Nove porti su dieci a livello globale sono sovra esposti a rischi climatici dannosi, con conseguenti impatti economici crescenti sul commercio globale.
Ad affermarlo è l’Environmental Change Institute (ECI) dell’Università di Oxford, in uno studio pubblicato pochi giorni fa.
Secondo gli studiosi, i porti sono localizzati in aree di rischio, lungo le coste o vicino ai fiumi, e dovranno presto far fronte all’innalzamento del livello del mare e a tempeste sempre più violente, causate dal cambiamento climatico in atto.
I danni conseguenti alle infrastrutture e le inevitabili interruzioni alla catena logistica avranno conseguenze di vasta portata per il commercio globale.
Lo studio dell’ECI ha fornito un quadro dettagliato dei rischi climatici per 1.340 dei porti più importanti a livello globale.
“Abbiamo scoperto che l’86% di tutti i porti è esposto a più di tre tipi di rischi climatici e geofisici”, ha affermato il responsabile della ricerca Jasper Verschuur. “Si prevede che le condizioni estreme in mare causeranno interruzioni operative a circa il 40% dei porti a livello globale”.
Inoltre, “i porti sono esposti ad altri pericoli, tra cui inondazioni fluviali e terremoti, quindi i progettisti e gli operatori portuali devono prendere in considerazione molteplici rischi. Se ciò non accade, potremmo assistere a gravi interruzioni del commercio globale e delle catene di approvvigionamento”.
Il rischio climatico ammonta a 7,6 miliardi di dollari all’anno, la maggior parte dei quali è attribuita ai cicloni tropicali e alle inondazioni fluviali dei porti. Oltre ai danni fisici, i tempi di inattività dei porti associati a questi pericoli naturali mettono a rischio scambi per un valore di 67 miliardi di dollari ogni anno, il che potrebbe comportare costosi ritardi, perdite di entrate e impatti sull’economia in generale.