© Michela Canalis
Focus

Big carrier alle prese con il futuro

Tanti soldi, tanti problemi

di Redazione Port News

Niente di nuovo sotto il sole. Il recentissimo salvataggio di Moby per opera di MSC, effettuato sotto forma di aumento di capitale, fa parte di una strategia di integrazione verticale che i big carrier stanno portando avanti con determinazione da tempo.

E’ quella che, in una lucida analisi pubblicata su www.genteeterritorio.it, Pietro Spirito qualifica come la strategia avvolgente dei big carrier. Con i profitti enormi registrati nel business del trasporto marittimo di container, e con la previsione di un possibile downtrend in calendario per il 2023, le grandi compagnie stanno provando a diversificare le proprie attività e ad acquisire partecipazione più o meno strategiche un po’ in tutti i settori.

L’annuncio da parte del Gruppo Msc di voler entrare con una partecipazione di minoranza (pari al 25%) in Moby Spa ha come principale obiettivo quello di ricapitalizzare la controllata MSC Crociere, che vive un momento di difficoltà in un mercato che è stato travolto dall’onda lunga della pandemia, ma risponde anche alla necessità di investire le risorse accumulate in questi mesi.

In uno studio recentemente pubblicato, AlixPartners sottolinea come nel 2021 i vettori oceanici abbiano riportato un EBITDA pari a 82 miliardi di dollari, con un aumento del 387% sull’anno precedente. Un risultato incredibile, addirittura 16 volte superiore al livello pre-pandemia del 2019. Il fatturato combinato dell’ultimo anno ha superato i 265 miliardi di dollari, il 46% in più sul 2020 e un +55% sul 2019.

Complessivamente, i liner hanno aumentato le loro riserve di cassa di 43 miliardi di dollari, con una crescita del 178% rispetto ai livelli del 2019, a 67 miliardi di dollari. «They have yet to decide how to deploy those funds, or, if they have decided, they have yet to act on their decisions» afferma la consultancy firm, aggiungendo che «sulla base delle scelte di investimento effettuate, potremo comprendere quali saranno le compagnie più preparate ad affrontare le possibili difficoltà future».

Nel proprio outlook, gli analisti tengono a precisare che i vettori oggi sono più prudenti di quanto non lo fossero dieci anni fa. «Stanno spendendo i propri soldi con prudenza, come se si stessero preparando ad affrontare l’arrivo della tempesta», avvertono. Ma è anche vero che «hanno distribuito più del 26% dei loro guadagni  tra i debt ed equity holder»,  mentre «soltanto il 19% del totale è stato impiegato negli investimenti». Il restante 55% è stato messo da parte: «gli armatori stanno cercando di calcolare l’ammontare dei costi che dovranno sostenere per convertire le proprie navi al dual fuel» affermano gli esperti.

AlixPartners aggiunge che  i carrier hanno totalizzato nel 2021 circa 21 miliardi di acquisizioni e share buybacks (riacquisti di azioni). L’accordo da 3,6 miliardi di dollari per l’acquisizione di LF Logistics da parte di Maersk e l’offerta da 5,7 miliardi di dollari fatta da MSC per acquistare il 100% di Bolloré Africa Logistics, sono solo alcuni degli esempi che si possono individuare.

I logistic provider sono le prede più ambite. L’obiettivo è chiaramente quello di integrare i servizi di trasporto marittimo con quelli end-to-end lungo tutta la catena logistica.

Gli air freight operator saranno i prossimi target. I consulenti sottolineano infatti come Maersk, CMA CGM e MSC si stiano costituendo una propria flotta aerea. L’ultimo in ordine di tempo ad aver puntato i riflettori sul business del cargo aereo è proprio il gruppo di Aponte, che ha espresso l’interesse ad acquisire il controllo di ITA Airways. Lo scorso Novembre era stata invece Maersk ad annunciare l’intenzione di acquistare due aerei con l’obiettivo di implementare le proprie attività di trasporto, mentre, a Febbraio, CMA CGM ha fondato una sua divisione aerea.

Quasi tutti i liner hanno anche investito non poche risorse nell’acquisizione di nuove navi. La maggiorparte delle newbuilding entrerà in acqua nel periodo compreso tra il 2023 e il 2025.

«L’orderbook è più che raddoppiato rispetto ai livelli del 2020» si legge nello studio di AlixPartners. Nonostante le big company abbiano fatto tesoro degli errori del passato, archiviando la fase di depressione cominciata con la crisi dei mutui subprime e durata sino a tutto il 2020 per effetto dell’eccesso di tonnellaggio offerto, la capacità di stiva dovrebbe comunque aumentare del 23% entro il 2025. Un elemento, questo, che secondo gli studiosi, dovrebbe esercitare pressioni ribassiste sui noli.

Permangono, poi, sempre secondo AlixPartners, alcune preoccupazioni per il prezzo delle commodity, in particolare dell’acciaio e dei rottami di acciaio, che appare più che raddoppiato rispetto ai livelli pre-pandemia. I costi delle newbuilding sono aumentati del 26/28% rispetto al 2020 mentre sul mercato dell’usato il prezzo di una nave è aumentato del 200% nello stesso periodo. Per la consultancy firm, l’aumento dei prezzi potrebbe quindi scoraggiare i vettori dall’effettuare ulteriori ordini di grandi dimensioni nell’immediato futuro.

In conclusione, per AlixPartners le compagnie di navigazione hanno quindi più di una buona ragione per mantenere un atteggiamento prudenziale. «Chi lavora nello shipping non dimenticherà tanto facilmente questo periodo, fatto di noli e profitti alle stelle ma anche di servizi la cui qualità è progressivamente diminuita con il passare del tempo. Quando la fortuna girerà a loro sfavore, i liner non potranno contare sul supporto dei caricatori. Che, anzi, si faranno avanti con nuove richieste di riduzione delle tariffe di trasporto».

In sostanza, «le big company devono tenere bene a mente che le decisioni che prenderanno oggi avranno un riflesso sugli anni a venire. Tanti soldi portano anche tanti problemi e le relazioni con i clienti non devono essere trascurate».

Torna su