti gestori, ben oltre quello delle attuali AdSP, istituendo contestualmente un’Autorità di settore sul modello dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC). In tal modo l’interesse pubblico non verrebbe intaccato dalla gestione privata ma risulterebbe anzi maggiormente garantito, ricollocando su un’Autorità ad hoc di carattere nazionale i compiti di regolazione, a presidio della verifica della qualità dei servizi di tutti gli operatori marittimi.
In tale visione, un ruolo strategico va riconosciuto al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, al quale – oltre ai poteri di vigilanza – spetterebbe un importante compito di programmazione attraverso l’elaborazione, sulla falsariga del Piano Nazionale degli Aeroporti, di un Piano Strategico delle Infrastrutture Logistiche. Questo al fine di individuare le infrastrutture portuali e aeroportuali del nostro Paese che, in una visione di sviluppo integrato e di gestione unitaria, siano in grado di moltiplicare gli effetti di motore di sviluppo della economia del territorio e dar vita, nel tempo, alla istituzione di Port Authorities, così come sta già avvenendo in altre parti del mondo.
La proposta dell’istituzione della Port Authority trova una importante premessa (e anche una parziale anticipazione dei suoi possibili effetti) nel decreto legge n. 91 del 20 giugno 2017 che introduce le Zone Economiche Speciali (ZES). Oltre a un porto, queste tendono infatti a comprendere anche uno scalo aeroportuale e, nell’ambito di uno sviluppo logistico integrato, puntano ad attrarre investitori stranieri nelle aree perimetrate all’interno delle quali – con una combinazione di incentivi di carattere sia fiscale che amministrativo – tende a crearsi un contesto più favorevole agli investimenti.
Il nostro volume sollecita insomma le Istituzioni ai necessari processi di riforma per allineare il nostro Paese alle esigenze di una economia globalizzata e si conclude con una bozza di proposta di legge che riteniamo possa essere una utile base di discussione per il processo di privatizzazione dei porti e il riassetto normativo della parte marittima del Codice della Navigazione.