Trump, scatta l’ora dei dazi. Ieri, in quello che il presidente americano ha definito essere “il giorno della liberazione che tutti aspettavamo da molto tempo”, è stata annunciata l’introduzione del 10% minimo di sovrattasse su tutto l’import negli USA. E percentuali molto più alte per una sessantina di paesi, dalla Cina (34% di dazi) all’Indonesia (32%), dalla Cambogia (49%) all’India e alla Malesia (26 e 24%), da Taiwan (32%) al Vietnam (46%). Esclusi dalla tagliola Canada e Messico, che pure rimangano soggetti al pagamento delle tariffe del 25%, decise precedentemente, mentre l’Unione Europea è stata colpita con il 20% di tariffe extra.
Trump ha anche annunciato che dalla mezzanotte del 2 aprile scatteranno dazi del 25% delle auto prodotte all’estero
Il liberation day americano rischia di trasformarsi in un giorno nero per il mercato del trasporto marittimo.
“Con queste nuove tariffe, Trump dichiara guerra al mondo intero” scrive il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen. “Gli spedizionieri e i caricatori in import lavoreranno a pieno ritmo nei prossimi giorni per valutare l’impatto dei nuovi dazi sulle loro attività”-
Intanto l’UE ha annunciato ulteriori contromisure commerciali, dichiarandosi pronta a negoziare con gli Stati Uniti per evitare ricadute negative sull’economia globale. «L’annuncio del Presidente Trump di tariffe universali su tutto il mondo, compresa l’Unione europea, è un duro colpo per l’economia mondiale», ha spiegato Ursula von der Leyen . «Le conseguenze saranno terribili per milioni di persone in tutto il mondo».
Anche la Cina non se ne è rimasta a guardare. Il ministero del commercio cinese ha chiesto a Washington di “annullare immediatamente” i nuovi dazi, avvertendo che “mettono a repentaglio lo sviluppo economico globale”. Ha chiesto agli USA di trattare: “Non c’è un vincitore in una guerra commerciale e non c’è via d’uscita per il protezionismo”.
Gli esperti si aspettano un rialzo dell’inflazione, e prezzi più elevati nel settore dei trasporti.
“I dazi dell’era Trump 1.0 nei confronti della Cina erano sicuramente inferiori a quelli appena annunciati dal presidente americano, eppure sono bastati da soli congelare i flussi di traffico tra la Cina e gli USA” afferma Philip Damas, capo della divisione Supply Chain Advisors di Drewry.
“Dal 2018 ad oggi, i volumi di merce in container spediti dal Paese asiatico verso quello americano non sono aumentati. Nello stesso periodo, il Vietnam, che era esente dal pagamento di dazi, ha beneficiato di un aumento del 45% delle spedizioni verso gli Stati Uniti” aggiunge.
Secondo Damas, il mercato del trasporto marittimo ha dimostrato nel passato di essere estremamente sensibile alle pressioni commerciali statunitensi. Citando uno studio pubblicato recentemente, l’analista sostiene come vi sia una correlazione inversamente proporzionale tra i dazi statunitensi e l’andamento degli scambi commerciali, per cui all’aumento di un punto percentuale delle prime corrisponde una eguale diminuzione percentuale dei flussi di traffico.
La situazione potrebbe peggiorare oggi, con l’applicazione delle nuove tariffe ad un nutrito gruppo di Paesi.
Damas sottolinea come i paesi asiatici meno colpiti dalla scure di Trump siano le Filippine, cui è stato applicato un 17% di dazi per le esportazioni verso gli USA, la Malesia (colpita con il 24% di tasse) e la Corea del Sud, con il 25% di tariffe extra.
A detta dell’esperto di Drewry, i primi due paesi citati potrebbero a ragion veduta collocarsi nel medio periodo ai primi posti come sedi nearshore nella Regione asiatica, specie se i dazi dovessero diventare permanenti. “D’altronde – fa osservare Danas – queste nazioni, unitamente al Vietnam, all’Indonesia e alla Thailandia, si stavano già posizionando per attrarre maggiori investimenti nell’elettronica e nell’automotive”.
Insomma, “le politiche commerciali radicali degli Stati Uniti avranno sicuramente diverse ricadute negative per molte economie nazionali, ma alcune di queste potrebbero acquisire un vantaggio competitivo grazie al prevedibile riorientamento delle direttrici di traffico”.
L’industria dello shipping dovrà quindi prepararsi ad affrontare nuove incognite, che andranno a sommarsi alle difficoltà esistenti nella gestione delle situazioni di crisi che si sono succedute negli anni. Con una preoccupazione in più, rappresentata dalla possibile introduzione da parte degli USA di nuove tasse portuali nei confronti delle compagnie di navigazione cinesi, delle navi costruite in Cina e di qualsiasi operatore marittimo che abbia nella propria flotta anche soltanto una nave costruita in Cina o una singola nuova costruzione su ordinazione presso un cantiere cinese.
“Le tariffe Trump 2.0 rimodelleranno il commercio internazionale e le compagnie di navigazione dovranno ripensare le proprie strategie e i modelli di business, adattandosi alle nuove realtà” è la riflessione conclusiva di Damas.