«L’Italia soffre di un handicap infrastrutturale ma anche tecnologico rilevante. Ha ragione Alessandro Pitto quando critica i rallentamenti legati alla realizzazione della Piattaforma Logistica Nazionale. Il tema del Port Community System (PCS) è centrale per il futuro del nostro Paese ma forse non lo abbiamo ancora compreso».
Parte da qui la riflessione che il direttore generale di Spediporto, Giampaolo Botta, consegna a Port News.
Dopo essersi soffermato su un argomento di stretta attualità come il Coronavirus, Botta prende le mosse dall’intervento tenuto recentemente dal presidente della sua Associazione in occasione del workshop “Porti liguri oggi e domani tra infrastrutture passate e future” organizzato da Ship2Shore.
Nelle sue dichiarazioni, riportate peraltro fedelmente da Shipping Italy, Pitto aveva chiesto un’accelerazione sullo sviluppo delle infrastrutture digitali, ancora rimaste al palo: «Quella di Alessandro non è una critica fine a se stessa ma uno stimolo a recuperare il terreno perduto. Signori, questa è l’ultima chiamata, non arriveranno altri treni: i processi di oligopolizzazione e concentrazione di cui Nereo Marcucci evidenzia il rischio di una insostenibilità sociale possono essere gestiti soltanto nella misura in cui i porti riescano a diventare interlocutori attivi e propositivi».
Il dg di Spediporto pensa all’intervista rilasciata su Port News dall’ex presidente di Confetra: «Condivido le sue preoccupazioni: la magnitudo che certe realtà possono esprimere, specialmente a livello finanziario, è immensamente superiore a quella di qualsiasi spedizioniere e operatore logistico».
In cima alla lista ci sono gli operatori dell’e-commerce, come Alibaba e Amazon: «Questi colossi hanno ingenti liquidità, che a volte superano i 50-60 miliardi di dollari. Il loro cash flow è imponente e può impensierire più di uno Stato».
Peraltro, mentre la società cinese rimane un operatore b2b, l’azienda di commercio elettronico statunitense è b2C: «Questo vuol dire che è in grado di bypassare gli intermediari della vendita e della logistica, ma anche quelli della rivendita al dettaglio, perché può arrivare direttamente al consumatore. Si tratta di qualcosa di rivoluzionario rispetto alle dinamiche commerciali tradizionali».
La customerizzazione dei servizi offre molte opportunità ma genera anche molti rischi: «É evidente, la potenza di fuoco di queste multinazionali è enorme. Oggi Amazon può imporre il proprio modello di business a tutti gli anelli della catena logistica. Quello che rende potente una società di market place è la sua capacità di gestire i dati immateriali, essendo in grado di definire attraverso gli analytics l’identikit del consumatore e di profilarne i gusti».
Ed è qui che occorre intervenire: «Non è vero che uno Stato non può fare niente: i nostri operatori, ad esempio, gestiscono una massa di informazioni che andrebbe messa a sistema».
I singoli Port Community System elaborati dalle varie AdSP da soli non bastano, per Botta è necessaria una visione di insieme, è necessaria insomma quella Piattaforma Logistica Nazionale che oggi stenta a decollare: «Se i nostri porti non saranno in grado di presentarsi con una soluzione informatica condivisa che consenta agli operatori di interagire tra di loro, se non sapremo cioè controproporre una piattaforma digitale avanzata, come quella che hanno ad esempio in Germania, non potremo mai sperare di contingentare l’espansione senza limiti di questi leviatani».
C’è poi un altro tema di fondamentale importanza che secondo il Dg di Spediporto l’Italia e l’Europa stanno sottovalutando in modo spaventoso e che è il rinnovo della Consortia Block Exemption Regulation: «C’è una sottovalutazione paurosa del problema. Dal momento in cui si consente ai gruppi armatoriali di operare in deroga alle norme sulla concorrenza si dà loro la possibilità di entrare verticalmente nel mercato e di imporre le loro decisioni».
Botta fa l’esempio di una gara cui partecipi da una parte un singolo spedizioniere dall’altra un armatore: «Quali possibilità avrà quello spedizioniere di vincere il tender? Nessuna. Perché i servizi che quest’ultimo potrà offrire avranno un costo sicuramente maggiore rispetto a quelli messi in campo dalla compagnia armatoriale, che potrà imporre i propri noli marittimi e stabilire a quale prezzo vendere i servizi di handling nei terminal di cui ha la proprietà».
La situazione è sconfortante: «Stiamo demolendo le regole della concorrenza e lo stiamo facendo gratuitamente, senza cioè ricevere alcun beneficio economico in cambio. Gli unici a guadagnarci sono come al solito i grandi gruppi armatoriali».