Focus

Gli art.17 alla sfida del cambiamento

«Studiare nuove rotte sul lavoro in porto»

di Redazione

«Il mondo del lavoro portuale necessita di interventi urgenti che consentano un effettivo ricambio generazionale».  Lo ha affermato Matteo Paroli nel corso del faccia a faccia che i vertici della Port Authority hanno avuto ieri con una delegazione di parlamentari della commissione trasporti di Montecitorio.

Dopo essersi soffermato sui passi in avanti registrati con il Fondo sull’incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori portuali, previsto nel Decreto Milleproroghe, il segretario generale dell’Ente di Governo dei porti di Livorno e Piombino, ha sottolineato tuttavia l’insufficienza di una misura alla quale le Autorità di Sistema Portuale possono destinare soltanto una quota pari all’1% delle entrate derivanti dalle tasse di imbarco e sbarco delle merci.

«Il complesso meccanismo su cui si regge il lavoro in porto comincia a mostrare i primi scricchiolii» ha avvertito Paroli, rivolgendosi ai parlamentari.

Paroli ha tenuto a ribadire quanto sia importante tutelare il ruolo dei pool di manodopera, ovvero delle agenzie o delle imprese chiamate, ai sensi dell’art. 17 della legge 84/94, a fornire lavoro temporaneo ai concessionari e ai soggetti imprenditoriali di cui all’art. 16 per l’esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali.

«L’art. 17 è il perno su cui si regge il modello del lavoro portuale in Italia» ha aggiunto Paroli, sottolineando, però, come il settore sia oggi sottoposto a radicali pressioni sulla scorta delle nuove sfide aperte dal PNRR, dalla innovazione tecnologia e dalla sostenibilità ambientale.

«Il modello organico con il quale è stato dal 1994 ad oggi gestito il delicato e del tutto peculiare settore della manodopera in porto merita di essere riletto con attenzione per poi valutare se esso necessiti di una diversa declinazione, più attinente al modo in cui oggi, a distanza di quasi 30 anni, si è sviluppata la logistica delle merci in transito nel porto»

Secondo il nostro, tale rilettura non potrà prescindere da una approfondita analisi che in ogni porto coinvolga in maniera costruttiva e collaborativa tutte le parti in gioco. «Qualsiasi variazione al modello organico attuale, infatti, non potrà in alcun caso incidere sulla sostenibilità tariffaria per l’utenza» ha affermato. «Il Legislatore del 1994 ha incontestabilmente dimostrato acutezza e visione e per questo non escludo che già all’interno della norma in vigore si possa trovare la giusta chiave di lettura per apportare quei cambiamenti operativi ed organizzativi che l’evoluzione del mercato oggi probabilmente richiede al lavoro in alcuni dei nostri principali scali nazionali».

Riferendosi a Livorno, Paroli ha dichiarato che l’Agenzia per il lavoro in porto, promossa dall’Autorità di Sistema Portuale e composta dai concessionari e da una parte delle imprese autorizzate allo svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali (secondo le modalità previste dal comma 5 dell’art. 17 della Legge 84/1994), ha sino ad oggi garantito al porto la piena soddisfazione del fabbisogno lavorativo.

Sulla scorta dei cambiamenti prodotti dalla crisi pandemica, il lavoro portuale nello scalo labronico è oggi chiamato – sempre secondo il nostro – a rispondere a nuove sollecitazioni e a rivedere i propri modelli organizzativi per renderli più idonei e rapidi a adattarsi alle fasi logistiche che si sono evolute nel nostro settore.

«L’esperienza sin qui maturata ha reso ancor più evidente come lo sviluppo e la crescita di un porto coincidano con l’interesse ad un’ordinata ed efficiente regolamentazione del lavoro» Ha concluso Paroli.

«Ciò richiede un ricorso più razionale e disciplinato alla fornitura di lavoro temporaneo. Un nuovo modello, dunque, che tenga in ogni caso in primo piano la assoluta necessità di mantenere invariati i costi tariffari per l’utenza e assicuri le ormai imprescindibili garanzie sociali ed economiche per i lavoratori del settore».