Le banche europee si stanno progressivamente allontanando dal settore navale. A certificarlo è l’ultimo report di Petrofin Bank Research, che, per la prima volta da quando è stato pubblicato, evidenzia per gli istituti del Vecchio Continente un declino della percentuale totale dei finanziamenti navali al di sotto della soglia del 50%.
Nella top list delle 40 prime banche al mondo attive nello shipping, quelle europee (19 in totale) controllano infatti una esposizione di 143 miliardi di dollari, il 49,4% di quella totale, ad oggi pari a 289,39 miliardi di dollari.
Il calo più evidente è stato registrato dall’istituto di credito londinese HSBC e dal gruppo di servizi finanziari della Norvegia DNB ASA. Tra il 2022 e il 2021 la loro esposizione al settore navale si è ridotta rispettivamente del 18 e del 24%.
Nella top 40 non figurano istituti di credito italiani. Attualmente, i più attivi sul mercato mondiale risultano essere le francesi BNP Paribas e Credit Agricole CIB (con una esposizione rispettivamente di 20 e 13 miliardi di dollari), la cinese China Exim (15 mld), la tedesca KFW Ipex (15 mld), il gruppo bancario olandese ING (13 mld) e la Bank of China (13 mld).
Se le banche europee frenano, quelle asiatiche e australiane accelerano: il loro market share è passato complessivamente dal 40% del 2021 al 44% del 2022. Complessivamente hanno una esposizione di 127,3 miliardi.
Lo studio fa osservare come la crescita della flotta mondiale venga oggi supportata in misura crescente da forme alternative di finanziamento. In questo campo continuano a essere molto attive le società di leasing cinesi, giapponesi e coreane, in grado di sostenere il mercato delle nuove costruzioni con grandi somme erogabili a condizioni estremamente flessibili.
Petrofin sostiene che nel 2022 il totale dei finanziamenti bancari globali, compresi quelli erogati dalle banche regionali, sia ammontato a 350 miliardi di dollari. Il finanziamento totale delle attività navali, che include anche il leasing e e finanziamenti all’esportazione, è invece pari a 525 miliardi di dollari.
«Il settore bancario globale ha dovuto affrontare non poche sfide nel 2022» affermano i ricercatori di Petrofin, sottolineando come la guerra in Ucraina e le sanzioni internazionali abbiano provocato forti squilibri commerciali.
Non di meno, gli alti prezzi dell’Energia e l’inflazione galoppante hanno portato a un rallentamento della crescita del PIL e del commercio internazionale: «Quantunque i problemi di congestione portuale si siano oggi attenuti, favorendo una ripresa del commercio e degli ordini di nuove navi, le condizioni della domanda di finanziamento navale rimangono sfavorevoli» si legge nel report.
Secondo la società di consulenza, la guerra delle banche centrali contro l’inflazione e il conseguente inasprimento delle politiche monetarie ha avuto un impatto significativo sul mercato dei finanziamenti navali, con chiare ripercussioni che si manifesteranno anche per tutto il 2023.
L’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti oggi al 5,2%,a un livello mai raggiunto dall’estate del 2007, prima della crisi finanziaria, sta infatti impattando negativamente sulle condizioni di accesso al credito da parte delle compagnie di navigazione, riorientandone i comportamenti.
Mentre il settore bancario è sottoposto a crescenti pressioni, un numero sempre maggiore di banche si sta poi rivolgendo a criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) per essere aiutate a effettuare investimenti più sostenibili. Tale tendenza sta chiaramente limitando l’erogazione dei prestiti in ambito navale, facilitando quelli che favoriscono l’abbattimento delle emissioni di Co2 in mare. Non è un caso che le navi a doppia alimentazione rappresentino oggi il 47% di tutti gli ordini messi in campo.
La situazione rimane comunque incerta, il peggioramento dei fondamentali di mercato e la battaglia globale per costringere l’industria navale a fare la sua parte nell’affrontare il cambiamento climatico sta spingendo molti vessel owner a rimandare per il momento gli acquisti di nuove navi, in attesa di una possibile maturazione delle tecnologie ambientali destinate all’abbattimento delle emissioni di Co2 prodotte dalle attività navali: «La maggior parte dei proprietari sembra voler mantenere la liquidità sul proprio conto corrente e aspettare ad investire fino a che non si saranno meglio definiti i livelli di rischio e le opportunità di rendimento. Altri stanno invece rimborsando anticipatamente i prestiti ricevuti a causa del rialzo dei tassi di interesse praticati dalla FED».
Data la situazione, «non sorprende, quindi, che nel 2022 i prestiti bancari globali siano rimasti a livelli simili del 2021, con uno scostamento su base annuale di appena lo 0,25%» afferma ancora Petrofin, secondo il quale nel 2023 non dovrebbero esserci grandi cambiamenti nell’erogazione del credito.
«È sempre più evidente il passo indietro della finanza istituzionale europea rispetto allo shipping, un settore mai veramente compreso, a parte rare eccezioni (Grecia e, per un certo periodo, Germania) dal sistema bancario comunitario» dichiara a Port News il vice presidente di Conftrasporto, Gian Enzo Duci.
«Oggi le problematiche (e le incertezze) ESG ne stanno ulteriormente limitando il raggio di azione di molti istituti di credito, alcuni dei quali hanno ad esempio apertamente dichiarato di non volere più avere a che fare con il settore tanker» continua.
Per Duci lo shipping mantiene però fondamentali interessanti per l’investimento di soggetti alla ricerca di potenziali ritorni importanti, se pronti ad accettare un certo livello di rischio: «Dopo il round di interventi da parte di fondi di private equity orientati ai distress asset degli anni scorsi, ora è il turno dei fondi dedicati allo sviluppo di medio termine, al debt placement e al mezzanine finance. Lo ship finance mainstream è sempre più spostato in Asia, ma, per chi vuole approcciare il settore attraverso strumenti meno tradizionali, lo spazio c’è ancora anche in Occidente».