Non cessa di far discutere la proposta avanzata nei giorni scorsi del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America (United States Trade Representative, USTR) di imporre tasse portuali alle compagnie di navigazione cinesi, alle navi costruite in Cina e a qualsiasi operatore marittimo che abbia nella propria flotta anche una sola nave costruita in Cina o una singola nuova costruzione su ordinazione presso un cantiere cinese.
Stando agli ultimi dati forniti da Alphaliner, oltre un terzo dell’attuale flotta di portacontainer risulta essere stato costruito nei cantieri navali cinesi. Si tratta del 37,8% del totale. Le compagnie di navigazione che risulterebbero essere maggiormente penalizzate dalla Ships Proposed Action presentata dall’USTR sono Cosco, con 305 unità costruite in Cina. A seguire CMA CGM, MSC e Maersk, che hanno rispettivamente 265, 211 e 197 unità made in China presenti nelle proprie flotte.
Non solo. L’orderbook attuale (composto da poco meno di 800 navi, con una capacità totale di oltre 9 milioni di TEU) ha oltre il 70% degli ordini piazzati presso i cantieri navali cinesi.
Sette delle prime dieci società cantieristiche navali al mondo sono infatti localizzate in Cina. In prima posizione Jiangsu NewYangzi Shipbuilding, con 89 nuove portacontainer in costruzione. A seguire, New Times Sb, con 70 newbuilding, e Guangzhou Wenchong, con 53 nuove unità.
Per arrivare alla prima società cantieristica navale non cinese bisogna scendere alla quinta e sesta posizione con i cantieri sud-coreani di Hyundai Sambo (42 newbuilding) e Hyundai Ulsa (39 nuove unità).