Come scritto su queste colonne, la nuova riforma fiscale voluta dal presidente Joe Biden, la Made in America Tax Plan, che punta all’introduzione di una nuova tassa globale, potrebbe colpire da vicino anche gli interessi delle grandi compagnie di navigazione.
Quello che propongono gli USA, infatti, è fissare un’aliquota impositiva minima proporzionale ai profitti contabili dichiarati dalle aziende. L’aliquota fissa costringerebbe le grandi multinazionali a pagare le tasse dove vengono guadagnati i loro ricavi e non dove i profitti vengono trasferiti. Si tratta chiaramente di una misura pensata per disincentivare il ricorso ai cosiddetti paradisi fiscali, luoghi dove le aziende trasferiscono spesso i loro affari consapevoli di ricevere un trattamento impositivo più favorevole.
La riforma di Biden sarebbe quindi epocale. L’aliquota deve ancora essere definita. La richiesta è quella di far pagare ai grandi gruppi una tassa pari al 15% sui profitti consolidati sopra i 750 milioni di euro di fatturato. Va però detto che ad oggi le condizioni di questo tax plan non sono ancora state delineate e che si fa soltanto una breve menzione allo shipping.
I Paesi potenzialmente interessati dalla misura sono 125. Alcuni Governi, come Singapore, intendono muoversi in direzione diametralmente opposta: da tempo chiedono infatti una esenzione piena per lo shipping. La Germania, invece, pare fermamente orientata a non permettere alcuna eccezione alla regola.
Chi sostiene la riforma ritiene che sia giusto tassare gli extra profitti totalizzati dalle compagnie e che grazie ai regimi fiscali forfettari, le stesse godono di trattamenti fin troppo agevolati. La concorrenza – è questo il ragionamento – non può essere sviluppata sulla base della capacità di un Governo di introdurre regimi fiscali più o meno favorevoli.
Chi la contrasta, afferma come le agevolazioni fiscali permettano di mantenere migliaia di posti di lavoro.
Sentita da Port News, Confitarma ha spiegato come siano in corso tentativi per escludere lo shipping da tale nuovo approccio fiscale perché regolato da normative che consentono agli Stati Membri di adottare misure di incentivazione allo sviluppo e all’occupazione.
Il World Shipping Council, l’International Chamber of Shipping (ICS), l’European Community Shipowners’ Associations (ECSA) e Cruise Line International Association (CLIA), hanno fatto propria questa battaglia.
Se tali tentativi non andassero a buon fine «metteremmo in discussione anni e anni di politica fiscale mirata allo sviluppo di cluster marittimi, rafforzamento dei registri navali, sviluppo di competenze in una gamma di servizi specialistici e soprattutto effetti di natura sociale». A dirlo è Mario Mattioli, Presidente Confitarma.
«Molti Paesi Europei – prosegue Mattioli – hanno introdotto regimi fiscali incentivanti nell’ambito delle linee guida dell’UE, denominati sistemi di tassazione sul tonnellaggio, attraverso i quali è stata sostenuta la crescita dei registri navali di tali Paesi e promossa l’occupazione dei marittimi comunitari. La cosiddetta tonnage tax si è affermata come strumento di vantaggio, utile alla crescita del PIL degli Stati che l’hanno promossa.
Si tratta di uno strumento che per il numero uno della Confederazione «va incoraggiato e che non è ricompreso nell’elenco delle pratiche fiscali dannose». Mattioli ribadisce inoltre che in considerazione della ciclicità dello shipping, «i sistemi di tassazione forfetaria del reddito determinano una stabilizzazione del carico fiscale societario, mediante la previsione di un profitto giornaliero “presunto” a cui va applicata l’aliquota standard di un Paese».
La Confederazione Italiana Armatori sottolinea come tali sistemi di tassazione obblighino le società di trasporto a vincolarsi a questo regime per almeno 10 anni: «Se valutato su tale arco temporale (in cui si verificano fisiologicamente anche risultati in perdita), il carico fiscale effettivo risulta essere in linea con quello di società tassate secondo criteri ordinari che, al contrario, ammettono la deducibilità analitica di ammortamenti, oneri finanziari e costi di gestione della nave».
Il presidente di Confitarma conclude il proprio ragionamento affermando che «un cambiamento dei criteri di tassazione delle imprese di trasporto marittimo risulterebbe infine particolarmente penalizzante in una fase post Covid in cui le imprese dello Shipping saranno fortemente impegnate nella vera battaglia per la salvaguardia del Pianeta, cioè il miglioramento dell’ambiente».