«La Cina e la Russia hanno una visione geopolitica che, pur nascendo da ideologie parzialmente diverse, è pressoché identica. È fondata sull’assunto che l’affermazione degli interessi nazionali non vada sottoposta al diritto internazionale ma perseguita con l’uso della forza».
L’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata non ha dubbi al riguardo: «Sbaglia chi pensa che Pechino voglia discostarsi dalla posizione russa sulla invasione dell’Ucraina. Se lo volesse, Xi Jinping potrebbe interrompere la guerra in pochi minuti. Basterebbe una telefonata. D’altronde è evidente che la guerra sta danneggiando gli interessi economici cinesi sulle Vie della Seta, spingendo per altro al riarmo paesi come il Giappone e l’Australia. Ma il presidente cinese ha deciso di non intervenire. Anzi, in un paio di occasioni si è anche astenuto sulle risoluzioni di condanna per l’invasione, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e all’Assemblea Generale».
Per l’ex ministro agli Affari Esteri del Governo Monti, «nelle ultime cinque settimane dalla stipula dell’accordo olimpico tra i due Paesi si è fatto sempre chiaro il disegno comune che stanno perseguendo».
«Entrambi considerano la riscrittura della storia un punto dirimente della propria politica espansionistica» dice Terzi. «Putin, in particolare, ha come obiettivo quello della ricreazione dell’ideale imperiale della Russia Zarista combinato con il riscatto dalla sconfitta per lui rappresentata dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia».
Il presidente russo «si muove su uno sfondo ideologico sempre più radicalizzato. L’ideologia imperiale zarista è però anacronistica, è due secoli indietro rispetto a tutto quello che il post seconda guerra mondiale ha cercato di creare in Europa, regolando i rapporti tra blocchi di Stati sulla base del diritto, delle attività multilaterali e della crescita economica. Putin ha spazzato tutto questo, affermando a gran voce che la Russia deve espandersi territorialmente per garantire sicurezza e benessere al proprio popolo».
Anche Xi Jinping arriva al potere con l’ideale del riscatto dalle offese subite in epoca coloniale: «Il presidente della Repubblica popolare cinese vuole tornare all’unitarietà della grande Cina, puntando sulla espansione territoriale e sulla crescita della propria influenza economica nel mondo. Da qui la militarizzazione del Mar della Cina, l’invenzione delle Vie della Seta, la pressione sui Paesi Vicini, a cominciare dalla Birmania».
Terzi di Sant’Agata è chiaro: «L’uso della forza è stato il comune denominatore della politica estera sia russa che cinese negli ultimi 10 anni. L’obiettivo comune è quello di acquisire una posizione dominante in tutti i campi, dalla sicurezza all’informatica, passando per le biotecnologie, la comunicazione e l’intelligenza artificiale».
Ed entrambi hanno un antagonista comune. L’Occidente. «Per Putin è la Nato, per la Cina sono gli Stati Uniti e i paesi dell’Indo Pacifico vicini a Washington. Anche l’Unione Europea è considerata un nemico, anche se in modo non così dichiarato. L’UE rappresenta il centro economico e di aggregazione che bisogna destabilizzare».
In che modo: «Creando artatamente situazioni che facciano emergere la propensione egoistica di ogni paese membro, influire politicamente, economicamente, sui 27 Paesi nel loro insieme per disaggregare la loro capacità di risposta complessiva».
In fondo, secondo Terzi, è questo il succo dell’Accordo Olimpico siglato dai due Paesi, una sorta di Patto di Acciaio. «Putin si impegna a sostenere le rivendicazioni di Xi Kinping su Taiwan, ad esempio, e Xi Jinping si impegna a sostenere le rivendicazioni di Putin nel contrastare l’alleanza atlantica, sia con mezzi pacifici, non militari, che militari. La Cina non è arrivata al punto di sostenere militarmente le ambizioni putiniane ma dal punto di vista politico l’obiettivo è convergente».
Terzi tiene a sottolineare come la Guerra in Ucraina sia partita pochi giorni dopo la firma dell’accordo olimpico: «Xi Jinping non poteva non sapere che Putin avrebbe invaso l’Ucraina».
Fa tutto parte di una strategia condivisa: «Entrambi sono consapevoli che la contrapposizione con l’Occidente è destinata a durare nel tempo. L’invasione dell’Ucraina, sebbene dannosa per gli interessi contingenti della Cina, è in prospettiva uno strumento attraverso il quale disaggregare l’Occidente».
Secondo l’Ambasciatore, Russia e Cina hanno anche punti di convergenza sulle Vie della Seta: «La BRI è uno strumento di dominio logistico ed economico che Pechino mette a disposizione della Russia. Non tutte le vie della seta passano per la Russia, una buona parte attraversa anche l’Asia centrale e quei paesi che devono obbligatoriamente tenere conto delle ambizioni russe. Ne conosciamo un paio che sono strategicamente importanti e che ospitano milioni di russofoni».
La Via della Seta diventa insomma lo strumento attraverso il quale piegare un Paese alla proprie volontà ed è uno strumento che, secondo il nostro, potrebbe permettere alla Russia di avere dei propri corridoi commerciali in Europa.
Se questo è il quadro, «L’UE e l’Italia devono ricompattarsi in tempi rapidi, ricostituire un equilibrio complessivo anche dal punto di vista militare e della difesa comune dei confini. Davanti abbiamo un’unica realtà, Russia-Cina, che vede i singoli paesi occidentali quali spazi contendibili da conquistare. Per questo l’attacco all’Ucraina è un attacco al cuore dell’Europa».