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Interventi

Autorità di Sistema Portuale al bivio

Tasse e porti, 60 giorni per l’Impresa

di Enrico Vergani

Avvocato marittimista dello studio BonelliErede

Sensitive. Così viene espressamente classificata la decisione adottata il 4 dicembre scorso dalla Commissaria alla Concorrenza in merito all’esenzione fiscale IRES prevista per le Autorità di Sistema Portuali (“AdSP”), ritenendola incompatibile, sotto il profilo della distorsione della concorrenza, con i principi dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato.

L’aggettivo non è improprio: sessanta giorni dalla notifica in forma ufficiale della decisione – ad oggi non ancora perfezionatasi – è il termine draconiano richiesto al fine di porre mano alla richiesta modifica normativa, che dovrebbe entrare in vigore al più tardi nel 2022. Le conseguenze di un mancato adeguamento possono essere estremamente serie, traducendosi non solo nell’apertura di una procedura di infrazione, ma in possibili ricadute negative sull’accesso al Recovery Fund di cui, in materia di logistica, l’Italia ha un bisogno estremo.

La decisione mostra il fianco a critiche, soprattutto nell’identificazione del mercato rilevante: per i porti italiani il benchmark sarebbe costituito dai porti del grande Nord e, in via indifferenziata, dai principali porti dell’Unione e non dai vicini porti del Nord Africa la cui politica aggressiva ha introdotto una variabile estremamente significativa nella portualità del Mediterraneo.

Allo stesso tempo, tuttavia, le rappresentazioni offerte dall’Italia a sostegno del proprio sistema sono state del tutto formali e hanno evidenziato più che la peculiarità del sistema Italia nell’ambito delle categorie dei landlord port, la totale inadeguatezza dell’attuale organizzazione a fare fronte alle sfide del presente, senza dover scomodare il futuro.

Allora forse la decisione sensitive ci può servire a fare un po’ di chiarezza. La definizione delle AdSP quali “enti pubblici non economici” adottata dal decreto Legislativo 169 del 4 agosto 2016 non ha nessuna natura ontologica né pare il frutto di accurate qualificazioni giuridiche. Molto semplicemente, era l’unico modo di consentire un rapido approccio alla riforma (incentrata prevalentemente sulla governance e non certo sulle attività e funzioni) agganciandola alla corsia preferenziale della “Legge Madia”.

Le AdSP in realtà hanno natura di impresa, svolgendo attività di rilevanza economica. L’AdSP – e cito la sentenza 1016 / 2019 del Tribunale di Genova – deve essere ritenuta impresa ai fini della normativa antitrust rispetto all’attività di concessione dietro corrispettivo di aree, mercato sul quale la stessa occupa pacificamente una posizione dominante quale monopolista, cui è demandata ex lege la gestione in via esclusiva delle aree portuali.

Queste imprese allora devono muoversi con efficienza in un contesto normativo che consenta a loro di competere, non già concedendo uno statuto privilegiato sugli utili realizzati, ma consentendogli di muoversi in un’ottica di mercato efficiente.

Senza entrare nel merito della questione dell’organizzazione del porti in forma di SpA, ci sono cose che debbono essere dette e fatte e non più ritardate:

  • Il riconoscimento della natura di impresa delle Autorità;
  • Il regolamento sulle concessioni di cui all’art.18 legge 84/1994 che non può più essere ritardato od affidato ad interpretazioni suppletive;
  • La revisione dei servizi di interesse generale e, per il settore delle crociere, pesantemente ferito dalla crisi Covid-19, la previsione di una disciplina organica dei servizi delle stazioni marittime;
  • La valorizzazione del ruolo dei porti e delle Autorità quali Operatori di Servizi Essenziali (OSE) ai termini della Direttiva NIS – Network Information Security del Parlamento Europeo 2016/1148, cui ha dato attuazione il DLGS 18.05.2018, no. 65;
  • La tutela garantita ai Porti ed alle attività che consentono l’accesso sicuro ai medesimi quali “attivi strategici” ovvero quelle infrastrutture critiche, siano esse fisiche o virtuali, tra cui l’energia, i trasporti, al fine dell’applicazione della normativa sul Golden Power;
  • L’attuazione coraggiosa della normativa sulle Zone Economiche Speciali in cui i Porti, imprese ed attivi strategici del nostro Paese, potranno costituire centri di attrazione per interessi stranieri, senza essere peraltro dagli stessi fagocitati.

A qualcuno che si chiede dove siano le riforme e quanto siano organiche, mi sono permesso di sottoporre questa minima lista della spesa, certo che molti, con analisi certamente più approfondita della mia, sapranno fare di più e di meglio. Ma il problema è soprattutto culturale, legato alla difficoltà di lavorare assieme.

Sul punto chiudo con le parole di un lungimirante e competente galantuomo dei moli, Giuliano Gallanti, che a chiosa della sua esperienza a Livorno, sottolineò la necessità di «creare in Italia un clima culturale simile a quello che c’è nei grandissimi porti, in cui gli operatori non sono solo competitor ma parte integrante di une vera e propria comunità portuale».

Di questo atteggiamento abbiamo davvero tanto bisogno.

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