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Analisi di mercato

Quei container che nessuno vuole

di Redazione Port News

La progressiva contrazione della domanda di trasporto causata dall’indebolimento dell’economia globale sta avendo un impatto positivo sui colli di bottiglia delle catene di approvigionamento. La flessione dei consumi ha infatti ridotto la pressione sui porti, contribuendo a risolvere parzialmente i problemi di congestione.

Per verificare la veridicità di questa affermazione basterebbe consultare l’Ocean Timeliness Index (OTI) di Flexport, utilizzato per misurare il tempo che impiega la merce proveniente dall’Asia per raggiungere un porto nordamericano o uno europeo

Se all’inizio del 2022 il tempo medio per raggiugere gli USA dal Far East (in east e west bound) era di circa 112 giorni, nell’ultimo mese questo si è ridotto di 31 giorni, passando a una media di 81. Nel periodo pre-pandemico, l’OTI si era attestato invece attorno a una media di 45 giorni. Ciò significa che i problemi di congestione si stanno gradualmente rivolvendo.

I tempi di consegna dall’Asia all’Europa sono invece passati da una media di 122 giorni registrata questa primavera ad una di 85 giorni. Anche in questo caso, il miglioramento è intervenuto nell’ultimo mese e mezzo. I continui scioperi che ad Agosto e Settembre hanno interessato diversi porti britannici e tedeschi hanno infatti impattato non poco sul rispetto delle schedule programmate dai carrier. Nel pre-pandemia la merce veniva mediamente consegnata in 55 giorni. Anche, in questo casi, quindi, si registra un progressivo riavvicinamento alla normalità.

Il miglioramento dei tempi di consegna e la risoluzione dei problemi di congestione avranno come effetto secondario quello di rendere disponibile una quantità innumerevole di container vuoti, di cui – pure – c’è oggi scarsa richiesta.

La guerra, l’alta inflazione e l’inasprimento delle politiche monetarie delle banche centrali stanno di fatto accelerando il rallentamento della crescita economica, alimentando la volatilità dei mercati e spingendo le aziende ad esprimere forte preoccupazione per le scorte elevate e le vendite più deboli del previsto.

«Per i proprietari di container, ciò potrebbe potenzialmente tradursi in un aumento delle tariffe di stoccaggio nei magazzini» afferma Johannes Schlingmeier, cofondatore e CEO di Container xChange, la piattaforma che collega utenti e fornitori nella logistica dei container.

«I porti potrebbero infatti essere presto travolti da una marea di vuoti» afferma il direttore generale di Assiterminal, Alessandro Ferrari. «I terminalisti potrebbero arrivare a fare utili sulle soste, perdendo però spazi operativi vitali in banchina, a danno quindi dell’efficientamento delle operazioni di carico e scarico della merce. Gli utili sui vuoti non possono compensare le perdite operative rispetto alla contrazione degli spazi e all’aumento dei costi».

Gli ultimi dati sul commercio di container fotografano l’attuale situazione di mercato. Le spese di nolo di un container standard da venti piedi per un viaggio dalla Cina al Nord America risultano in calo da Maggio e ad Ottobre hanno toccato i 344 dollari. Mentre dalla Cina all’Europa, le spese di nolo sono calate dai 2845 dollari di Gennaio ai 1726 dollari di Maggio, arrivando a 910 dollari di Ottobre.

Anche i prezzi per la compravendita dei container usati hanno subito forti ribassi, in tutti i principali mercati, calando ad esempio negli USA del 9% ad Ottobre rispetto al mese precedente e attestandosi attorno a un valore medio di 3286 dollari (contri i 3609 dollari di Settembre).

Gli squilibri tra domanda e offerta di container, la progressiva disponibilità di container vuoti e la scarsità di spazi disponibili nei magazzini per il loro stoccaggio saranno, secondo XChange, tutti fattori che andranno a condizionare il mercato per i prossimi mesi.

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