Le imprese che operano nel settore della logistica e dei trasporti hanno oggi acquisito una nuova consapevolezza verso le potenzialità offerte dalla digitalizzazione. Ne abbiamo avuta contezza durante la conferenza Global Liner Shipping Asia, tenutasi a Singapore il 17 e 18 settembre scorsi. Il convegno ha fornito l’occasione di testare con mano quali e quanti siano i reali progressi compiuti dai porti sul terreno dell’ICT.
In un mondo globale e connesso, in cui i settori della produzione e della logistica non sono più considerati come universi separati, in un mondo in cui la lotta all’inquinamento climatico diventa un elemento decisivo di competitività delle economie nazionali (vedi IMO 2020), il successo di un Sistema Paese dipende sempre di più dalla riuscita del matrimonio tra logistica e innovazione digitale. È questa la lezione che si trae dall’esperienza degli smart port più avanzati.
L’obiettivo, considerato prioritario e strategico da chiunque operi nella filiera dei trasporti, è quello di arrivare a definire una supply chain senza soluzione di continuità, e senza colli di bottiglia, in cui le merci riescano a transitare celermente nel porto per arrivare a destinazione quanto prima possibile.
I porti possono essere il faro di questo percorso di rinnovamento, a patto che riescano a superare gli ostacoli che sino a oggi ne hanno rallentato il cammino.
Lo scalo portuale di Singapore è da questo punto di vista un esempio virtuoso da seguire e imitare. Sono rimasto visibilmente sorpreso dalle iniziative che la Maritime and Port Authority ha saputo mettere in campo per migliorare gli standard qualitativi del suo porto: i calcoli dell’orario di arrivo stimato delle navi (ETA) hanno raggiunto livelli di precisione assoluti.
Va detto che il Governo singaporiano è un apripista importante per gli scenari futuri, essendo stato uno dei primi a definire una mappa di trasformazione dell’industria logistica (Industry Transformation Maps).
Singapore investe da tempo in strutture di nuova generazione con unità ad alta specializzazione che incoraggiano l’insediamento delle aziende e incentivano l’uso di tecnologie avanzate. Inoltre, l’Autorità Portuale locale concede finanziamenti alle startup digitali.
Anche il mondo accademico è chiamato in causa. Il ministro delle infrastrutture, Lam Pin Min, ha annunciato nell’aprile del 2019 che il Singapore Maritime Institute (SMI) preparerà “la Singapore Maritime R&D Roadmap 2030”, con la quale intende ottimizzare gli sforzi sul fronte dell’innovazione digitale, della security, della ecosostenibilità ambientale e dei processi di automazione delle navi e dei terminal portuali.
Il caso di Singapore ci aiuta a capire quanto sia importante pensare se stessi in un contesto globale dominato dalla crescita dei servizi digitali, dell’IT e delle telecomunicazioni, e – soprattutto – ci aiuta a comprendere quanto sia fondamentale sviluppare una visione di insieme che consenta a ciascun porto di travalicare i confini regionali e nazionali entro cui è abituato a operare.
Calista è un esempio dei risultati che possono essere raggiunti sul fronte della interoperabilità se tutti gli attori della filiera logistica cominciano a collaborare tra di loro: la piattaforma globale della supply chain singaporiana riunisce flussi fisici, finanziari e digitali per favorire la collaborazione nazionale e internazionale tra produttori, fornitori di servizi logistici e altri stakeholder.
Ecco che un intero ecosistema tecnologico sta emergendo proprio grazie al ricorso a reti formali e informali tra imprese, istituzioni e Stati. Per prosperare nell’era digitale è necessario importare innovazione e attrarre professionalità e startup da ogni parte del mondo.
I porti possono essere un importante laboratorio per testare le nuove sfide digitali: assieme alle dogane e alle agenzie di sicurezza possono contribuire a ridurre le inefficienze della movimentazione multimodale e a definire i parametri di un nuovo modello di sviluppo della logistica.
La strada è già stata tracciata, bisogna avere il coraggio di seguirla.