Nei giorni scorsi diversi articoli di stampa si sono interessati delle recenti sentenze del TAR toscana in merito a provvedimenti dell’Autorità volti alla pianificazione attuativa di limitate aree comprese nell’ambito del Piano regolatore portuale (PRP) di Livorno che hanno fatto emergere prepotentemente il tema della portata della potestà pianificatoria delle Autorità di sistema portuale nell’ambito disciplinato dal PRP stesso.
Dalle sentenze si possono distillare le seguenti tesi:
- L’articolo 5 della legge n. 84/1994 prevede, ai fini della pianificazione del sistema dei porti, solo lo strumento del Piano Regolatore Portuale (PRP).
- Le norme attuative del PRP non sono idonee a introdurre un potere pianificatorio di dettaglio che non è esplicitamente previsto dalla legge n. 84/94.
- I progetti unitari riguardanti l’intero terminal previsti dalle Norme tecniche di attuazione (NTA), da approvarsi da parte dell’AdSP e preliminari alla realizzazione da parte degli operatori degli interventi a terra, non sarebbero comunque equiparabili ad uno strumento attuativo di secondo livello, ne idonei a modificare la distribuzione delle funzioni caratterizzanti già prevista dal P.R.P.
- Il riferimento all’articolo 111 della L.R. n. 65/2014, che disciplina l’approvazione dei piani attuativi in materia urbanistica, sarebbe errato poiché la pianificazione portuale troverebbe unica e compiuta disciplina nell’ambito della legge n. 84/1994 che ha altro oggetto rispetto a quella urbanistica, avente la funzione di disciplinare lo sviluppo dell’assetto del territorio.
La portata di tali affermazioni assume un rilievo considerevole. Il fatto che il Piano regolatore portuale avesse una valenza urbanistica e potesse essere assimilato ad un piano di tipo strutturale – strumento di pianificazione intrinsecamente flessibile, che ben si possa adattare alla spesso rapida evoluzione delle necessità infrastrutturali di un porto commerciale, le quali costringono a continue “correzioni di rotta”, pur nell’ambito delle generali linee di sviluppo del porto medesimo – sembrava un concetto ormai assimilato, dopo anni di dibattito presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici in ordine al processo di elaborazione delle linee guida dei piani regolatori portuali e, soprattutto, condiviso dai vari livelli di Governo del territorio che mai l’hanno messo in discussione.
E il Piano Strutturale, che innova concettualmente il vecchio PRG, è lo strumento di pianificazione urbanistica generale che viene predisposto dall’ente locale sul proprio territorio, per delineare l’identità culturale, le scelte strategiche di sviluppo e per tutelarne l’integrità fisica ed ambientale.
Che si possa rintracciare un intima connessione tra il PRP e gli strumenti urbanistici territoriali è ulteriormente testimoniato da quanto previsto dall’art. 44-bis della legge urbanistica regionale 10 novembre 2014, n. 65, che recita: “ferma restando la verifica di conformità al Piano di indirizzo territoriale (PIT) effettuata assicurando il coinvolgimento degli organi ministeriali competenti, per l’approvazione del piano regolatore portuale (PRP)[…], si procede mediante accordo di pianificazione […], a cui partecipano la Regione, l’Autorità di sistema portuale, le province e i comuni territorialmente interessati”.
Insomma, l’Autorità ha operato nel presupposto, finora condiviso, che il PRP fosse da considerare alla stregua di un piano urbanistico generale e che quindi ammettesse una pianificazione attuativa derivata, di competenza presidenziale in quanto, come confermato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non esplicitamente citata tra le competenze del Comitato di gestione, e quindi afferente alle competenze residuali di cui all’articolo 8, comma3, lettera r) della Legge.
Se così non fosse, mutatis mutandis, verrebbero messe in discussione le relazioni apparentemente assodate tra PRP e pianificazione regionale e locale, estromettendo regione e comune da qualsiasi competenza in materia di pianificazione o attuazione del PRP. Sostiene il TAR che non può darsi alcun presupposto per l’applicazione in ambito portuale, nemmeno analogica, della normativa urbanistica e che la disciplina del P.R.P., una volta intervenuta, preclude l’intervento di altre regolamentazioni, generali o di settore, tra l’altro la pianificazione attuativa di dettaglio.
Senza drammatizzare, l’Autorità può sempre operare con gli strumenti previsti dalla Legge come l’adeguamento tecnico funzionale (ATF) o le varianti semplificate, se del caso, facendo riferimento anche alle recenti norme semplificatorie in materia di ATF e procedure ablatorie, e quindi dal punto di vista operativo le sentenze non introducono alcun impedimento, né di sostanza né temporale, all’azione dell’Autorità che, già nel PAD, prevedeva tempi piuttosto lunghi, dell’ordine di 10 anni, per realizzare gli obiettivi.
Speriamo invece di aver meglio fatto comprendere a chi legge la complessità della materia esaminata dal TAR, della cui novità si dà ampio atto, respingendo anche temerari e pretestuosi tentativi di richiesta di risarcimento. Evocare sic et simpliciter la sculacciata, che, nel caso, riguarderebbe diversi soggetti, parrebbe irrispettoso nei confronti di una decisione del consesso fiorentino evidentemente sofferta tanto da fermarsi alla prima puntata dell’analisi: non c’è scritto e quindi non vale !
La mancanza di organicità e chiarezza delle normative sulla gestione dei porti del resto è un tema ben noto: ma non può essere risolta a colpi di TAR. Alla luce di ciò, un ricorso al Consiglio di Stato potrebbe essere valutato solo al fine di chiarire la natura e portata urbanistica dello strumento di pianificazione portuale, nonché le sue relazioni con la pianificazione urbanistica regionale e comunale e le relative norme di attuazione.
Per il momento la questione è stata sottoposta all’attenzione della Regione e a giorni sarà interessato il Consiglio superiore dei Lavori pubblici, massimo consesso tecnico in materia di PRP. Nel frattempo si procede con la progettazione degli interventi.